Nr. 307
Pubblicato il 11/03/2025

ReArm Europe

FAVOREVOLE O CONTRARIO?

l tema del riarmo dell’Unione Europea è al centro di un acceso dibattito politico, economico e strategico. Il contesto internazionale, segnato dall’aggressione russa in Ucraina, dalle incertezze sulla continuità dell’impegno statunitense nella NATO e dall’instabilità geopolitica in Medio Oriente e nel Pacifico, ha spinto l’UE a riconsiderare il proprio approccio alla sicurezza e alla difesa. Per decenni, il continente ha fatto affidamento sulla protezione degli Stati Uniti e sulla deterrenza garantita dall’Alleanza Atlantica. Tuttavia, il mutato scenario globale ha sollevato interrogativi sulla sostenibilità di questa dipendenza e sulla necessità di un'autonomia strategica europea.


IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:

01 - Maggiore autonomia strategica e riduzione della dipendenza dagli USA

Con l’elezione di Trump, l’Europa si è accorta della necessità di una difesa autonoma. La guerra in Ucraina ha evidenziato ancora di più la sua vulnerabilità senza un apparato militare indipendente.

02 - Aumento del debito pubblico e rischio economico

Il riarmo rischia di diventare un fardello economico insostenibile, specialmente per i paesi con un elevato debito pubblico. L’UE potrebbe affrontare una crisi fiscale senza precedenti.

03 - Protezione contro minacce esterne (Russia, terrorismo, cyber-attacchi)

Oggi l’Europa deve affrontare minacce concrete: un’aggressività crescente da parte della Russia, il rischio di terrorismo internazionale e un aumento esponenziale degli attacchi informatici.

04 - Riarmo vuol dire taglio ai fondi per sanità, istruzione e welfare

Cresce la preoccupazione per l’impatto sulla spesa pubblica: welfare, sanità e istruzione. Il rischio è che il costo del riarmo ricada sui cittadini attraverso tagli ai servizi essenziali.

05 - Impulso economico per l’industria della difesa e l’occupazione

Il riarmo dell’UE potrebbe trasformarsi in un’opportunità strategica, rilanciando l’industria, creando centinaia di migliaia di posti di lavoro e rafforzando la competitività del continente.

06 - Rischio di escalation e tensioni con la Russia

Il rafforzamento delle capacità militari di una potenza può provocare una reazione speculare dalle nazioni rivali. Il rischio è che Mosca percepisca il riarmo dell’UE come una minaccia diretta.

07 - Creazione di una politica estera europea più forte e unita

Per decenni, la sicurezza europea è stata affidata alla NATO e agli USA, con l’UE impegnata solo in missioni diplomatiche e di peacekeeping. Ma senza una forza militare credibile la diplomazia non basta.

08 - Rischi di frammentazione e inefficienza militare

L’UE manca di una struttura militare unificata e di una catena di comando centralizzata. Senza una riforma delle forze armate, un aumento della spesa per la difesa potrebbe portare a inefficienze e duplicazioni.

