Nazionalizzare Facebook, Google, Amazon
FAVOREVOLE O CONTRARIO?
Il mondo digitale contemporaneo è dominato da tre giganti, Amazon, Facebook e Google, che operano nel campo senza avere soggetti concorrenti, dando luogo – anche se in maniera non dichiarata – a veri e propri regimi monopolistici. Sembra impossibile invertire l’andamento e contrastare queste piattaforme digitali, troppo potenti per agire al servizio dell’interesse pubblico e che stanno ormai da tempo immagazzinando i nostri dati personali. Le tre piattaforme si dividono dunque il controllo del web: Amazon controlla l’e-commerce, Google domina il settore dei motori di ricerca e Facebook è leader nel campo dei social media. Il loro potere non si limita al mondo digitale, ma si estende in maniera preoccupante ad altri settori, spesso mandando in crisi i soggetti che vi operavano in precedenza. Il potere dei tre padroni del web si basa sulla raccolta dei dati personali degli utenti, spesso inconsapevoli di quello che c’è dietro al processo di immagazzinamento. I dati, infatti, rappresentano una delle risorse principali dell’economia mondiale, al centro di una lotta per il controllo, tanto che sono stati ribattezzati il petrolio del XXI secolo. Per molti, le sanzioni applicate in varie occasioni dagli Stati e dall’Unione Europea non bastano per contrastare le posizioni dominanti di tali colossi, ma sarebbe necessaria una nazionalizzazione delle piattaforme digitali come Google, Facebook e Amazon.
IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:
Il mondo digitale è dominato da Amazon, Facebook e Google, che operano in un regime di monopolio. Le tre piattaforme si dividono il controllo del web: l’e-commerce, il settore dei motori di ricerca e i social media. Il loro potere si basa sulla raccolta dei dati personali, una delle principali risorse economia. Per molti, sarebbe necessaria una nazionalizzazione di tali piattaforme.
Jeremy Corbyn, leader del partito laburista inglese, ha proposto la creazione di una “British Digital Corporation” che si occupi di politica e tecnologia digitale per competere con i colossi del web. Anche il giornalista Signorelli si è detto favorevole alla nazionalizzazione dei big data. Tim Wu, docente di Legge alla Columbia University, invece, opta per uno spacchettamento societario.
Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook, chiamato a testimoniare sul caso Cambridge Analityca, si è scusato, dichiarandosi responsabile dell’accaduto, ma ha respinto le accuse di monopolio di Facebook nel mondo dei social network. Nel 2018 l’Antitrust europeo ha sanzionato Google per abuso di posizione dominante sulla promozione di Android. L’azienda ha annunciato ricorso.
Bisogna nazionalizzare le piattaforme digitali monopoliste come Facebook, Google e Amazon
Sulla necessità di limitare lo strapotere dei colossi del web si è espresso Jeremy Corbyn, leader del partito laburista nel Regno Unito, che ha proposto la creazione di una “British Digital Corporation” (BDC) che si occupi sia di condurre la politica e la tecnologia digitale, sia di servizi no-profit per competere con quelli a scopo di lucro, in alternativa a Facebook. Dello stesso parere Geert Lovink, teorico olandese dei media e tra i massimi studiosi dell’universo dei social network, che ritiene inevitabile affrontare la possibilità di una nazionalizzazione delle piattaforme digitali, inclusi i datacenter. Anche il giornalista Andrea Daniele Signorelli si è detto favorevole alla nazionalizzazione dei big data. Tim Wu, avvocato e professore alla Columbia Law School, ritiene invece che l’unica soluzione si quella di uno spacchettamento societario, per tornare a un mercato libero, basato sulla concorrenza.
Mark Zuckerberg, amministratore delegato di Facebook, è finito nell’occhio del ciclone mediatico dopo gli scandali legati alla protezione dei dati personali e della privacy degli utenti, e per le manipolazioni di fake news per scopi politici. Il fondatore del famoso social network, chiamato a testimoniare difronte al Congresso degli Stati Uniti sul caso Cambridge Analityca, si è scusato assumendosi ogni responsabilità per l’accaduto e dichiarandosi favorevole all’introduzione di determinate regola, ma ha respinto le accuse dell’anti-trust in merito al presunto monopolio di Facebook nel mondo dei social network. Nel luglio 2018 l’Antitrust europeo ha sanzionato Google con una cifra pari a 4,34 miliardi di euro per abuso di posizione dominante in merito alle strategie legate ad Android, il sistema operativo per smartphone più utilizzato al mondo. La risposta dell’azienda è stata immediata, affidata alle parole del CEO Sundar Pichai, che ha annunciato ricorso in un lungo post pubblicato sul blog ufficiale.