BURQA E BURKINI
FAVOREVOLE O CONTRARIO?
I veli in uso tra le donne di religione musulmana sono vari e differiscono in base all’area geografica d’origine, riflettendone la cultura e la religiosità. Gli abiti integrali sono il burqa, tipico dell’Afghanistan, e il Niqab, usato in Yemen e in Arabia Saudita. Altri veli come l’abaya del Golfo Persico e il chador iraniano lasciano il viso scoperto; l’hijab è il comune foulard posto da molte donne islamiche su capelli e collo. Il burkini, invece, è un costume da bagno, nonché un marchio registrato, ideato dalla stilista australiana di origini libanesi Aheda Zanetti. Nonostante il nome, il burkini si avvicina più a un semplice hijab che ad un burqa: lascia, infatti, il viso totalmente libero.
In Occidente, alcune nazioni hanno vietato questi capi nei luoghi pubblici. Per prima la Francia, nel 2010, ha bandito l’uso del burqa e del niqab, considerati contrari ai valori laici della Repubblica, oltre che d’ostacolo all’identificazione e alla sicurezza. Nel 2011 anche il Belgio ha emanato disposizioni simili, dichiarando illegale qualsiasi travisamento del volto per motivi di ordine pubblico. Negli altri paesi europei non vi sono leggi particolari, ma solo discrezionalità per alcuni luoghi come le scuole. Nell’estate del 2016 molti comuni francesi decidono di vietare anche il burkini sulle spiagge, poiché contrario alla laicità e al buon costume e per questioni di ordine pubblico, legate alla situazione d’emergenza nazionale seguente gli ultimi attentati terroristici.
IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:
I veli musulmani differiscono in base all’area geografica d’origine. Gli abiti integrali sono il burqa afgano e il Niqab, yemenita e saudita. Il burkini, invece, è un costume da bagno ideato della stilista Aheda Zanetti. Nonostante il nome, lascia il viso libero. Francia e Belgio hanno limitato l’uso dei veli integrali e nel 2016 molti comuni francesi vietano anche il burkini.
Il ministro dell’Interno tedesco De Maizière ha inserito nel pacchetto di riforme antiterroristiche una proposta di legge sulla dissimulazione del volto. In Svizzera si è parlato di proibizioni del burqa e, nel 2016, la Lombardia ha emanato un’ordinanza restrittiva. Anche il sindaco di Firenze Nardella ha ammesso il rapporto tra uso del burqa e gestione della sicurezza
Il divieto del burqa non migliora la sicurezza. Dalhuisen di Amnesty International spiega come le esigenze di sicurezza verrebbero soddisfatte imponendo il divieto nei luoghi a rischio. Anche la Corte di Strasburgo respinge le motivazioni di sicurezza. Per i giudici europei lo stesso risultato può essere raggiunto rendendo obbligatorio mostrare il volto nei controlli d’identità.
I divieti dei veli ledono le libertà di espressione e di culto. Dalhuisen di Amnesty International si è mostrato critico mentre il Consiglio francese del culto musulmano ha parlato di stigmatizzazione dell’Islam. Anche sul burkini la Francia si è divisa. Si sono dichiarati contrari il socialista Hanam e il comunista Dartigolles. Aheda Zanetti ha precisato, invece, che il costume crea integrazione.
La Francia è il primo paese, nel 2010, a vietare l’uso del burqa nei luoghi pubblici. Tra i promotori l’allora ministro della Giustizia Alliot-Marie e il comunista Gerin. In Germania si è riaperto il dibattito: Merkel e De Maizière si sono detti contrari al burqa per questioni di diritti e di integrazione. Contro il burkini, invece, si sono scagliati alcuni sindaci della Costa Azzurra, il primo ministro Valls e Marine Le Pen.