 
01

Maggiore autonomia strategica e riduzione della dipendenza dagli USA

FAVOREVOLE

Negli ultimi settant’anni, la sicurezza dell’Europa si è basata sull’alleanza con gli Stati Uniti e la NATO, permettendo ai paesi europei di limitare le spese militari e concentrarsi sullo sviluppo economico. Tuttavia, la crescente instabilità globale, le tensioni con la Russia e l’incertezza politica negli USA hanno rimesso in discussione questa dipendenza. La questione dell’autonomia strategica dell’UE è rimasta a lungo teorica, ma con l’elezione di Donald Trump e il suo atteggiamento critico verso la NATO, l’Europa ha iniziato a rendersi conto della necessità di una difesa autonoma. La guerra in Ucraina ha accelerato questo processo, evidenziando quanto l’UE sia vulnerabile senza un apparato militare robusto e indipendente.
Uno dei principali problemi è la frammentazione delle forze armate europee. Attualmente, esistono 29 eserciti nazionali con dottrine, equipaggiamenti e strategie differenti, rendendo difficile una risposta coordinata alle crisi. Negli USA, un unico comando centralizzato gestisce le operazioni militari, mentre in Europa la mancanza di integrazione rischia di trasformare qualsiasi aumento della spesa militare in inefficienze e duplicazioni, come sottolineato dall’Atlantic Council. Attualmente, l’UE investe circa l’1,9% del PIL nella difesa, mentre gli Stati Uniti spendono il 3,5% e la Russia oltre il 4%. Per colmare questo divario, l’Europa dovrebbe incrementare drasticamente gli investimenti, potenziare la propria deterrenza e rafforzare l’industria bellica.
La Francia è il paese che più spinge per un riarmo deciso e per una maggiore autonomia strategica dell’UE. Emmanuel Macron ha proposto la creazione di un fondo comune di 300 miliardi di euro per finanziare lo sviluppo di tecnologie militari europee, riducendo la dipendenza dagli USA. Tuttavia, non tutti gli stati membri sono favorevoli: la Germania preferisce un approccio più decentralizzato, mantenendo il controllo diretto sulle proprie forze armate, mentre Polonia e paesi baltici vedono la NATO come garanzia imprescindibile contro la Russia e temono che una maggiore indipendenza europea possa allontanare il supporto americano.
Dal punto di vista industriale, la difesa europea è forte ma dipendente al 60% dalla tecnologia statunitense, un aspetto problematico in caso di crisi. Inoltre, 100.000 soldati americani sono schierati in Europa, e un loro ritiro costringerebbe gli stati UE a compensare rapidamente con nuove reclute e un maggiore dispiegamento di risorse. Se Washington dovesse concentrarsi sulla Cina, lasciando l’Europa più esposta, l’UE si troverebbe in difficoltà senza una struttura difensiva autonoma.
Nonostante le divisioni interne, il riarmo sembra inevitabile. Il mondo di oggi non è più quello del secondo dopoguerra, e la Cina è diventata la priorità strategica di Washington. Nel frattempo, la Russia modernizza il suo esercito e rafforza la presenza ai confini europei. Se l’UE vuole mantenere il proprio ruolo di attore geopolitico, deve dotarsi di una difesa autonoma e di un apparato militare efficiente.
La strada verso una difesa comune è lunga e piena di ostacoli, ma senza un riarmo strategico e coordinato, l’UE rischia di diventare irrilevante sulla scena globale, incapace di proteggere i propri interessi e i propri cittadini. L’Europa è davanti a un bivio: continuare a vivere sotto la protezione americana o costruire una difesa comune, solida e indipendente.

Nina Celli, 11 marzo 2025

 
02

Aumento del debito pubblico e rischio economico

CONTRARIO

L’Europa si trova di fronte a una scelta storica: investire nella difesa per garantire la propria sicurezza o preservare l’equilibrio economico senza compromettere il welfare. Il riarmo, pur necessario, rischia di diventare un fardello economico insostenibile, specialmente per i paesi con un elevato debito pubblico. Senza un piano di finanziamento sostenibile, l’Unione Europea potrebbe affrontare una crisi fiscale senza precedenti.
Attualmente, la spesa militare dell’UE rappresenta circa l’1,9% del PIL, ma per raggiungere un’autonomia strategica comparabile a quella degli Stati Uniti, dovrebbe salire almeno al 3%, con un incremento di oltre 250 miliardi di euro all’anno. Questo investimento equivarrebbe a un nuovo Recovery Fund ogni dieci anni, con un impatto significativo sulle finanze pubbliche. Secondo “Euractiv”, paesi con elevato debito come Italia, Spagna e Grecia potrebbero faticare a sostenere una simile spesa, rischiando di violare i parametri di Maastricht.
I governi europei sono divisi sul finanziamento del riarmo. Germania e Paesi Bassi propongono prestiti a lungo termine, mentre Francia e Italia chiedono sovvenzioni dirette per evitare di gravare sui conti pubblici nazionali. Tuttavia, il modello delle sovvenzioni potrebbe aumentare le divisioni tra gli stati membri, creando tensioni sulla ripartizione dei costi. Il Fondo Monetario Internazionale (IMF) ha avvertito che, in un contesto di rallentamento economico e inflazione elevata, una spesa militare eccessiva potrebbe aggravare le finanze pubbliche, portando l’UE a nuove misure di austerità con impatti negativi sulla crescita e la coesione sociale.
Oltre al debito, c’è il rischio di ridurre gli investimenti in settori chiave. Secondo il “Financial Times”, un aumento della spesa per la difesa potrebbe comportare una riduzione del 10-15% dei fondi destinati a welfare e istruzione nei prossimi dieci anni, con effetti su sanità, infrastrutture e servizi sociali. Questo scenario potrebbe aggravare le disuguaglianze e alimentare il malcontento, minando la stabilità interna dell’UE.
Per affrontare questa sfida, la Commissione Europea ha proposto di escludere le spese militari dai vincoli di bilancio, permettendo ai governi di investire nella difesa senza essere penalizzati dalle regole del deficit. Tuttavia, questa scelta è controversa: se alcune spese vengono escluse dal patto di stabilità, si potrebbe creare un precedente per altre voci di bilancio, mettendo a rischio l’intera struttura fiscale europea e la tenuta dell’euro.
Il caso della Germania è emblematico. Berlino, storicamente prudente in materia di spesa pubblica, ha annunciato un aumento di 100 miliardi di euro nel budget militare entro il 2026. Tuttavia, “Bloomberg” evidenzia che molte aziende tedesche temono che queste risorse vengano sottratte agli incentivi per l’innovazione e la digitalizzazione, due pilastri fondamentali per la competitività industriale del paese.
Anche la sostenibilità del riarmo nel lungo periodo è un tema di dibattito. Se gli Stati Uniti dovessero rafforzare nuovamente la NATO, l’UE potrebbe trovarsi con un eccesso di spesa militare senza un reale bisogno, ripetendo gli errori commessi dagli USA dopo la Guerra Fredda, quando investimenti miliardari nel settore bellico si rivelarono sproporzionati rispetto alle nuove minacce globali, sempre più economiche e digitali.
Il riarmo non è solo una questione di sicurezza, ma anche di sostenibilità economica e politica. Senza un meccanismo di finanziamento equo, l’UE rischia di aumentare il debito pubblico, ridurre i servizi essenziali e creare nuove tensioni tra gli stati membri. La sicurezza è fondamentale, ma a quale prezzo? Il rischio è che, nel tentativo di garantire il futuro, l’Europa finisca per compromettere il proprio presente, mettendo a repentaglio la stabilità economica e sociale conquistata negli ultimi settant’anni.

