Secondo i critici il conferimento dei poteri al preside concretizza una concezione aziendalista, gerarchica e produttivistica della scuola. Peraltro questo potere di fatto attribuisce al dirigente scolastico le scelte didattiche e formative e la valorizzazione delle risorse umane e del merito dei docenti violando non solo il principio della libertà di insegnamento tipico della scuola pubblica, ma anche la meritocrazia: infatti con la riforma gli insegnanti subiranno una significativa limitazione del diritto di dare e ricevere criticamente diverse opinioni. Le stesse selezioni dei docenti non saranno più ispirate ai criteri vigenti i quali tengono conto di dati oggettivi che sono anzitutto l’ordine di graduatoria di merito. L’autonomia riconosciuta al preside è incompatibile con un’istituzione sovvenzionata dai contribuenti, come è la scuola, dove è per contro indispensabile che il vertice risponda a qualcuno. Potrebbero essere riconosciuti maggiori poteri del preside, a condizione di decidere i criteri del suo esercizio.