Il Movimento 5 Stelle costituisce la sponda ideale per un progetto di governo orientato alle riforme

Alleanze di governo e riforme

In un contesto politico uscito profondamente frammentato dalle elezioni del 2013, l’apporto del Movimento 5 Stelle pare indispensabile non solo per affrontare e gestire il lungo percorso delle riforme, ma anche nell’ottica della costruzione di future alleanze per il governo stabile del Paese. Dalla legge elettorale alla riforma delle istituzioni, per non parlare di scuola, sanità e lavoro, pare difficile escludere il partito guidato da Beppe Grillo, forte di una nutrita rappresentanza parlamentare e considerato da una larga parte dell’elettorato come ultima speranza di cambiamento per il Paese.
In tal senso, risultano emblematiche le dichiarazioni di Matteo Renzi, pronunciate poche settimane dopo la formazione del Governo Letta e riportate nell’articolo Renzi tende la mano a Beppe Grillo, pubblicato su “Affari Italiani” il 29 maggio 2013: “C'è una parte dei 5 Stelle che giustamente vuole ragionare con noi [...]. Allora dico: ragazzi, lavoriamo insieme”.
Di questo, oltre al Presidente del Consiglio, in carica dal 22 febbraio 2014, sembra essere consapevole lo stesso Giorgio Napolitano il quale afferma, come riportato nell’articolo Grillo al Premier: Noi facciamo sul serio. E sulle riforme Renzi incontra Napolitano, pubblicato su “La Repubblica” il 16 giugno 2014: “Secondo fonti dell'ufficio stampa del Quirinale, il presidente [Giorgio Napolitano (NdR)] e il premier [Matteo Renzi (NdR)] hanno fatto il punto sulla definizione dei provvedimenti legislativi discussi dal recente consiglio dei ministri e hanno poi compiuto ‘un ampio giro di orizzonte sui temi della riforma costituzionale all’esame del Senato’. Nell’occasione si è parlato del possibile coinvolgimento del più ampio arco di forze politiche in vista della conclusione dell'iter delle riforme in quel ramo del Parlamento”.
Al centro di quell’importante colloquio tra il Presidente della Repubblica e il Capo del governo c’era il confronto sulle riforme, compresa la legge elettorale, con in primo piano la novità dell’apertura di Beppe Grillo verso il Partito Democratico e la maggioranza.
La posizione del Quirinale, seppure cautamente, sembra essere condivisa anche dalla seconda carica dello Stato. Il Presidente del Senato Pietro Grasso, all’indomani dell’ennesimo incontro-scontro tra Renzi e Grillo sul tema delle riforme, nel luglio del 2014 invitava infatti alla “mediazione politica”. Come riportato da Ernesto Menicucci nell’articolo Senato, Grillo alza il tiro. Duello con il PD. E Grasso: ora cercare una mediazione, pubblicato sul “Corriere della Sera” il 26 luglio 2014:

“L’ex magistrato, diventato ‘arbitro’ dello scontro, sempre più rovente, tra governo e opposizioni, prova ancora a richiamare tutti all’opportunità di una mediazione: ‘Queste riforme – dice – sono attese da decenni, largamente condivise nelle loro linee essenziali’. Secondo Grasso ‘il muro contro muro deve lasciare il posto al confronto e alla ricerca di soluzioni condivise’. [...] ‘Aprire un tavolo di mediazione, soprattutto su quei punti che potrebbero essere oggetto di una riscrittura da parte dei relatori””.

Dall’altra parte, l’esito del voto europeo e le critiche sempre più ricorrenti della “base” rispetto alla posizione “isolazionista” del M5S hanno convinto l’ex comico e Gianroberto Casaleggio ad aprire degli incoraggianti spiragli. Il 15 giugno del 2014, infatti, aveva fatto rumore il post Legge elettorale: Renzi, batti un colpo, firmato da Grillo e Casaleggio e pubblicato sul blog di Beppe Grillo.
Nei passaggi più significativi dell’articolo, quest’ultimo invitava il Premier ad un confronto, soffermandosi in particolare sulla legge elettorale: “Ora sono avvenute due cose che hanno cambiato lo scenario: il M5S ha una legge approvata dai suoi iscritti (e non discussa a porte chiuse in un ufficio del PD in via del Nazareno) e Renzi è stato legittimato da un voto popolare e non a maggioranza dai soli voti della direzione del PD. Quindi qualcosa, anzi molto, è cambiato. La legge M5S è di impronta proporzionale, non è stata scritta su misura per farci vincere come è stato per l'Italicum, scritto per farci perdere. E ora? Se Renzi ritiene che la legge M5S possa essere la base per una discussione comune, il cui esito dovrà comunque essere ratificato dagli iscritti al M5S, Renzi batta un colpo. Il M5S risponderà”.