Nina Celli, 11 marzo 2025

 
03

Protezione contro minacce esterne (Russia, terrorismo, cyber-attacchi)

FAVOREVOLE

Per decenni, l’Europa ha creduto che la guerra fosse un ricordo del passato, ma la realtà geopolitica ha smentito questa illusione. L’invasione russa dell’Ucraina nel 2022 ha costretto l’UE a riconsiderare la propria sicurezza e a riconoscere che il riarmo non è una scelta, ma una necessità. Oggi l’Europa deve affrontare minacce concrete: un’aggressività crescente da parte della Russia, il rischio di terrorismo internazionale e un aumento esponenziale degli attacchi informatici.
Mosca rappresenta la minaccia più immediata. Secondo un rapporto di Bruegel, nel 2024 la Russia ha aumentato la produzione di armamenti del 220% rispetto al 2022, con 1.550 carri armati, 5.700 veicoli corazzati e 450 pezzi di artiglieria prodotti in un solo anno. Le esercitazioni militari al confine con i Paesi Baltici e la Polonia sono in costante aumento, e secondo le previsioni della RAND Corporation, in caso di conflitto con la NATO, la Russia potrebbe occupare i Paesi Baltici in meno di 96 ore. Di fronte a questa minaccia, la capacità di risposta dell’UE è limitata: nonostante 1,47 milioni di soldati attivi, la mancanza di coordinamento e di equipaggiamenti moderni riduce drasticamente l’efficacia difensiva.
Oltre alla Russia, il terrorismo internazionale resta una minaccia concreta. Gli attentati di Parigi, Bruxelles, Berlino e Nizza hanno dimostrato la vulnerabilità delle infrastrutture europee. L’instabilità in Medio Oriente e Africa aumenta il rischio di infiltrazioni terroristiche, rendendo essenziale un rafforzamento della cooperazione tra le forze speciali e i servizi di intelligence europei.
Un’altra sfida cruciale è la cyber-sicurezza. Nel 2024, gli attacchi informatici alle infrastrutture critiche dell’UE sono aumentati del 35%, con offensive provenienti da Russia, Cina e Iran. I principali bersagli sono stati il sistema bancario, le reti elettriche e i trasporti, mettendo a rischio milioni di cittadini. La difesa del futuro non dipende solo da carri armati e missili, ma anche dalla protezione delle infrastrutture digitali, settore in cui l’Europa è ancora in ritardo rispetto a Stati Uniti e Cina.
Secondo Goldman Sachs, per costruire una difesa adeguata contro queste minacce, l’Europa dovrebbe aumentare la spesa per la difesa di 80 miliardi di euro all’anno entro il 2027, portandola almeno al 2,4% del PIL. Questo investimento permetterebbe di modernizzare gli eserciti, sviluppare capacità di cyber-warfare avanzate e rafforzare le difese aeree e missilistiche. La Germania ha già stanziato 100 miliardi di euro entro il 2026, mentre la Francia ha investito 40 miliardi di euro per potenziare i suoi sistemi di difesa.
Tuttavia, senza un impegno collettivo, questi sforzi rischiano di essere insufficienti. La frammentazione delle forze armate europee, con 29 eserciti nazionali separati, riduce l’efficacia della spesa e limita la capacità di reazione in caso di crisi. La Commissione Europea propone un Fondo di Difesa Comune, finanziato con debito congiunto, per distribuire equamente il peso economico e garantire un rafforzamento della sicurezza collettiva.
L’Europa non può più permettersi di essere impreparata. Il riarmo non è una provocazione, ma un passo necessario per difendere la pace e garantire la sicurezza dei cittadini. La domanda non è se l’UE debba riarmarsi, ma se riuscirà a farlo in tempo per affrontare le minacce sempre più pressanti.

