Liceo breve
FAVOREVOLE O CONTRARIO?
Il dibattito attorno all'introduzione della formula del Liceo “breve”, ovvero della scuola secondaria di secondo grado di durata quadriennale, riprende in seguito Decreto Ministeriale del 7 agosto 2017, firmato dalla ministra dell'Istruzione Valeria Fedeli che, di fatto, introduce la sperimentazione in cento classi di cento diverse scuole italiane a partire dall'anno scolastico 2018-2019.
Le controversie sul tema riguardano in particolare due argomenti: se tale riduzione della durata degli anni di Liceo possa portare un miglioramento o un peggioramento dell'offerta formativa; se la riforma possa costituire o meno un vantaggio per lo Stato in termini economici. Infatti, se da un lato il taglio dell'ultimo anno di scuola genererebbe un risparmio per le casse dello Stato, dall'altro potrebbe produrre più disoccupati nella categoria degli insegnanti.
IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:
Il DM del 7 agosto 2017, firmato dalla ministra Valeria Fedeli introduce la sperimentazione del Liceo breve in cento classi di cento scuole a partire dall'a.s. 2018-2019. Le controversie riguardano due aspetti: se la riduzione della durata del Liceo possa portare un peggioramento dell'offerta formativa; se la riforma possa costituire o meno un vantaggio per lo Stato in termini economici.
Se la riforma del Liceo “breve” entrasse a regime, potrebbe portare fino a 1 miliardo e 380 milioni di risparmi per lo Stato, con la soppressione di 40mila cattedre. Gli insegnanti in esubero potrebbero entrare negli Istituti tecnici superiori ad alta specializzazione tecnologica, creati con la riforma Gelmini e partiti senza fondi, che invece avrebbero bisogno di moltiplicare i posti.
Il Liceo “breve” è un’operazione di cassa, con elementi negativi anche in ambito economico. Oltre a ridurre l’organico di docenti e Ata, ridimensionerà autonomia delle sedi di direzioni, con un'ulteriore contrazione, già in corso da circa dieci anni. L’obiettivo è infatti quello di tagliare un anno di corso di studio e cancellare circa 30mila cattedre e anche delle unità di personale ATA.
La riforma permette di arrivare un anno prima all'Università o nel mondo del lavoro, come accade in molti paesi europei. Il nuovo metodo di insegnamento utilizza strumenti informatici e chiede agli studenti di produrre contenuti digitali. Ripensare a un progetto di scuola superiore articolato in quattro anni offre l’occasione per una revisione globale della nostra proposta educativa e formativa.
Il Liceo “breve” impoverisce l’offerta formativa della scuola pubblica. Ridurre il Liceo a 4 anni potrebbe essere deleterio per gli studenti, poiché non disporrebbero del tempo necessario per assimilare i concetti. C’è il rischio di sfornare diplomati impreparati. Inoltre, velocizzare l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro non ha senso, visti gli alti tassi di disoccupazione giovanile.
La riforma del Liceo “breve” a regime produrrebbe un risparmio per le casse dello Stato senza conseguenze in termini di licenziamento di insegnanti
Se la riforma del Liceo “breve” entrasse a regime in tutte le scuole d’Italia, potrebbe portare fino a 1 miliardo e 380 milioni di risparmi per le casse dello Stato, con la soppressione di 40mila cattedre (i docenti delle classi quinte di tutte le superiori).
Gli insegnanti in esubero potrebbero essere chiamati a insegnare negli Istituti tecnici superiori ad alta specializzazione tecnologica, creati con la riforma Gelmini e partiti senza fondi, che invece avrebbero bisogno di moltiplicare i posti per i ragazzi.
Il Liceo “breve” non è altro che una mera operazione di cassa che contiene elementi negativi anche in ambito economico.
Infatti, oltre a ridurre l’organico di docenti e Ata, ridimensionerà l’attuale autonomia delle sedi di direzioni, con un'ulteriore contrazione che, negli ultimi dieci anni, ha già visto la cancellazione di una presidenza su quattro.
L’obiettivo è infatti quello di tagliare un anno di corso di studio e cancellare circa 30mila cattedre e anche delle unità di personale ATA.
La formula del liceo “breve” permette di rivedere e migliorare l'offerta formativa e consente ai giovani di entrare prima nel mondo del lavoro
La riforma permette di arrivare un anno prima all'Università o nel mondo del lavoro, così come accade già in molti paesi europei, dove un anno di istruzione o formazione viene riservato all'esperienza lavorativa (modello anglosassone o scandinavo dei prestiti di onore).
Il nuovo metodo di insegnamento utilizza tutti gli strumenti informatici possibili e chiede agli studenti di produrre contenuti digitali.
Ripensare a un progetto di scuola superiore articolato in quattro anni offre l’occasione per una revisione globale della nostra proposta educativa e formativa.
Le ore di lezione, inoltre, rimarranno invariate, aumentando a 40 settimanali. Questo carico risulterà addirittura minore grazie al maggiore utilizzo dell’alternanza scuola-lavoro, dell’informatica e della metodologia Clil.
Il Liceo “breve” impoverisce drasticamente la qualità dell’offerta formativa del sistema scolastico pubblico.
Ridurre il Liceo a 4 anni anziché 5 potrebbe risultare troppo pesante per gli studenti, in quanto essi non disporrebbero del tempo necessario per assimilare correttamente i concetti. Il grosso rischio è quello di sfornare diplomati non sufficientemente attrezzati per il mondo del lavoro o per quello di un’ulteriore formazione di tipo universitario.
Inoltre, voler velocizzare l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro non ha alcun fondamento produttivo, visti gli alti tassi di disoccupazione giovanile.
Il voler adeguarsi ai parametri di altri Stati europei porterebbe in questo caso un abbassamento culturale e formativo. È necessario non accettare supinamente quanto ci viene richiesto o imposto dall’Europa, in quanto se c’è una scuola che può essere presa d'esempio è proprio quella italiana.