I veli islamici integrali devono essere vietati per questioni di sicurezza
Il divieto generalizzato del burqa e del niqab non migliora la sicurezza e l’anti terrorismo. John Dalhuisen, di Amnesty International, ha messo in evidenza come le esigenze di sicurezza verrebbero soddisfatte imponendo il divieto solo in luoghi a rischio e nel caso di misure di controllo delle forze dell’ordine. Anche la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, pur bocciando il ricorso di una musulmana francese, respinge le motivazioni del governo della Francia sulla sicurezza. Come riporta il professore di Diritto Internazionale Ivan Ingravallo, per i giudici europei lo stesso risultato potrebbe essere raggiunto rendendo obbligatorio mostrare il volto durante i controlli d’identità.
I paladini del divieto del burqa invocano questioni di sicurezza per le difficoltà che tale abito crea nell’identificazione personale. Il ministro dell’Interno tedesco, Thomas de Maizière, ha inserito nel pacchetto di riforme straordinarie antiterroristiche una proposta di legge sulla dissimulazione del volto. Anche in Svizzera, Natalia Ferrara Micocci, politica liberale e radicale, ha parlato di proibizioni del burqa per facilitare i controlli sul territorio.
In Italia dal 2016, la regione Lombardia ha emanato un’ordinanza che vieta i veli integrali e altri abiti che coprono il viso negli ospedali e negli uffici regionali. Roberto Maroni, presidente della Regione, e Simona Bordonali, assessore alla Sicurezza, si sono schierati a favore della normativa. Anche il sindaco di Firenze, Dario Nardella, intervenuto in un incontro di Comunione e Liberazione, ha ammesso un possibile rapporto tra uso del burqa e gestione della sicurezza. Infine Ussama Dannawi, leader dei Giovani Musulmani, ha parlato di diritto alla sicurezza in Europa.
I divieti di indossare i veli islamici e il burkini violano i diritti alle libertà di espressione e di culto
I divieti europei del burqa e le nuove normative comunali francesi sul burkini ledono le libertà di espressione e di culto. L’Ong Amnesty International si è schierata in difesa dei diritti dei cittadini europei di fede musulmana. John Dalhuisen, ricercatore per l’organizzazione, ha affermato che la legge è un oltraggio nei confronti di quelle donne che usano i veli integrali per esprimere la loro identità e il loro credo. Anche il CFCM (Consiglio Francese del Culto Musulmano) ha esposto le proprie paure riguardo una possibile stigmatizzazione di tutto l’Islam.
Nel 2016, come conseguenza alle ordinanze comunali contro il burkini nelle spiagge, la Francia si è spaccata tra favorevoli e contrari. Bonoit Hanam, politico dissidente del Partito Socialista, ha definito la legge il simbolo del fallimento della politica del governo. Per Olivier Dartigolles del Partito Comunista si rischia di creare odio e alimentare tensioni. Aheda Zanetti, creatrice del burqini, intervistata dalla stampa francese, ha precisato che il suo costume in Australia crea integrazione ed è stato concepito per la comodità delle donne che vogliono seguire un determinato stile di vita.
La Francia è il primo paese europeo, nel 2010, a vietare l’uso del burqa nei luoghi pubblici. La legge, che mette al bando qualunque indumento che cela il volto, viene varata dal governo di centrodestra di Nicolas Sarkozy. Tra i promotori spiccano l’allora ministro della Giustizia Michele Alliot-Marie e il deputato comunista Andrè Gerin. L’uso dei veli integrali, secondo i politici contrari, contrasta con gli ideali di dignità e di uguaglianza della Repubblica francese e ostacola il processo di integrazione. In Germania Angela Merkel e Thomas de Maizière si sono detti contrari al burqa per questioni di diritti e di integrazione.
Sempre in Francia, nell’agosto del 2016, alcuni comuni, per lo più della Costa Azzurra, hanno vietato il burkini nelle spiagge per mantenere l’ordine pubblico in un periodo di emergenza e nel rispetto della laicità del paese. Contro il burkini si sono schierati i sindaci dei comuni in questione, primo fra tutti David Lisnard di Cannes; il primo ministro Manuel Valls e Marine Le Pen del Fronte Nazionale.