Il PIL non può essere superato

Il PIL nelle scelte politiche

Come affermato da Robert Eisner, ex presidente dell’American Economic Association nel suo The total income system od accounts, University of Chicago Press, 1989, p. 1), “le statistiche nazionali sul reddito e sulla produzione sono state tra i maggiori contributi di questo secolo alla conoscenza economica”. Il PIL risulta quindi una indispensabile strumento per cogliere lo stato di salute di una economia.
Il PIL non risulta tecnicamente superabile poiché “mancano spesso informazioni, dati e indicatori definiti in modo chiaro. [per calcolare indici alternativi]. A livello di Unione europea e degli Stati membri sono state avviate numerose iniziative per colmare le lacune in questi ambiti. È tuttavia difficile individuare un metodo coerente. Per quanto riguarda gli indicatori, esistono, ad esempio, numerose attività a livello nazionale e internazionale, che sono ormai poco chiare. In particolare, in tutte le discussioni sugli indicatori non bisogna dimenticare che essi da soli non forniscono un contributo sufficiente per il dibattito politico, il processo decisionale e la valutazione”. (Parlamento Europeo, Motivazione alla Proposta di Risoluzione 'Non solo PIL – Misurare il progresso in un mondo in cambiamento", 27 aprile 2011).
Per il Professor Ignazio Musu dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, nonostante il PIL presenti una notevole serie di limiti, non è, allo stato dell’arte, superabile. Come affermato nel suo “Perché è così difficile sostituire il PIL” pubblicato su “Italiani/europei” nel febbraio 2008: “Le notevoli difficoltà per arrivare al calcolo di un indicatore di valore che rifletta adeguatamente le diverse componenti del benessere sociale sono dunque legate soprattutto alla necessità di calcolare dei prezzi ombra, che sono per loro natura il prodotto di un lavoro artificiale, e quindi basato su criteri in qualche misura arbitrari, mentre il PIL si basa su dati oggettivi quali i prezzi di mercato. […] È essenzialmente questo intrinseco grado di artificialità che esige che i criteri per il calcolo di una misura del benessere sociale più adeguata del PIL emergano da una convenzione internazionale, in quanto gli indicatori risultanti dal calcolo debbono poi essere confrontati per i diversi paesi e il confronto deve essere condiviso da tutti questi paesi. Le resistenze a questo processo sono ovviamente molto forti e vengono facilitate dalla diversità delle metodologie proposte”.

 

Oltre il PIL

Il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, il 23 aprile 2012, nel discorso all’“Remarks to high-level Delegation of Mayors and Regional Authorities” a New York, ha affermato: “Abbiamo bisogno di andare oltre il PIL come il nostro principale indicatore di progresso, e modellare un indice di sviluppo sostenibile, che metta prima le persone" (TdR).
Precedentemente José Manuel Barroso, Presidente della Commissione Europa, nel suo intervento alla Conferenza “Beyond GDP” tenutasi nel novembre 2007, ha dichiarato: "Non è abbastanza per noi discutere di libertà, cambiamento climatico, salute, sicurezza ed ambiente. Noi abbiamo bisogno di strumenti di comunicazione ampiamente accettati che mostrino il progresso [raggiunto] in questi campi. […] E’ tempo di andare oltre gli strumenti sviluppati negli anni Trenta per un mondo molto diverso. E’ tempo di andare oltre l’attuale indigestione di dati disorganizzati. E’ tempo di andare oltre il PIL” (TdR).

Le alternative al PIL

Alcuni economisti, riflettendo su tale necessità, hanno elaborato una serie di indici alternativi al PIL. Come riportato dal professor Jeroen Van den Bergh, dell’Università Autonoma di Barcellona, nel suo Abolishing GDP (“Tinbergen Institute Discussion Paper”, 2007), esistono diverse categorie di indici: la prima comprende quegli indicatori che, “pragmaticamente”, cercano di correggere il PIL aggiungendo o sottraendo nel suo calcolo ulteriori aspetti. Tra di essi si annoverano: il MEW (Measure of Economic Welfare), l’ISEW (Index of Sustainable Economic Welfare), il GPI (Genuine Progress Indicator), il GS (Genuine Savings). Come affermato dallo stesso Van de Bergh: “questi indicatori rappresentano una correzione del semplice PIL riparando ad importanti mancanze attraverso l'aggiunta o la sottrazione al/dal PIL di alcune quantità di denaro calcolate parzialmente” (Abolishing…, cit., p. 12, TdR).
All’interno di questa categoria vi sono inoltre quegli indicatori che “si focalizzano completamente sulle esternalità ambientali e sulla riduzione delle risorse naturali [dando vita] a versioni ‘sostenibili‘ o ’verdi‘ del PIL” (Abolishing…, cit., p. 13) (TdR). Tra di essi vi è ad esempio lo SNI (Sustainable National Income).
Di seguito le caratteristiche di dettaglio degli indici della categoria:

