Fondamentalismo islamico, intervento occidentale in Medio Oriente
FAVOREVOLE O CONTRARIO?
A partire dall'attentato alle Torri Gemelle dell'11 settembre 2001, il tema del fondamentalismo islamico è giunto alla ribalta dell'opinione pubblica di tutto il mondo, in particolar modo in Occidente. Alcuni si sono spinti persino ad ipotizzare che esso sarà il principale problema della politica internazionale di tutto il XXI secolo.
Le origini del fenomeno sono però più antiche. Il fondamentalismo si configurò come importante attore sul piano internazionale già a partire dal 1979, in seguito alla Rivoluzione iraniana, che portò alla caduta dello shāh di Persia Reza Pahlavi e all'instaurazione di un regime a forte ispirazione religiosa, guidato dall'āyat Allāh Khomeynī.
Con l'ascesa, a partire dal 2013, nelle regioni a cavallo fra Iraq e Siria di un'organizzazione autoproclamatasi Stato Islamico dell'Iraq e del Levante, con l'obiettivo di ricostruire il Califfato Islamico medioevale, e l'inefficacia delle strategie finora adottate per risolvere la questione mediorientale, il tema delle strategie da adottare per arginare il fondamentalismo islamico è nuovamente tornato alla ribalta, anche grazie all'ampia risonanza data dai media mondiali agli eventi bellici in corso in Medio Oriente.
Se larga parte dell'opinione pubblica non solo occidentale, di destra come di sinistra, compresi molti settori del mondo islamico, sono unanimi nella condanna delle idee e delle pratiche delle organizzazioni fondamentaliste, le opinioni su come contrastare il fenomeno divergono fortemente.
MEDIATECA
IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:
L'attentato alle Torri Gemelle e l'ascesa dell’ISIS hanno portato il fondamentalismo islamico in primo piano nel dibattito pubblico. Ma esso si manifestò già dal 1979, in seguito alla Rivoluzione iraniana. Se larga parte dell'opinione pubblica, compresa parte del mondo islamico, sono unanimi nella condanna del fondamentalismo, le opinioni su come contrastare il fenomeno divergono fortemente.
Nel decennio scorso le nazioni occidentali entrarono direttamente in guerra contro i fondamentalisti. Queste hanno ora un ruolo defilato, limitato all’assistenza alle forze locali o ad azioni di supporto aereo, senza intervenire via terra. Ma le forze locali si stanno rivelando inefficaci. Tale situazione non potrà che peggiorare, rendendo inevitabile azioni occidentali via terra.
Gli interventi militari occidentali sono fra le cause del caos in cui sono alcuni paesi islamici, poiché fatti a scopi economici. Questi hanno rinfocolato l’odio dei musulmani verso l’Occidente, agevolando l’affermarsi di milizie islamiste. Altri interventi peggiorerebbero tale quadro. I supporti logistici forniti alle forze locali sono inefficaci, poiché dettati da interessi economici.
In Medio Oriente, i regimi laici dittatoriali sono stati in grado di contenere il fondamentalismo. Quando tali regimi sono stati destabilizzati da ingerenze esterne o da eventi rivoluzionari interni, il caos che ne è scaturito ha aiutato i fondamentalisti a guadagnare consensi. Per questo è necessario un sostegno a tutte le forze laiche della regione, a prescindere dalla loro democraticità.
Non bisogna fare un discrimine tra forze laiche e forze islamiste: le prime hanno spesso dato vita a feroci dittature, così come forze islamiste hanno a volte saputo integrarsi nelle dinamiche democratiche. È dunque fondamentale sostenere le forze progressiste che promuovono la stabilità democratica del Medio Oriente, indipendentemente dal fatto che esse siano laiche o di ispirazione islamica.
C’è tensione anche all’interno dell’Islam, tra sciiti e sunniti. L'Occidente ha avuto rapporti tesi con i regimi sciiti, tanto islamisti quanto laici, mentre intrattiene rapporti di alleanza con governi sunniti. Le organizzazioni terroriste sono di matrice sunnita. Un riavvicinamento al mondo sciita, quindi, sottrarrebbe appoggi sunniti alle organizzazioni terroriste.
Lo sciismo propone un Islam più moderato rispetto alle correnti sunnite. Tuttavia, non si può parlare di un Islam sciita tollerante e uno sunnita fondamentalista. Esistono molte espressioni moderate, e persino laiche, dell'Islam sunnita, così come versioni radicali dell'Islam sciita. Tale divisione produrrebbe uno scontro tra fazioni, incrementando le violenze nella regione.