Nina Celli, 11 marzo 2025

 
04

Riarmo vuol dire taglio ai fondi per sanità, istruzione e welfare

CONTRARIO

Mentre l’Unione Europea si prepara ad aumentare la spesa militare, cresce la preoccupazione per l’impatto sui settori chiave della spesa pubblica, come welfare, sanità e istruzione. Sebbene il rafforzamento della difesa sia considerato necessario, il rischio è che il costo di questa scelta ricada sui cittadini attraverso tagli ai servizi essenziali, mettendo a rischio il modello sociale europeo.
L’UE si è distinta per il suo stato sociale avanzato, ma con l’aumento delle spese militari, i bilanci nazionali potrebbero subire una ristrutturazione forzata. Secondo uno studio del “Financial Times”, un aumento della spesa militare dell’1% del PIL potrebbe ridurre gli investimenti in welfare e infrastrutture sociali del 10-15% nei prossimi dieci anni. Questo rappresenterebbe una svolta significativa per l’Europa, che ha sempre privilegiato il benessere sociale rispetto alla corsa agli armamenti.
Un caso emblematico è quello della Germania, che ha annunciato un piano da 100 miliardi di euro per il riarmo entro il 2026. “Bloomberg” riferisce che Berlino sta valutando tagli alla sanità e all’istruzione per finanziare la difesa, provocando tensioni politiche interne e l’opposizione della società civile. Anche la Francia, promotrice dell’autonomia militare europea, affronta un dibattito simile. Il presidente Macron ha proposto un Fondo Europeo per la Difesa da 300 miliardi di euro, ma senza chiarire come verranno reperiti i fondi, alimentando timori di tagli al welfare.
L’impatto della spesa militare non è uniforme tra gli stati membri. Paesi come la Polonia e i Baltici vedono il riarmo come una priorità per la sicurezza contro la Russia, mentre nazioni come Italia, Spagna e Grecia danno maggiore importanza alla stabilità economica e sociale. Un calo degli investimenti nel welfare potrebbe aggravare le disuguaglianze sociali, scatenando proteste e sfiducia verso l’UE. Inoltre, il riarmo favorirebbe principalmente Francia e Germania, con un’industria della difesa sviluppata, mentre altri paesi rischierebbero di subire solo i contraccolpi derivanti dai tagli alla spesa pubblica.
Un’altra questione cruciale riguarda le pensioni. Secondo “Euractiv”, l’invecchiamento della popolazione europea sta già mettendo sotto pressione i sistemi previdenziali, e un aumento della spesa militare potrebbe costringere i governi a ritardare ulteriormente l’età pensionabile o ridurre gli assegni pensionistici. Questo scenario rischia di alimentare il malcontento tra le fasce più anziane della popolazione, con possibili ripercussioni politiche.
Il caso degli Stati Uniti offre un’anteprima di ciò che potrebbe accadere in Europa. Con una spesa militare superiore al 3,5% del PIL, gli USA hanno dovuto affrontare tagli significativi ai programmi sociali. Secondo Goldman Sachs, la crescita del budget per la difesa ha contribuito alla crisi dei sistemi di welfare americani, con una riduzione dell’accesso alla sanità e un aumento delle disuguaglianze economiche. Se l’UE seguisse questa strada, rischierebbe di compromettere il suo modello sociale, uno dei suoi maggiori punti di forza.
Per evitare questi rischi, alcuni governi stanno valutando soluzioni alternative. L’Italia ha proposto di finanziare il riarmo con nuove tasse sulle multinazionali e sugli extra-profitti delle industrie energetiche, evitando tagli al welfare. Tuttavia, questa strategia incontra la resistenza di altri stati membri, che temono che una pressione fiscale eccessiva possa indebolire la competitività economica dell’UE.
Il dilemma tra sicurezza e benessere sociale è più attuale che mai. Il riarmo è ritenuto necessario per affrontare le sfide geopolitiche, ma senza un piano di finanziamento sostenibile, potrebbe portare a tagli drastici ai servizi pubblici, con conseguenze pesanti per milioni di cittadini. La vera sfida per l’Europa sarà trovare un equilibrio tra difesa e stabilità economica, evitando di sacrificare il modello sociale che ha garantito il benessere del continente negli ultimi decenni.