- il MEW (Measure of Economic Welfare). “Nel 1972, gli economisti di Yale William Nordhaus e James Tobin hanno introdotto la loro misura di benessere economico (MEW) in alternativa al PIL. Il MEW prende il PIL come punto di partenza, ma […] include una stima del valore del tempo libero e la quantità di lavoro non pagato in una economia, aumentando così il valore del welfare nel PIL. [Gli autori] hanno incluso inoltre il valore del danno ambientale causato dalla produzione industriale e dai consumi, che riduce la componente di benessere nel PIL. Il MEW può essere visto come il precursore di successivi tentativi di creare un indice sofisticato di sviluppo sostenibile” (TdR).

Più in dettaglio, il MEW interviene su diverse aree che contribuiscono alla misurazione del PIL: oltre alla già citata valutazione del costo-opportunità del tempo libero, il MEW propone una riclassificazione della spesa pubblica (ad esempio, la spesa sanitaria e per l’Istruzione è considerata un investimento che accresce la produttività del sistema economico) e valuta in termini di “disamenity premium” (differenza tra i redditi delle persone che abitano in aree densamente abitate e quelli di coloro che abitano nelle aree rurali) i costi dell’urbanizzazione;

- l’ISEW (Index of Sustainable Economic Welfare) “aggiunge al PIL i servizi che esso omette ed individua quelle categorie del PIL che non rappresentano direttamente servizi per il consumatore. L’ISEW può essere dunque una misura dei benefici dell’attività economica […]. Inoltre l’ISEW include delle correzioni per neutralizzare la disparità dei redditi e l’insostenibilità di produzione e consumo” (Abolishing…, cit., p. 12, TdR).

Nell’ISEW vengono inseriti: i servizi da lavoro domestico (i c.d. non-market goods), i costi per la difesa dell’ambiente e della società (costi di urbanizzazione, spesa pubblica in sanità, etc.), oltre ad una serie di esternalità negative quali la perdita delle aree naturali, il consumo dei suoli, lo spreco delle risorse non rinnovabili, i costi per il mantenimento degli attuali livelli di benessere (intensità e durata del lavoro) e della disparità nella distribuzione dei redditi tra lavoratori, tra lavoratori e disoccupati, tra generi;

-il GPI (Genuine Progress Indicator), molto simile all’ISEW, deriva invece dagli studi di Philip. A. Lawn, Professore presso la University of South Australia, (A theoretical foundation to support the Index of Sustainable Economic Welfare (ISEW), Genuine Progress Indicator (GPI), and other related indexes, “Ecological economics”, 2003, n. 44, pp. 105-118).

Nell’approccio di Lawn vanno considerate anche le spese “difensive” che il singolo cittadino sostiene per mantenere il suo livello di benessere. In dettaglio, tra tali spese vanno computati l’inquinamento di aria ed acqua, la perdita dei terreni arabili e della biodiversità delle paludi, l’assottigliamento dello strato di Ozono dell’atmosfera terrestre, il costo della criminalità, il costo della disaggregazione familiare;

- il GS (Genuine Savings) misura gli investimenti in capitale economico “aggiustati” con una serie di correzioni (Katharine Bolt, Mampite Matete e Michael Clemens, Manual for Calculating Adjusted Net Savings, World Bank, 2002).

In particolare agli investimenti sono sottratti il valore delle risorse naturali esaurite, i costi dovuti all’inquinamento, l’indebitamento estero ed il deprezzamento del capitale; le spese in istruzione vengono considerate investimenti e quindi aggiunte così come i trasferimenti ufficiali. In merito Van de Bergh afferma: “il risultato rappresenta un debole indicatore della sostenibilità, in quanto permette di sostituire natura e risorse naturali con capitale umano e capitale prodotto” ed individua una serie di criticità: “un valore positivo di GS non implica sempre sostenibilità ambientale” (Abolishing…, cit., p. 14, TdR).

- lo SNI (Sustainable National Income) è stato sviluppato per i Paesi Bassi da Reyer Gerlagh e colleghi, (Reyer Gerlagh, Rob B. Dellink, Marjan W. Hofkes e Hein Verbruggen, A measure of sustainable national income for the Netherlands, “Ecological Economics”, 2002,n. 41, pp. 157-174) è basato sulla riflessione di Roefie Hueting (New Scarcity and Economic Growth, North-Holland Publishing Company, 1980) e sul concetto di “reddito sostenibile” di John R. Hicks (John R. Hicks, Value and Capital, Clarendon Press, 1948).

