Superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari
FAVOREVOLE O CONTRARIO?
Fin dalla nascita dei manicomi criminali, teorizzati nel diciannovesimo secolo da Cesare Lombroso, l’opinione pubblica e la comunità scientifica hanno sempre manifestato opinioni estremamente variegate sul trattamento destinato all’infermo di mente autore di reato, giudicato non imputabile dall’ordinamento penale e pertanto non soggetto all’irrogazione delle pene, ma portatore, talvolta, di una pericolosità sociale da arginare mediante l’applicazione di una misura di sicurezza. In un ambito così delicato e spinoso, giuristi, psichiatri, politici e società civile difficilmente sono concordi sulla migliore soluzione al secolare problema del bilanciamento tra necessità terapeutiche e riabilitative del malato psichiatrico ed esigenze di tutela della collettività dalla sua pericolosità. Con la legge n.81 del 2014 il legislatore italiano sancisce la definitiva chiusura agli ospedali psichiatrici giudiziari, della quale molti esponenti politici e della comunità medica si sono mostrati soddisfatti perché ha soppresso l’ultimo e inaccettabile residuo dell’istituzione manicomiale che non offriva cura né riabilitazione al paziente psichiatrico. Tuttavia, si sono alzate anche numerose voci di dissenso che hanno aspramente criticato la riforma perché, rimettendo in libertà pericolosi criminali, mina la sicurezza pubblica, interesse pubblico primario e principale oggetto di tutela da parte dello Stato.
IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:
Giuristi, psichiatri, politici e società civile difficilmente sono concordi sulla migliore soluzione del problema del bilanciamento tra necessità terapeutiche e riabilitative del malato psichiatrico autore di reato ed esigenze di tutela della collettività dalla sua eventuale pericolosità.
La riforma esalta la natura residuale del ricovero in un OPG, attuando il principio espresso dalla Corte Costituzionale, per cui l’internamento è applicabile nei soli casi in cui ogni altra misura non risulti idonea ad assicurare cure adeguate e a fare fronte alla pericolosità sociale del reo infermo di mente. Si trova, così, il miglior punto di equilibrio tra esigenze terapeutiche e custodiali.
La tesi dell’OPG quale extrema ratio non tiene conto della sicurezza dei cittadini. Dinanzi alla pericolosità di criminali infermi di mente, il ricovero in una struttura di contenzione deve essere scelta primaria e non residuale. C’è, poi, il rischio che l’internamento sempre più residuale ne accentui la natura punitiva, assurgendo così a strumento di neutralizzazione dei malati irrecuperabili.
La riforma pone fine agli ergastoli bianchi, un limbo dove i pazienti perdevano la cognizione della realtà. L’internamento prolungato, talvolta a causa di un reato minore, era frutto dell’assenza di percorsi di cura alternativi. Ciò cesserà grazie al limite massimo della durata della misura di sicurezza e al divieto di giudicare la pericolosità sulla mancanza di programmi terapeutici individuali.
Fissando la durata della misura di sicurezza, la legge ordina che un malato debba guarire in un tempo stabilito, senza altri accertamenti. La mancata valutazione delle condizioni di vita individuale e dell’esistenza di programmi terapeutici individuali altera la prognosi giudiziale, che permetterà di far circolare soggetti socialmente pericolosi, violando il diritto alla sicurezza della comunità.
Matteo Salvini afferma che la chiusura degli OPG lascerà 200 criminali a piede libero, molti con disturbi psichici gravi e bisognosi di controlli che le strutture territoriali non sono in grado di dare. Se i rei infermi di mente vengono affidati alle REMS si pone il problema della sicurezza del personale sanitario, lasciato a confrontarsi con situazioni pericolose senza adeguata formazione.
Per il ministro Andrea Orlando con la chiusura degli OPG non c’è rischio per la sicurezza pubblica, poiché i soggetti più pericolosi verranno ospitati da strutture idonee (REMS). Si tratta di mero allarmismo, poiché solo un terzo degli internati ha bisogno di luoghi contenitivi. Si farà fronte alla pericolosità degli infermi con percorsi di cura e reinserimento senza l’uso di metodi contenitivi.
Bisogna superare quello che l’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano definì “autentico orrore, indegno di un paese appena civile”, alla luce dei rilievi effettuati in 6 OPG dalla Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul Sistema Sanitario Nazionale, dai quali emerse un assetto simile al carcere, lesivo della dignità della persona.