Nina Celli, 11 marzo 2025

 
05

Impulso economico per l’industria della difesa e l’occupazione

FAVOREVOLE

Per decenni, la spesa militare è stata considerata un peso economico, sottraendo risorse a sanità e istruzione. Tuttavia, il riarmo dell’Unione Europea potrebbe trasformarsi in un’opportunità strategica, rilanciando l’industria, creando centinaia di migliaia di posti di lavoro e rafforzando la competitività del continente. Ogni euro investito nella difesa alimenta un vasto ecosistema industriale, dalla ricerca allo sviluppo tecnologico. Secondo Goldman Sachs, l’industria bellica europea potrebbe crescere del 50% entro il 2030, con un incremento annuo del 4,5%.
L’aumento della spesa militare globale ha già favorito le aziende della difesa europea: Rheinmetall ha visto il valore delle sue azioni crescere del 90% nel 2024, mentre BAE Systems ha registrato un aumento del 40%. Il settore militare non porta solo guadagni finanziari, ma accelera anche l’innovazione. Secondo Bloomberg, il 70% delle tecnologie sviluppate per la difesa trova applicazione civile, influenzando settori come trasporti, telecomunicazioni e intelligenza artificiale. Internet e GPS, ad esempio, derivano da investimenti militari.
Secondo il Financial Times, l’industria della difesa europea impiega già 500.000 lavoratori, e con i nuovi programmi di riarmo questo numero potrebbe salire a 700.000 entro il 2030. La crescita non riguarderebbe solo la produzione di armamenti, ma anche logistica, ricerca e sviluppo. Inoltre, l’aumento della produzione di materiali strategici potrebbe ridurre la dipendenza dell’Europa dai fornitori extraeuropei, aumentando la sua autonomia industriale.
Attualmente, il 60% delle forniture militari europee proviene dagli Stati Uniti, un fattore che rende vulnerabile la sicurezza del continente in caso di crisi nelle relazioni transatlantiche. Creare una filiera produttiva interamente europea significherebbe non solo maggiore indipendenza, ma anche un impatto economico significativo. Per questo la Commissione Europea ha proposto incentivi fiscali per le aziende della difesa, come riportato da “CNBC”, con l’obiettivo di stimolare la produzione interna e creare un mercato comune della difesa.
L’impatto economico del riarmo è significativo. Uno studio del RAND Corporation dimostra che ogni 100 euro spesi in difesa generano 50 euro di PIL aggiuntivo grazie all’indotto degli investimenti. Il riarmo potrebbe quindi aiutare l’Europa a superare la stagnazione economica, favorendo settori strategici in difficoltà. Tuttavia, la crescita potrebbe non essere equamente distribuita: Francia e Germania, con un’industria bellica sviluppata, trarrebbero più vantaggi rispetto a Spagna e Grecia. È quindi necessario che il riarmo sia accompagnato da politiche di coesione economica, per garantire che i benefici siano equamente distribuiti tra tutti i paesi membri.
Il nodo principale resta il finanziamento. La Commissione Europea propone un Fondo per la Difesa Comune da 150 miliardi di euro, con l’obiettivo di stimolare investimenti privati fino a 800 miliardi di euro. Tuttavia, gli stati membri sono divisi: Francia e Italia chiedono sovvenzioni dirette, mentre Germania e Paesi Bassi preferiscono prestiti a lungo termine per evitare un eccessivo aumento del debito pubblico.
Se ben gestito, il riarmo dell’UE potrebbe rappresentare una svolta economica e tecnologica per il continente. Non si tratta solo di acquistare armi, ma di costruire un’industria solida, innovativa e indipendente, capace di garantire crescita economica e sicurezza per i decenni a venire. L’Europa può restare dipendente dai giganti della difesa americana, oppure investire su se stessa, rafforzando il proprio peso economico e strategico nel mondo.