I fondamentalisti non sono una minoranza radicale dell'Islam. Essi seguono i dettami della cultura islamica. Non ha senso distinguere fra Islam “radicale” e “moderato”. I musulmani moderati rinnegano le fondamenta della loro religione. Ci troviamo a fare i conti con uno scontro di civiltà fra il mondo occidentale, liberale e laico, e il mondo islamico, impossibilitati a una pacifica convivenza.
Il fondamentalismo islamico è un fenomeno politico e non religioso. L’approccio con la modernità, le ingerenze occidentali negli affari della regione, le recenti guerre in Afghanistan e Iraq hanno contribuito alla diffusione di un fenomeno prima limitato e minoritario. Ma esiste anche un Islam moderato, che ha elaborato una propria cultura, rispettosa dei valori della tolleranza e della giustizia.
Il fondamentalismo islamico presenta una sfida per il mondo intero. L’Occidente dovrebbe farsene carico e intervenire militarmente nelle regioni interessate
A differenza del decennio scorso, in cui le nazioni occidentali entrarono direttamente in guerra per contenere l’avanzata del fondamentalismo islamico con gli interventi in Afghanistan nel 2001 e in Iraq nel 2003 (quest’ultimo particolarmente criticato poiché effettuato da una coalizione a guida statunitense senza l’approvazione delle Nazioni Unite), contro la minaccia costituita da Da'ish queste hanno preferito mantenere un ruolo piuttosto defilato, limitandosi a fornire assistenza alle forze locali o a svolgere azioni di supporto aereo, bombardando le postazioni delle milizie islamiste, senza intervenire però direttamente via terra.
Un tale tipo di intervento si sta però rivelando insufficiente, dato che le forze locali si stanno rivelando perlopiù inefficaci contro Da'ish, continuando a perdere terreno o comunque non riuscendo ad ottenere successi decisivi. Tale situazione non potrà che peggiorare ulteriormente col passare dei mesi, rendendo non ulteriormente rinviabile un maggiore coinvolgimento occidentale nel conflitto, che preveda anche un massiccio uso di forze di terra in grado di riconquistare le porzioni di territorio conquistate dagli islamisti.
Fra le maggiori cause della destabilizzazione dei territori medio-orientali vi sono proprio gli interventi militari occidentali, effettuati per la difesa di interessi economici esclusivi: la storia ha dimostrato quali siano state le catastrofiche conseguenze dell’invasione irachena del 2003, che altro non ha fatto che rinfocolare l’odio delle comunità musulmane nei confronti dell’Occidente invasore e gettare il paese nel caos e in una situazione di vuoto di potere, presto riempito dall’affermarsi di milizie islamiste che hanno avuto facile gioco nel procurarsi il consenso di una parte della popolazione.
Altri interventi diretti da parte delle nazioni occidentali non farebbero altro che polarizzare il conflitto in funzione anti-occidentale, infatti, Da'ish potrebbe raccogliere attorno a sé anche il consenso di musulmani sunniti che al momento gli sono ostili.
Vero è che al momento alcune forze locali si stanno dimostrando impreparate dal punto di vista militare. Ma questo anche perché i supporti logistici occidentali sono orientati non in base a criteri disinteressati, con lo scopo di contenere il fondamentalismo, ma in base a un groviglio di interessi economici e geopolitici.
I regimi laici, anche se dittatoriali, sono la soluzione per il contenimento del fondamentalismo islamico
Quello fra forze di ispirazione laica e forze di ispirazione islamista non deve essere un discrimine categorico. Infatti, spesso, regimi laici nella regione si sono contraddistinti per un alto tasso di autoritarismo, dando vita a feroci dittature che non hanno fatto altro che aumentare il malcontento della popolazione che poi ha trovato sfogo nell'appoggio a movimenti fondamentalisti, così come forze islamiste hanno a volte saputo integrarsi perfettamente nelle dinamiche democratiche, fino addirittura in certi casi a promuovere visioni dell'Islam che le hanno portate ad assumere il ruolo di avanguardie progressiste. Il pensare che i popoli medio-orientali non siano “maturi” per godere di uno sviluppo democratico, o ancora che l'islamismo sia intrinsecamente incapace di assumere una visione pluralista, è una forma di razzismo culturale che andrebbe evitata.
È dunque fondamentale sostenere tutte le forze progressiste della regione desiderose di promuovere la stabilità democratica del Medio Oriente, indipendentemente dal fatto che esse siano laiche o di ispirazione islamica.