Gli OPG svolgono una funzione terapeutica necessaria. Eliminando l’aspetto punitivo, sorge il rischio di rendere appetibile la condanna alla misura di sicurezza come alternativa alla reclusione. La chiusura è inutile se il codice penale resta invariato: occorre un cambio di mentalità, poiché, se un malato di mente commette un reato, deve scontare la sua pena come gli altri.
Con la riforma per il superamento degli OPG si esalta la natura di extrema ratio della misura di sicurezza detentiva
La riforma ha l’evidente pregio di esaltare la natura residuale della misura di sicurezza del ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario, così attuando il principio espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza numero 253 del 2003, secondo la quale l’internamento è applicabile nei soli casi in cui ogni misura diversa non risulti idonea ad assicurare cure adeguate e a fare fronte alla pericolosità sociale del reo infermo di mente. In tal modo si adempie alla funzione stessa della misura di sicurezza, trovando il miglior punto di equilibrio tra esigenze terapeutiche e custodiali. Inoltre, secondo il costituzionalista e consigliere parlamentare Daniele Piccione, la scelta operata dal legislatore denota la definitiva presa di coscienza del fallimento delle istituzioni cosiddette totali, come i manicomi e gli OPG, nei quali la restrizione della libertà personale finisce sempre per prevalere su qualunque altra istanza o finalità statutaria.
La tesi dell’OPG quale extrema ratio è frutto di una impostazione ideologica che non tiene conto della sicurezza dei cittadini. Dinanzi alla pericolosità sociale di criminali infermi di mente, infatti, il ricovero in una struttura di contenzione e custodia, a tutela della collettività, deve essere scelta assolutamente primaria e non residuale. L’attuazione di questa parte della riforma, peraltro, è resa difficile dalla scarsa collaborazione dei DSM (Dipartimento Salute Mentale), che spesso non offrono al magistrato alcun aiuto nella individuazione di misure alternative. Infine, occorre tener conto del rischio che rendere l’internamento sempre più residuale ne accentui la natura punitiva, assurgendo così a strumento di mera neutralizzazione dei malati irrecuperabili.
Con la riforma per il superamento degli OPG si pone fine al dramma degli “ergastoli bianchi”
La riforma pone fine, una volta per tutte, all’ignobile prassi degli “ergastoli bianchi”, una sorta di limbo nel quale i pazienti perdevano completamente cognizione di chi fossero, perché fossero lì e per quanto tempo ancora ci dovessero restare. L’internamento prolungato anche per decine di anni, talvolta a fronte della commissione di un reato bagatellare, era frutto di un uso improprio delle proroghe, giustificate esclusivamente dall’assenza di percorsi territoriali di cura alternativi agli OPG. Una vergogna nazionale finalmente cessata grazie alla previsione di un limite massimo di durata della misura di sicurezza e al divieto di fondare il giudizio di pericolosità sociale sulla sola mancanza di programmi terapeutici individuali. Inoltre, impedendo al giudice di tener conto, per la suddetta valutazione, delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo, si allontana dal giudizio il peso di situazioni contingenti in alcun modo imputabili al malato psichiatrico, già di per sé vulnerabile a causa della patologia.
Con la fissazione del termine massimo di durata della misura di sicurezza, la legge in sostanza ordina che un soggetto pericoloso debba guarire in un tempo prestabilito, senza che nessuno accerti che sia realmente cessata la sua pericolosità sociale. Affidando alla legge la dichiarazione aprioristica di non pericolosità per il mero decorso del tempo, pertanto, si sovverte l’intero sistema delle misure di sicurezza, finalizzate proprio ad arginare il rischio che il soggetto socialmente pericoloso reiteri i reati. Inoltre, l’esclusione della valutazione delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo e dell’esistenza di programmi terapeutici individuali per la determinazione della sua pericolosità sociale altera profondamente la prognosi giudiziale che sarà pertanto inattendibile e permetterà di immettere nuovamente in circolazione soggetti socialmente pericolosi, violando il diritto alla sicurezza della comunità e ponendo a carico dei DSM (Dipartimento Salute Mentale) e delle famiglie, laddove esistano, la gestione di un malato comunque problematico.
La chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari genera un inaccettabile pericolo per la società
Per il ministro della giustizia Andrea Orlando la chiusura degli OPG non espone ad alcun rischio per la sicurezza pubblica, in quanto i soggetti più pericolosi verranno ospitati da strutture maggiormente idonee, quali le nuove REMS. Si tratta, pertanto, di strumentalizzazioni politiche e di mero allarmismo, anche in considerazione del fatto che, in realtà, solo un terzo della popolazione internata ha davvero bisogno di luoghi maggiormente contenitivi e che la maggior parte dei pazienti non sono ricoverati per ragioni di sicurezza pubblica. Inoltre, l’assenza di sbarre e di strumenti di contenzione non significa necessariamente scarsa sicurezza poiché, come dimostrano alcune esperienze già in atto, è possibile far fronte alla pericolosità sociale degli infermi di mente approntando percorsi di cura e reinserimento senza utilizzare strumenti di contenzione ma con la sola assistenza sanitaria e capacità relazionale degli operatori.
Il leader della Lega Nord Matteo Salvini afferma che la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari lascerà duecento criminali a piede libero senza che lo Stato si preoccupi della tutela della collettività che abita i territori in cui questi pericolosi malati psichiatrici faranno ritorno. Per non parlare, poi, del fenomeno di “vittimizzazione secondaria” che colpirà le vittime dei reati da questi precedentemente commessi, di cui il legislatore si è del tutto dimenticato. Molti di questi soggetti hanno disturbi psichici tanto gravi da avere bisogno di controlli che le strutture territoriali attuali non sono in grado di assicurare; laddove siano comunque affidati ai DSM (Dipartimento di Salute Mentale), peraltro, la loro presenza altererà profondamente la possibilità di cura di tutti gli altri pazienti non rei. Nelle residuali ipotesi in cui i rei infermi di mente verranno affidati alle nuove Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza, infine, si pone l’ulteriore rilevantissimo problema della sicurezza del personale sanitario, lasciato a confrontarsi con situazioni estremamente pericolose senza l’ausilio delle forze dell’ordine e senza adeguata formazione.
La chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari è giusta perchè sono strutture non degne di un paese civile
Bisogna essere orgogliosi del superamento di quello che l’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in occasione del discorso di fine anno 2012 (Messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, “Presidenti.quirinale.it”, 2012), definì “autentico orrore, indegno di un paese appena civile” alla luce dei rilievi effettuati nei 6 OPG dalla Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul Sistema Sanitario Nazionale, dai quali è emerso che gli stessi presentavano un assetto assimilabile al carcere o, addirittura, all’istituzione manicomiale, con frequente utilizzo di pratiche cliniche e mezzi di contenzione, meccanici e farmacologici, inadeguati, che si sono rivelati lesivi della dignità della persona. Il presidente della commissione di inchiesta Ignazio Marino, in sede di dichiarazione di voto sulla legge di conversione del decreto legge numero 211 del 2011, ha dichiarato: “il nostro paese non può e non vuole tollerare che esista un ‘inferno dei dimenticati’”, un “luogo in cui celare ciò che per alcuni erano solo ‘rifiuti umani’”, senza cura né riabilitazione, ma solo contenzione (Resoconto sommario seduta del Senato del 25 gennaio 2012, “Senato.it”).
Chiudendo gli ospedali psichiatrici giudiziari, che non sono diversi da molti altri reparti ospedalieri, ci si dimentica della funzione terapeutica che svolgono, supplendo alle carenze dei servizi territoriali. Eliminando del tutto l’aspetto custodiale e punitivo sorge il rischio di rendere appetibile la condanna alla misura di sicurezza come alternativa alla reclusione, visto che i controlli nelle nuove REMS saranno molto più blandi e fuggire sarà molto più facile. La chiusura degli OPG, poi, è inutile se il codice penale resta invariato: occorre un cambio di mentalità sulla questione dell’imputabilità dell’infermo di mente, perché se un malato psichiatrico commette un reato, deve andare in carcere e scontare la sua pena, come gli altri. Secondo Roberto Catanesi, “premessa per il superamento degli Opg non è chiudere o trasformare le strutture, è abolire le misure di sicurezza psichiatrica e cancellare il concetto di pericolosità sociale psichiatrica [in quanto] sono le persone a compiere i delitti, non le malattie” (Roberto Catanesi, Superare l'equivoco, Comunicato stampa Società italiana di psichiatria, 12 marzo 2013).