La fuga dei cervelli è un fenomeno causato da politiche inadeguate
FAVOREVOLE O CONTRARIO?
La cosiddetta “fuga dei cervelli”, nella sua accezione negativa, individua la tendenza dei giovani italiani ad abbandonare il Paese per cercare maggior fortuna altrove. Un fenomeno che presenta numeri in crescita, dovuti – secondo alcuni – alla scarsa attenzione da parte delle istituzioni e all’incapacità del mercato del lavoro di riconoscere e valorizzare il talento dei giovani. L’Italia non trattiene le sue menti e non ne attrae di nuove, sforna studenti specializzati, ma non costruisce le strutture affinché possano trovare una adeguata collocazione professionale.
Tuttavia, spesso si parla del fenomeno con toni eccessivamente allarmati: nella società della globalizzazione, le intelligenze devono poter circolare, per arricchirsi e arricchire i territori da cui vengono e i territori nei quali si trasferiscono.
IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:
La cosiddetta “fuga dei cervelli” è la tendenza dei giovani italiani ad abbandonare il Paese per cercare lavoro altrove. Un fenomeno dovuto – per alcuni – alla poca attenzione delle istituzioni e all’incapacità del mercato del lavoro di valorizzare i talenti. Tuttavia, spesso i toni sono troppo allarmati: nella società della globalizzazione, la circolazione delle intelligenze è fisiologica.
La fuga di cervelli crea un danno notevole all’economia che si ripercuote inevitabilmente sui giovani che rimangono sul territorio. Si sprecano risorse investite dallo Stato nella formazione e nell’istruzione e non si garantisce continuità tra scuola, università e lavoro. Un lavoratore adeguatamente formato è così costretto a lasciare il nostro Paese.
Si parla generalizzando di “cervelli in fuga” ma non sono sempre i migliori a lasciare il nostro Paese. Ci sono tante menti brillanti che rendono lustro all’Italia così come ci sono soggetti che devono necessariamente partire per trovare la loro dimensione. Parlare di spreco di risorse, generalizzando, sposta l’attenzione dal vero problema.
L’economia italiana risente notevolmente della “fuga di cervelli” e necessita di interventi mirati da parte delle istituzioni per aumentare il tasso di innovazione o per ridurre l’offerta formativa su cui investe miliardi di euro, per poi disperderli successivamente.
La politica prova da anni a porre un freno al fenomeno ma l’incidenza sull’economia del Paese non è così influente come si vuol far credere. Troppa retorica, anche perché la precarietà sul lavoro è un fenomeno presente in tutto il mondo.
L’espressione corretta da utilizzare è “circolazione dei cervelli”. Uno scambio di idee e di risorse tra Paesi altamente industrializzati porta beneficio al mondo intero. Non si può banalizzare il fenomeno parlando solo di entrata e uscita, ci sono sogni, speranze, rinunce e sacrifici, entrano in gioco dunque diversi aspetti psicologici.
La circolazione dei cervelli in Italia è diventata fuga, un fenomeno incontrollato a cui non si riesce a porre rimedio. Un Paese che caccia via i propri talenti gettando acqua sul fuoco dei loro sogni e sbarrando le porte a qualsiasi velleità di ritorno.
Parlare di “fuga di cervelli” in termini negativi significa non rendere merito ad un processo di globalizzazione mondiale frutto di tante faticose conquiste. Un giovane ha oggi un’ampia possibilità di scelta. Può rimanere in Italia con tutte le difficoltà del caso, può anche andare fuori ma deve avere sempre la possibilità di tornare a casa.
Rimuovere gli ostacoli burocratici e trattenere con tutte le proprie forze i tanti talenti presenti, deve essere questa la priorità italiana. La “fuga dei cervelli” rappresenta una vera e propria emergenza da contrastare nel minor tempo possibile per non rimpiangere i successi di menti allontanate troppo in fretta.
Il nostro Paese si contraddistingue per scarsa attenzione e mancanza di politiche adeguate necessarie per convincere i propri talenti a rimanere entro i confini. Così facendo costringe i tanti cervelli italiani a fuggire verso Paesi dove trovano una più adeguata collocazione in riferimento al proprio titolo di studio posseduto e condizioni lavorative migliori rispetto all’Italia.
La fuga dei cervelli è un fenomeno controllato e rientra nella norma in una società sempre più globalizzata. Bastano piccole modifiche e investimenti mirati per trattenere i giovani talenti in patria ma drammatizzare è un esercizio fine a se stesso.
Il problema non è la fuga dei cervelli ma la difficoltà dell’Italia di attrarre nuovi talenti dall’estero, nonostante le ricchezze del patrimonio territoriale e culturale. Occorre un intervento mirato per rendere il nostro Paese maggiormente appetibile. Bisogna, inoltre, snellire una burocrazia troppo complessa. Il fenomeno riguarda anche le difficoltà di rientro dei talenti italici emigrati.