Storicamente, nella regione medio-orientale, regimi laici ma dittatoriali hanno sempre costituito la forza in grado di contenere e reprimere l'insorgenza del fondamentalismo islamico. Quando molti di questi regimi sono stati destabilizzati, a causa di ingerenze esterne (come ad esempio in Iraq con l'intervento statunitense contro il regime di Ṣaddām Ḥusayn) o di eventi rivoluzionari interni (i sommovimenti della Primavera Araba, che hanno provocato la caduta del regime tunisino, di quello egiziano, di quello libico e lo scoppio della guerra civile in Siria), il caos che ne è scaturito ha aiutato le organizzazioni fondamentaliste islamiche, prima duramente represse, a guadagnare consensi e a divenire attori di prim'ordine sullo scenario geopolitico. Per questo è necessario un riavvicinamento al regime siriano di ʾAsad così come un sostegno a tutte le forze laiche della regione, anche prescindendo dal loro grado di democraticità.
Nell'Islam è in corso una guerra tra sciiti e sunniti. L'Occidente deve riavvicinarsi al mondo sciita per far fronte alle organizzazioni terroriste sunnite
Molti analisti mancano di far notare l'attuale dimensione di forte tensione interna al mondo islamico, in particolar modo tra la componente sciita, complessivamente minoritaria ma predominante in alcuni paesi medio-orientali, e quella sunnita.
Tendenzialmente, l'Occidente ha avuto negli ultimi decenni rapporti tesi con i regimi sciiti, tanto con quelli islamisti (l'Iran) tanto con quelli laici (la Siria), mentre intrattiene rapporti di alleanza con numerosi governi sunniti islamisti (ad esempio l'Arabia Saudita) e laici (la Turchia). Le maggiori e più pericolose organizzazioni terroriste, da al-qāʿidah a Da'ish, sono però tutte di matrice sunnita, e oltre a contribuire significativamente all'instabilità della regione spesso godono di appoggi più o meno segreti da parte di numerosi regimi sunniti, compresi quelli alleati della NATO.
Un riavvicinamento al mondo sciita potrebbe quindi modificare i rapporti di forza nell'area sottraendo importanti appoggi sunniti alle organizzazioni terroriste.
È vero che nel complesso, per motivi di ordine storico, le correnti predominanti dello sciismo tendano a proporre versioni dell'Islam più moderate rispetto a quelle di numerosi correnti sunnite. Persino l'Iran, che pure è un paese retto da un regime islamista che propone una versione piuttosto radicale dello sciismo, segue una versione della sharīʿa molto mitigata in confronto a quella propugnata dalle organizzazioni radicali sunnite.
Tuttavia, è solo una tendenza di massima, e non può divenire il pretesto per una suddivisione netta fra un Islam sciita più tollerante e uno sunnita intrinsecamente fondamentalista. Esistono molte espressioni moderate, e persino dichiaratamente laiche, dell'Islam sunnita, così come versioni radicali dell'Islam sciita.
Così come la strategia di divisione netta fra “Occidente” e “Islam”, anche quella di contrapposizione fra “mondo sciita” e “mondo sunnita” produrrebbe una dinamica di scontro fra blocchi contrapposti che incrementerebbe le violenze settarie nella regione, piuttosto che ridurle, fornendo terreno fertile per le organizzazioni più radicali di entrambe le correnti, col rischio di scatenare una vera e propria guerra intestina nell'Islam.
Quello con cui ci troviamo a dover fare i conti è un vero e proprio scontro di civiltà fra il mondo islamico è il mondo occidentale
Il fondamentalismo islamico non è espressione di una minoranza radicale all'interno dell'Islam. Al contrario, esso è la logica realizzazione dei dettami della cultura islamica stessa. Non ha dunque senso operare distinzioni fra un Islam “radicale” e uno “moderato”. Gli stessi musulmani moderati non possono esserlo senza rinnegare le fondamenta stesse della loro religione. Quello con cui ci troviamo a dover fare i conti è dunque uno scontro di civiltà fra il mondo occidentale, liberale e laico, da una parte, e il mondo islamico dall'altra, mondi reciprocamente escludentisi e impossibilitati a una pacifica convivenza.
Il fondamentalismo islamico è un fenomeno principalmente politico, le cui cause, più che essere dovute a motivazioni di ordine teologico o religioso (un'intrinseca intolleranza peculiare della sola religione islamica), sono storicamente determinate. Il brutale approccio con la modernità, le ingerenze occidentali negli affari della regione, le recenti guerre combattute dagli Stati Uniti in Afghanistan e Iraq hanno contribuito a inasprire la situazione, contribuendo alla diffusione di un fenomeno prima estremamente limitato e minoritario. Ma esiste anche un Islam moderato in grado di convivere con l'Occidente, così come esistono forze che hanno sviluppato una loro peculiare visione politica e sociale improntata ai valori della tolleranza e della giustizia, non attraverso una mera adozione dei modelli occidentali ma attraverso un'autonoma elaborazione dei loro propri valori culturali.