Nina Celli, 11 marzo 2025

 
06

Rischio di escalation e tensioni con la Russia

CONTRARIO

Cresce il timore che questa politica del riarmo possa aggravare le tensioni con la Russia, innescando una nuova corsa agli armamenti che potrebbe destabilizzare ulteriormente il continente. La storia dimostra che il rafforzamento delle capacità militari di una potenza può provocare una reazione speculare dalle nazioni rivali. Il rischio è che Mosca percepisca il riarmo dell’UE come una minaccia diretta, rispondendo con nuove provocazioni e ritorsioni.
Dall’invasione dell’Ucraina nel 2022, le relazioni tra Europa e Russia sono ai minimi storici. Le sanzioni economiche imposte da Bruxelles hanno colpito Mosca, ma non hanno fermato l’aggressività del Cremlino. Secondo Reuters, la Russia ha aumentato la spesa per la difesa al 4% del PIL, intensificando la produzione di carri armati, missili ipersonici e droni avanzati. Se l’UE rispondesse con un ulteriore riarmo, si rischierebbe un’escalation militare senza precedenti, con conseguenze imprevedibili per la sicurezza europea.
Un’analisi del “Financial Times” indica che Mosca osserva con crescente preoccupazione i piani europei per la difesa. Il Cremlino ha già avvertito che un’espansione della NATO o la creazione di un esercito europeo autonomo sarebbero considerate provocazioni dirette. Il ministro degli Esteri russo ha dichiarato che un aumento delle capacità offensive dell’UE potrebbe portare la Russia a rafforzare la sua presenza militare ai confini europei e a schierare più testate nucleari a Kaliningrad, l’enclave russa tra Polonia e Lituania.
Questa dinamica ricorda la Guerra Fredda, quando le spese militari di una superpotenza generavano automaticamente una risposta dell’altra, portando il mondo sull’orlo del conflitto nucleare. Secondo la BBC, la Russia sta modernizzando il suo arsenale nucleare e ha intensificato le esercitazioni militari vicino ai confini UE, simulando scenari di guerra su larga scala. I paesi dell’Europa orientale, in particolare Polonia, Lituania, Lettonia ed Estonia, sono i più esposti. Se l’UE rafforzasse la sua presenza militare in queste aree, Mosca potrebbe rispondere con incursioni nei confini, cyber-attacchi o operazioni ibride, come quelle viste in Ucraina.
Anche la Cina osserva con attenzione le mosse europee. Secondo RAND Corporation, un aumento delle capacità militari dell’UE potrebbe rafforzare l’alleanza tra Mosca e Pechino, accelerando la modernizzazione dell’esercito cinese e creando una polarizzazione ancora più netta nel panorama geopolitico. Questo scenario ridurrebbe le possibilità di soluzioni diplomatiche, complicando ulteriormente le tensioni globali.
Un altro elemento critico è la dipendenza energetica dell’Europa dalla Russia. Nonostante le sanzioni, alcuni paesi UE continuano a importare gas e petrolio russi tramite canali indiretti. Secondo “Bloomberg”, un’escalation militare potrebbe portare Mosca a interrompere completamente le forniture, con effetti devastanti su inflazione, crescita economica e stabilità politica dell’Europa.
Molti esperti sostengono che la soluzione migliore per l’UE non sia un riarmo massiccio, ma una strategia diplomatica più efficace. “Deutsche Welle” riferisce che alcuni leader europei, tra cui Emmanuel Macron, hanno proposto la creazione di un Consiglio di Sicurezza Europeo che includa anche la Russia, per stabilire canali di dialogo ed evitare un’escalation. Tuttavia, i paesi dell’Europa orientale sono scettici e preferiscono puntare sulla deterrenza militare piuttosto che sul dialogo.
Il rischio di un’escalation non riguarda solo l’Europa, ma ha implicazioni globali. Se l’UE rafforzasse drasticamente le sue capacità militari, gli Stati Uniti potrebbero ridurre il loro impegno in Europa per concentrarsi sul Pacifico, lasciando il continente ancora più esposto. Inoltre, una crescita generalizzata della spesa militare potrebbe destabilizzare i mercati finanziari, rendendo ancora più incerta la crescita economica.
Alla luce di questi scenari, il riarmo dell’UE potrebbe non essere la soluzione più sicura per la stabilità del continente. Se l’obiettivo dell’Europa è garantire pace e sicurezza, la strategia più efficace potrebbe essere basata sul dialogo e sulla cooperazione, piuttosto che su una militarizzazione e un confronto diretto con Mosca. La storia ha insegnato che le guerre non nascono solo dall’aggressività, ma anche da errori strategici e politiche basate sulla paura. Il rischio oggi è che l’UE stia commettendo proprio uno di questi errori.