Il reddito può essere definito sostenibile se si “basa su una base economica ed ambientale riproducibile” (Abolishing…, cit., p. 13, TdR) ossia se tiene adeguatamente conto delle esternalità negative quali ad esempio l’inquinamento acustico, la radioattività, l’erosione del suolo, l’esaurimento delle risorse naturali, le patologie legate al contatto con sostanze tossiche, l’estinzione di fauna e flora, etc.
Come affermato da Van de Bergh (Abolishing…, cit., p. 13-14) “L'approccio SNI utilizza un modello di equilibrio generale che calcola l’impatto sul reddito nazionale di vincoli ambientali sostenibili imposti per i […] più importanti temi ambientali […]: il cambiamento climatico; la riduzione dello strato di ozono; l’acidificazione; l’eutrofizzazione, la presenza di particelle sottili nell’aria, […] la dispersione nell’ambiente di metalli pesanti, la contaminazione del suolo […] Confrontando SNI con ISEW (e GPI), risulta chiaro che il primo ha il vantaggio di tenere conto degli effetti delle correzioni [ambientali] sull’equilibrio generale ma lo svantaggio di limitarsi alle questione ambientali e delle risorse naturali. L’ISEW e il GPI correggono il PIL con una gamma molto più ampia di imperfezioni” (TdR).
Una seconda categoria di indicatori è costituita da quegli indici che si affiancano al PIL arricchendolo di ulteriori aspetti. In particolare tali indici combinano il PIL con ulteriori dimensioni di benessere e progresso sociale ottenendo un unico numero. Tra di essi si annoverano:

- L’HDI (Human Development Index) è stato misurato fin dagli anni Novanta nell’ambito del progetto United Nation Development Programme (UNDP). Come sottolineato nella stessa pagina ufficiale del progetto, “l'HDI è stato creato per sottolineare che le persone e le loro capacità devono essere il criterio ultimo per valutare lo sviluppo di un Paese, non solo la crescita economica. L'HDI può essere utilizzato anche per mettere in discussione le scelte di politica nazionale, evidenziando come due Paesi con lo stesso livello di reddito pro capite possono avere diversi esiti di sviluppo umano. Questi contrasti possono stimolare il dibattito sulle priorità politiche del governo” (TdR).

Come riportato da Robert Costanza, Maureen Hart, Stephen Posner e John Talberth, Beyond GDP: The Need for New Measures of Progress, “The Pardee Papers”, 2009, n. 4, p. 18) lo sviluppo umano può essere definito come “un processo che amplia le possibilità delle persone di vivere a lungo ed in modo sano, di essere istruite, di avere accesso alle risorse necessarie per uno standard di vita accettabile, [di avere] libertà politica e garantiti i diritti umani ed il rispetto di sé”.
Come si legge sulla pagina ufficiale del progetto delle Nazioni Unite “l'Indice di Sviluppo Umano (HDI) è una misura sintetica della realizzazione media […] dello sviluppo umano: una vita lunga e sana, essere informati e avere uno standard di vita dignitoso. L'HDI è la media geometrica degli indici normalizzati per ciascuna delle tre dimensioni.  La dimensione della salute è valutata in termini di speranza di vita alla nascita, […] è calcolata utilizzando un valore minimo di 20 anni e valore massimo di 85 anni. La componente educativa del HDI è misurata con la durata media degli studi per gli adulti di oltre 25 anni e anni attesi di scolarizzazione per i bambini in età scolare” (TdR).
La durata media degli studi e la durata attesa della scolarizzazione vengono periodicamente stimate dall’UNESCO e poi combinati per media aritmetica nell’HDI. L’accesso a standard di vita accettabili viene misurato in termini di PIL pro capite aggiustato per il potere d’acquisto;

- L’HPI (Happy Planet Index). Obiettivo del Happy Planet Index (HPI), stimato e diffuso dalla New Economics Foundation (NEF), è misurare la capacità di ciascun Paese nel distribuire efficacemente ed in maniera sostenibile il benessere. L’indice è elaborato moltiplicando le aspettative di vita con il livello di life satisfaction e dividendo il prodotto così ottenuto per l’impronta ecologica.