I giovani italiani hanno difficoltà a tornare in patria e i giovani stranieri non trovano i dovuti spazi, ma è inutile soffermarsi troppo sui numeri e guardare con apprensione a questo andirivieni. La circolazione dei cervelli è assolutamente fisiologica e porta idee brillanti e innovative per l’umanità. Il trasferimento è una risorsa sia nel percorso di studi che in quello lavorativo.
Non tutte le risorse che abbandonano il Paese devono essere considerate “cervelli in fuga”
La fuga di cervelli crea un danno notevole all’economia che si ripercuote inevitabilmente sui giovani che rimangono sul territorio. Si sprecano risorse investite dallo Stato nella formazione e nell’istruzione e non si garantisce continuità tra scuola, università e lavoro.
Un lavoratore adeguatamente formato è così costretto a lasciare il nostro Paese.
Si parla generalizzando di “cervelli in fuga” ma non sono sempre i migliori a lasciare il nostro Paese. Ci sono tante menti brillanti che rendono lustro all’Italia così come ci sono soggetti che devono necessariamente partire per trovare la loro dimensione. Parlare di spreco di risorse, generalizzando, sposta l’attenzione dal vero problema.
La fuga dei cervelli incide in modo notevole sull’economia italiana ma la politica sembra non interessarsene
L’economia italiana risente notevolmente della “fuga di cervelli” e necessita di interventi mirati da parte delle istituzioni per aumentare il tasso di innovazione o per ridurre l’offerta formativa su cui investe miliardi di euro, per poi disperderli successivamente.
La politica prova da anni a porre un freno al fenomeno ma l’incidenza sull’economia del Paese non è così influente come si vuol far credere. Troppa retorica, anche perché la precarietà sul lavoro è un fenomeno presente in tutto il mondo.
La circolazione dei cervelli è un fenomeno positivo
La circolazione dei cervelli in Italia è diventata fuga, un fenomeno incontrollato a cui non si riesce a porre rimedio. Un Paese che caccia via i propri talenti gettando acqua sul fuoco dei loro sogni e sbarrando le porte a qualsiasi velleità di ritorno.
L’espressione corretta da utilizzare è “circolazione dei cervelli”. Uno scambio di idee e di risorse tra Paesi altamente industrializzati porta beneficio al mondo intero. Non si può banalizzare il fenomeno parlando solo di entrata e uscita, ci sono sogni, speranze, rinunce e sacrifici, entrano in gioco dunque diversi aspetti psicologici.
Il fenomeno della “fuga dei cervelli” è fisiologico e non può essere inteso in un’accezione negativa
Rimuovere gli ostacoli burocratici e trattenere con tutte le proprie forze i tanti talenti presenti, deve essere questa la priorità italiana. La “fuga dei cervelli” rappresenta una vera e propria emergenza da contrastare nel minor tempo possibile per non rimpiangere i successi di menti allontanate troppo in fretta.
Parlare di “fuga di cervelli” in termini negativi significa non rendere merito ad un processo di globalizzazione mondiale frutto di tante faticose conquiste. Un giovane ha oggi un’ampia possibilità di scelta. Può rimanere in Italia con tutte le difficoltà del caso, può anche andare fuori ma deve avere sempre la possibilità di tornare a casa.
L’Italia ha dimostrato la sua incapacità nel trattenere i giovani talenti in patria
Il nostro Paese si contraddistingue per scarsa attenzione e mancanza di politiche adeguate necessarie per convincere i propri talenti a rimanere entro i confini. Così facendo costringe i tanti cervelli italiani a fuggire verso Paesi dove trovano una più adeguata collocazione in riferimento al proprio titolo di studio posseduto e condizioni lavorative migliori rispetto all’Italia.
La fuga dei cervelli è un fenomeno controllato e rientra nella norma in una società sempre più globalizzata. Bastano piccole modifiche e investimenti mirati per trattenere i giovani talenti in patria ma drammatizzare è un esercizio fine a se stesso.
L’Italia non ha la capacità e la robustezza per attrarre nuove risorse dall’estero
Il problema non è tanto la fuga dei cervelli ma la difficoltà dell’Italia di attrarre nuovi talenti dall’estero, nonostante le ricchezze del proprio patrimonio territoriale e culturale. Occorre un intervento mirato per rendere il nostro Paese maggiormente appetibile. Bisogna, inoltre, snellire una burocrazia troppo complessa. Il fenomeno riguarda anche le difficoltà di rientro dei talenti italici emigrati.
I giovani italiani hanno difficoltà a tornare in patria e i giovani stranieri non trovano i dovuti spazi, ma è inutile soffermarsi troppo sui numeri e guardare con apprensione a questo andirivieni. La circolazione dei cervelli è assolutamente fisiologica e porta idee brillanti e innovative per l’umanità. Il trasferimento è una risorsa sia nel percorso di studi che in quello lavorativo.