Nina Celli, 11 marzo 2025

 
07

Creazione di una politica estera europea più forte e unita

FAVOREVOLE

L’Unione Europea ha a lungo promosso la pace e il multilateralismo come pilastri della sua politica estera, ma la realtà geopolitica recente ha dimostrato che senza una forza militare credibile la diplomazia da sola non basta. L’invasione russa dell’Ucraina, la crescente assertività della Cina e le tensioni in Medio Oriente hanno evidenziato la vulnerabilità dell’UE, che rischia di restare marginale nelle decisioni globali se non rafforza la propria difesa.
Per decenni, la sicurezza europea è stata affidata alla NATO e agli Stati Uniti, con l’UE impegnata solo in missioni diplomatiche e di peacekeeping. Tuttavia, questa strategia ha mostrato i suoi limiti. Nel 2008 e nel 2014, quando la Russia ha invaso la Georgia e la Crimea, l’UE ha risposto solo con sanzioni economiche, senza un’opzione militare credibile. Anche nelle crisi in Siria e in Medio Oriente, l’Europa ha subito le conseguenze – come la crisi migratoria – senza poter intervenire direttamente. La dipendenza strategica da Washington diventa un problema quando gli interessi americani divergono da quelli europei.
Secondo “Le Monde”, l’UE ha un PIL combinato di oltre 17.000 miliardi di dollari, ma senza una forza militare adeguata, la sua influenza resta limitata. Diversamente da Stati Uniti, Cina e Russia, l’Europa non ha un esercito unificato capace di sostenere una politica estera autonoma. La politica internazionale non si basa solo su accordi diplomatici, ma sulla capacità di imporre la propria volontà quando necessario.
Il caso dell’Ucraina dimostra questa debolezza. Dopo l’invasione russa del 2022, gli Stati Uniti hanno guidato il sostegno militare a Kiev, mentre l’UE è rimasta divisa e frammentata. Il presidente francese Emmanuel Macron ha dichiarato che l’Europa non può più dipendere dalle scelte strategiche americane e ha proposto un Fondo di Difesa Comune da 300 miliardi di euro per sviluppare tecnologie militari e garantire all’UE una capacità operativa autonoma.
Secondo il “Financial Times”, senza una forza militare adeguata, l’Europa sarà sempre un attore passivo nelle relazioni internazionali. Le basi militari americane in Europa garantiscono sicurezza, ma limitano l’indipendenza strategica degli stati membri, che devono adattarsi alle decisioni prese a Washington. Se l’UE avesse una propria forza di deterrenza, potrebbe negoziare nelle crisi globali da una posizione di forza.
Il problema riguarda anche gli interessi economici. “Bloomberg” evidenzia che la sicurezza marittima è essenziale per l’UE, con oltre il 90% del commercio internazionale che avviene via mare. Mentre la Cina ha sviluppato una delle flotte militari più avanzate per proteggere le proprie rotte commerciali, l’Europa dipende dagli Stati Uniti per la sicurezza navale. Un riarmo strategico consentirebbe di proteggere le infrastrutture energetiche, sempre più vulnerabili. Il sabotaggio del gasdotto Nord Stream nel 2022 ha dimostrato i rischi legati agli attacchi ibridi. L’Agenzia Europea per la Difesa ha avvertito che gasdotti e reti elettriche europee sono obiettivi sensibili, e senza protezione il rischio di sabotaggi rimane elevato.
Anche il soft power europeo rischia di indebolirsi. Secondo “Deutsche Welle”, molti paesi emergenti si affidano più alla Cina e agli Stati Uniti per la sicurezza e la difesa. Le grandi potenze non offrono solo aiuti economici, ma anche protezione militare, e l’Europa, senza una forza credibile, rischia di perdere influenza.
Tuttavia, la creazione di un esercito europeo è ancora lontana. L’integrazione politica necessaria per una difesa comune è difficile da raggiungere. Germania e Polonia preferiscono rafforzare i legami con la NATO, mentre la Francia spinge per un’indipendenza strategica maggiore. Nonostante queste divisioni, il riarmo dell’UE non è più una possibilità, ma una necessità. Senza una difesa autonoma, l’Europa rischia di rimanere marginale sulla scena globale, incapace di proteggere i propri interessi e la sicurezza dei suoi cittadini.
L’UE ha una scelta davanti: rimanere una potenza economica senza peso politico o costruire una forza militare capace di sostenerne le ambizioni globali. Il mondo sta cambiando rapidamente e le vecchie certezze stanno svanendo. L’Europa deve decidere se adattarsi e rafforzarsi o rimanere dipendente dagli equilibri strategici dettati da altre potenze.

