Quello con cui ci troviamo a dover fare i conti è un vero e proprio scontro di civiltà fra il mondo islamico è il mondo occidentale

Lo scontro di civiltà

Secondo il politologo statunitense Samuel Huntington, che pubblicò nel 1993 (pochi anni dopo la caduta del muro di Berlino e la conseguente dissoluzione dell'URSS) sulla rivista “Foreign Affairs” un articolo destinato a divenire famoso, intitolato Lo scontro di civiltà? (Samuel P. Huntington, The Clash of Civilizations?, “Foreign Affairs”, giugno 1993, vol. 72, n. 3, pp. 22-49), terminata la Guerra Fredda e lo scontro tra il mondo capitalista e quello comunista le identità culturali e religiose diverranno la fonte primaria di conflitto nel mondo del XXI secolo. Uno scenario che inevitabilmente porterà allo scoppiare, appunto, di scontri di civiltà, termine che già aveva utilizzato lo storico e orientalista britannico Bernard Lewis, nel suo articolo Le radici della rabbia islamica (Bernard Lewis, The Roots of Muslim Rage, “Atlantic Monthly”, vol. 266, n. 3, pp. 47-60).
La tesi di Huntington, ripresa e ampliata nel suo libro del 1996 Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale. Il futuro geopolitico del pianeta (Garzanti, 2000), ebbe una gran fortuna soprattutto in seguito agli attentati dell'11 settembre 2001.

La rabbia e l’orgoglio

La giornalista italiana Oriana Fallaci, il 29 settembre 2001, pochi giorni dopo la caduta delle Torri Gemelle, pubblicò sul “Corriere della Sera” un articolo intitolato La Rabbia e l'Orgoglio. Secondo la Fallaci, l'11 settembre segna un punto cruciale nella “Crociata al contrario” lanciata dall'Islam contro l'Occidente, crociata intesa come una vera e propria “guerra di religione” volta alla distruzione dei valori occidentali. Occidente e Islam costituiscono quindi due campi contrapposti: il fondamentalismo islamico, lungi dal rappresentare solo un delirio radicale di alcune frange di militanti, è un logico derivato della cultura coranica, cultura intrinsecamente incompatibile con l'Occidente e che per esso costituisce una minaccia. Da qui anche la necessità sostenuta dalla Fallaci di una risposta immediata e militare al Terrore.

Il Grande Califfato

Una tesi analoga è quella sostenuta da un altro giornalista italiano, Domenico Quirico, che dopo essere stato rapito e tenuto sotto sequestro per cinque mesi in Siria dagli uomini di an-Nuṣrah, ha pubblicato il libro Il Grande Califfato (Neri Pozza, 2015), nel quale afferma che gli anni a venire saranno gli anni della lotta contro un progetto in ascesa, quello del totalitarismo islamista globale, che dopo aver scippato i sogni della Primavera Araba si prepara a divenire una minaccia concreta per l'Occidente. Il Califfato, afferma Quirico, non è un sogno di qualche nostalgico sognatore, ma un preciso progetto politico, portato avanti da una sorta di “internazionale islamica” ben radicata in diversi paesi, e che gode di un notevole supporto popolare nel mondo musulmano. L'Islam moderato, illuminista e tollerante di cui spesso si parla, non è per Quirico che l'espressione di una ristretta élite legata all'Occidente e non riflette assolutamente il sentimento dominante delle masse islamiche, fedeli di una religione intrinsecamente totalizzante e guerriera, diffusasi grazie alle guerre di espansione dei primi Califfi eredi di Maometto e che ha nella lotta uno dei principi fondamentali del suo esistere.

Saʿīd contro Huntington

Īdwārd Wadīʿ Saʿīd, scrittore palestinese, il 22 ottobre 2001 pubblicò sulla rivista statunitense “The Nation” un saggio provocatoriamente intitolato The Clash of Ignorance (e tradotto in Italia da “La Repubblica” con il titolo di Più che di civiltà è scontro di ignoranze, I novembre 2001), accusando la fallacia del paradigma che voleva l'Occidente come una fortezza assediata in guerra contro tutti. Saʿīd nel suo scritto accusa “l'eccesso di retorica churchilliana da parte di sedicenti combattenti nella guerra dell'Occidente e soprattutto dell'America contro chi la odia, i suoi saccheggiatori e distruttori, con scarsa attenzione a vicende complesse che sfidano questi termini riduttivi”. Etichette a compartimenti stagni, come Islam e Occidente, “sviano e confondono la mente che si sforza di dare un senso a una realtà disordinata che non intende essere archiviata o liquidata con tanta facilità”. “Noi tutti”, conclude lo scrittore palestinese, “nuotiamo in queste acque, occidentali, musulmani e altri, allo stesso modo. E poiché le acque fanno parte dell'oceano della storia, cercare di dividerle con barriere è inutile. Viviamo momenti di tensione ma è meglio pensare in termini di comunità che detengono il potere e comunità che ne sono prive, di secolari politiche di raziocinio e ignoranza, e di principi universali di giustizia e ingiustizia, piuttosto che smarrirsi in astrazioni che possono essere fonte di soddisfazione momentanea ma producono scarsa auto-consapevolezza”.

 

Il Sultano e San Francesco

Anche il giornalista italiano Tiziano Terzani, sulle pagine del “Corriere della Sera” dell'8 ottobre 2001, pubblicò un articolo intitolato Il Sultano e San Francesco, prendendo parola contro la Crociata dell'Occidente contro il mondo islamico che si stava preparando in nome della Guerra al Terrore, identificando nella politica estera occidentale, e statunitense in particolare, una delle cause del risorgere del fondamentalismo islamico nei paesi medio-orientali.
Tesi sostenuta anche da un articolo uscito il 15 ottobre 2001 sulle pagine di “The Nation” scritto dallo storico ed economista statunitense Chalmers Johnson, intitolato “Blowback”, “Contraccolpo” [TdR]. Il contraccolpo del titolo è proprio quello della politica estera americana, che dopo aver causato instabilità in Medio Oriente per assecondare i propri interessi economici, riceve i frutti di tale scelleratezza. Più che la conduzione di una guerra senza quartiere al mondo islamico, improvvisamente divenuto nemico minaccioso, la migliore soluzione per Johnson sarebbe allora quella innanzitutto di cambiare la rotta di quelle politiche estere, promuovendo la stabilità compromessa in quelle regioni. 

Le tesi di Ben Jelloun

Secondo lo scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun, autore del libro È questo l'Islam che fa paura (Bompiani, 2015) i fondamentalisti islamici hanno operato un'azione di distorsione e forzatura dei contenuti coranici per fini politici, estrapolando dal Corano alcuni versetti e decontestualizzandoli, sostenendo che così come solo una minoranza di fanatici interpreta la Bibbia alla lettera, anche il Corano non va interpretato letteralmente, ma con senso critico ricollocandolo nell'epoca in cui è stato rivelato. È dunque necessario promuovere nel mondo islamico quelle forze riformiste che esistono e che in molti casi godono anche di un notevole supporto popolare ma che spesso vengono osteggiate, per motivi di interesse geopolitico, dagli stessi oppositori occidentali del fondamentalismo islamico, i quali temono un mondo arabo unito e stabile, non più lacerato dalle violenze settarie e tribali.