Per le aspettative di vita l’HPI si avvale dei dati periodicamente raccolti nel UNDP Human Development Report; per il livello di life satisfaction viene usata la “Scala della Vita” del Gallup World Poll che permette a ciascun intervistato di misurare il proprio livello di benessere su una scala da 0 a 10; l'impronta ecologica viene invece misurata dal WWF come misura di consumo delle risorse. “E’ una misura pro-capite del terreno necessario per sostenere i livelli di consumo di un Paese” (TdR).
Una terza categoria di indici (o più propriamente di insiemi di indici) contemplano dimensioni eterogenee ritenute parimenti “espressive” di benessere. Tali indici producono generalmente o semplici medie o non sintetizzano affatto in un unico numero il livello di benessere di ciascun paese.
Di tale categoria fanno parte:

- lo SPI (Social Progress Index). Come si evince dalla pagina ufficiale del progetto, lo scopo dello SPI è di porre l’accento su tre componenti chiave dell’esistenza umana: i bisogni essenziali, i “pilastri del benessere” e le opportunità.

Tali componenti chiave sono ulteriormente articolate in due livelli di dettaglio per un totale di oltre cinquanta singoli indicatori.
Tra i bisogni essenziali sono annoverati, come primo livello di suddivisione, le cure mediche di base e la denutrizione, l’accesso all’acqua ed alla rete idrico-fognaria, la disponibilità di un alloggio e la sicurezza personale. Tra i pilastri del benessere vi sono l’accesso alle conoscenze di base, l’accesso alle informazioni ed alle comunicazioni, la salute ed il benessere fisico, l’eco-sostenibilità. Infine tra gli indici della dimensione “Opportunità” lo SPI tiene conto dei diritti umani, della libertà personale, dei livelli di tolleranza ed inclusione, dell’accesso ai più alti livelli di Istruzione.
Lo SPI viene, in definitiva, calcolato attraverso una media aritmetica per sottoindici, indici e componenti chiave.

- il BLI (Better Life Index), elaborato dall’OCSE, si propone di “Coinvolgere i cittadini nel dibattito [relativo alle misure alternative al PIL, NdR], e di stimolarli ad essere più informati e attenti ai processi politici che influenzano le nostre vite”.

Per comparare il benessere tra Paesi il BLI contempla la possibilità di calcolare una media aritmetica tra 11 topics: reddito, alloggio e lavoro, relazioni sociali, istruzione, ambiente, salute, governance, life satisfaction, sicurezza e bilanciamento tra vita personale e lavoro. Come per lo SPI anche nel BLI ciascun “topic” è suddiviso in ulteriori indicatori. Ad esempio la valutazione del ruolo del lavoro viene effettuata sulla base del tasso di occupazione, del reddito personale, dei tassi di disoccupazione di lungo periodo e della sicurezza del lavoro. La salute invece è misurata in termini di aspettative di vita e di condizioni di salute percepite.
L’Indice fotografa ad oggi il benessere dei 34 Paesi membri dell’OCSE. 

- Il BES (Benessere Equo e Solidale). “Il progetto per misurare il benessere equo e sostenibile, nato da un’iniziativa congiunta del CNEL e dell’ISTAT, si inquadra nel dibattito internazionale sul 'superamento del PIL', alimentato dalla consapevolezza che i parametri sui quali valutare il progresso di una società non possano essere esclusivamente di carattere economico, ma debbano tenere conto anche delle fondamentali dimensioni sociali e ambientali del benessere, corredate da misure di diseguaglianza e sostenibilità”
Il BES contempla 12dimensioni del benessere: salute, istruzione e formazione, lavoro e conciliazione tempi di vita, benessere economico, relazioni sociali, politica ed istituzioni, sicurezza, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ambiente, ricerca ed innovazione e qualità dei servizi.
Ciascuna dimensione è ulteriormente suddivisa in indicatori: ad esempio, la dimensione “politica ed istituzioni” è definita da 13 indicatori (partecipazione elettorale, partecipazione civica e politica, fiducia nel Parlamento italiano, fiducia nel sistema giudiziario, fiducia nei partiti, fiducia nelle istituzioni locali, fiducia in altri tipi di istituzioni, donne e rappresentanza politica in Parlamento, donne e rappresentanza politica a livello locale, donne negli organi decisionali, donne nei consigli d’amministrazione delle società quotate in borsa, età media dei parlamentari italiani, lunghezza dei procedimenti civili). Nel Rapporto BES 2013. Il benessere equo e sostenibile in Italia, a cura del CNEL e dell'ISTAT (p. 12) vengono esposte le motivazioni metodologiche alla base della mancanza di sintesi in un unico indice delle risultanze dell’analisi multi-dimensionale: “Alcune iniziative internazionali e nazionali puntano ad aggregare tutte le informazioni disponibili in un unico indice sintetico di benessere. In merito a tale ipotesi, il Comitato [Il Comitato di indirizzo CNEL-ISTAT, NdR], ha ritenuto inadatta una misura unica del benessere, la quale [...] potrebbe fornire indicazioni fuorvianti o poco significative dovendo aggregare domini estremamente articolati”.