Nina Celli, 11 marzo 2025

 
08

Rischi di frammentazione e inefficienza militare

CONTRARIO

L’idea di un’Unione Europea militarmente forte sembra affascinante, ma nella pratica il riarmo rischia di essere inefficace e disorganizzato. Con 27 stati membri e 29 eserciti nazionali separati, l’UE manca di una struttura militare unificata e di una catena di comando centralizzata. Senza una riforma delle forze armate, un aumento della spesa per la difesa potrebbe portare a inefficienze e duplicazioni, piuttosto che a un vero rafforzamento della sicurezza.
Secondo Bruegel Institute, l’assenza di un coordinamento centrale rischia di rendere gli investimenti inefficaci e costosi, con sistemi di armamenti incompatibili tra loro. Un esempio è l’industria aeronautica militare europea, dove coesistono tre modelli di caccia da combattimento:
Rafale (Francia), Eurofighter Typhoon (Germania, Italia, Regno Unito, Spagna) e F-35 (USA). Questa mancanza di standardizzazione complica la manutenzione e l’integrazione delle flotte, facendo lievitare i costi operativi. Secondo il “Financial Times”, l’UE spende il 25% in più rispetto agli Stati Uniti per mantenere le proprie forze armate, proprio a causa di queste inefficienze.
Il problema non riguarda solo gli equipaggiamenti, ma anche la catena di comando e la capacità decisionale. Mentre negli USA il Pentagono coordina tutte le operazioni militari, l’UE non ha un comando centralizzato. Ogni decisione in materia di difesa deve essere approvata dai governi nazionali, un processo lento che potrebbe compromettere la sicurezza del continente in caso di crisi improvvise.
La guerra in Ucraina ha evidenziato questa disorganizzazione. Mentre gli Stati Uniti hanno coordinato gli aiuti militari a Kiev in modo rapido, l’UE ha faticato a gestire le forniture, con ritardi e problemi logistici. Secondo “Deutsche Welle”, nel 2022 quasi il 30% delle armi inviate dall’UE all’Ucraina ha subito problemi di consegna, proprio per la mancanza di coordinamento tra i paesi membri.
L’idea di un esercito europeo comune è sostenuta da alcuni leader, come Emmanuel Macron, ma incontra forti resistenze politiche. Germania e Paesi Bassi vogliono mantenere un’integrazione con la NATO, mentre Francia e Italia spingono per una maggiore indipendenza strategica. Questa divisione rende difficile la creazione di una dottrina di difesa comune, e senza una visione condivisa, un aumento della spesa rischia di tradursi in un mosaico di investimenti scoordinati.
Anche il modello di finanziamento è oggetto di dibattito. Francia e Italia propongono un Fondo per la Difesa Comune, mentre Germania e altri paesi nordici preferiscono gestire la spesa a livello nazionale. Secondo RAND Corporation, se l’Europa non razionalizzerà la sua industria della difesa, entro il 2030 fino al 40% degli investimenti militari potrebbe essere sprecato in progetti ridondanti o non interoperabili.
Un ulteriore problema è il comando operativo delle missioni militari. Mentre gli Stati Uniti possono reagire immediatamente a una crisi grazie a un sistema gerarchico efficace, l’UE deve ottenere il consenso di tutti gli stati membri, rallentando qualsiasi azione. Questa lentezza decisionale potrebbe essere fatale in caso di emergenze che richiedono una risposta immediata.
Senza un comando centralizzato, una standardizzazione degli equipaggiamenti e una strategia comune, l’Europa rischia di spendere centinaia di miliardi senza migliorare realmente la propria sicurezza. Il riarmo dell’UE, senza una governance militare efficace, potrebbe trasformarsi in un colosso dai piedi d’argilla, incapace di rispondere alle sfide geopolitiche moderne. Prima di aumentare il budget della difesa, l’UE deve riformare e ottimizzare le proprie capacità militari, altrimenti la spesa rischia di tradursi solo in un costoso esercizio di inefficienza.

Nina Celli, 11 marzo 2025

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