La svolta di Grillo viene messa nero su bianco nelle ore immediatamente successive alla pubblicazione di tale post, con una lettera inviata al Presidente del Consiglio per chiedere un incontro. Come riportato nell’articolo Riforme, M5S scrive a Renzi: “Facciamo sul serio”. Di Maio: “Usciamo dal limbo”, pubblicato su “Il Fatto Quotidiano” il 16 giugno 2014, l’iniziativa porterà ad una serie di reazioni a catena tra i maggiori attori coinvolti: Napolitano (“Bene il coinvolgimento di tutti i partiti”), Luigi Di Maio (“Di paletti parleremo con gli interessati”), Rosy Bindi (“Buona sorpresa per noi”).
Nello stesso articolo si scrive: “Un colloquio in streaming e senza condizioni, almeno di partenza. ‘Noi facciamo sul serio’, annuncia Beppe Grillo sui social network. Il Movimento 5 stelle scrive a Matteo Renzi e chiede un incontro formale per parlare della legge elettorale. Alla base del confronto ci sarà il ‘Democratellum’, il disegno di legge approvato in rete dagli iscritti M5S, ma per la prima volta la delegazione sarà aperta alla discussione. ‘Paletti? Ne parleremo insieme agli interessati’, dice il Vice Presidente della Camera Luigi Di Maio, ‘i margini di trattativa li discuteremo lì capendo anche la controparte. Siamo contentissimi che abbiano proposto la diretta dell’incontro e lo faremo per garantire trasparenza e rivoluzionare il concetto di trattativa. Si passa da una di cui non si sa niente con Berlusconi, a una invece pubblica per tutti i cittadini’. E poi in conferenza stampa conferma: ‘Noi non andiamo lì a scatola chiusa. Abbiamo un testo di discussione, ma non pregiudica nulla. La nostra garanzia è che qualsiasi cosa decideremo dovrà essere ratificata dai nostri iscritti. Prima eravamo convinti che avremmo potuto far cadere il governo Renzi. Ora, dopo il risultato delle Europee, si prospetta una vita più lunga delle forze politiche e quindi la scelta di dialogare, dalla legge elettorale alla giustizia, è per evitare il limbo. Noi chiediamo di fare le riforme per uscire da questo pantano’. [...] ‘Non cambio idea’, ha detto Rosy Bindi, ‘sul fatto che le riforme vadano fatte in Parlamento con tutti i gruppi parlamentari. Fino a questo momento c’era stata l’indisponibilità del M5S, oggi, invece, questa novità. Io e il PD lo consideriamo una buona sorpresa. È chiaro che bisogna fare sul serio, inserendosi adesso occorre, comunque, rispettare il lavoro fatto fino ad ora e accogliere le novità che verranno’. [...] ‘Abbiamo sempre detto’, commenta al Gr1 l’eurodeputata [del Partito Democratico (NdR)] Simona Bonafè, ‘che siamo pronti al dialogo con tutti sulle riforme. Speriamo che Grillo non faccia solo melina. Questo per rispetto agli elettori e in particolare ai cittadini che hanno votato M5S’. [...] ‘Tutto dipenderà dall’atteggiamento dei 5 Stelle’, dice il sottosegretario di Stato per la semplificazione e la pubblica amministrazione Angelo Rughetti: ‘La vera notizia è che il M5S è sceso dal tetto ed è tornato sulla terra. Mi auguro che ci sia la volontà da parte del Movimento di incidere nel dibattito parlamentare facendo le cose e che questo non sia invece solo un copione del gruppo per rientrare nei dibattiti televisivi e nei titoli dei giornali’”.

 

Luigi Di Maio

In questo contesto di inedita apertura a un percorso di riforme condivise, un ruolo centrale è giocato da colui che, in seno allo stesso M5S, copre la carica istituzionale più alta. Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera dei Deputati, pare sempre più l’uomo del dialogo, una sorta di immagine “istituzionale” del Movimento che fa da contraltare a figure storicamente più refrattarie al confronto, quali quelle dei due fondatori.
Non mancano in tal senso una serie di dichiarazioni e commenti che avvalorano questa tesi. In un tweet postato a pochi giorni dalla “mano tesa” di Grillo al Premier, e ripreso subito dopo dall’articolo Riforme, Di Maio (M5S) a Renzi: “Siamo pronti, vediamoci giovedì”, pubblicato su “L’Unità” il 30 giugno 2014, Di Maio incalzava: “Renzi non c’è tempo da perdere e tanto da fare. Noi siamo pronti. Incontriamoci giovedì per la legge elettorale”.
In riferimento alla “inversione di rotta” annunciata da Grillo nel famoso Renzi batta un colpo. Il M5S risponderà, pubblicato il 15 giugno 2014 sul proprio blog, Di Maio commentava così, nell’articolo Legge elettorale, Di Maio: “Apertura al Pd? Nuova fase del Movimento 5 Stelle”, pubblicato sempre il 15 giugno 2014 su “Il Fatto Quotidiano”: “Il Movimento si evolve continuamente e questa è una fase evolutiva ulteriore. [...] Pensiamo che su quel testo si possa fare un buon lavoro insieme a Matteo Renzi, legittimato da una votazione forte [...]. Noi accogliamo il messaggio forte dei cittadini alle elezioni europee e ci prepariamo a sederci al tavolo per cambiare la legge elettorale e portarla a casa. Subito dopo le elezioni europee io dissi: alle critiche rispondiamo con i fatti. Questi sono fatti”.
Qualche giorno dopo, nell'articolo Di Maio grillino di lotta e palazzo (“L’Unità”, 25 giugno 2014), si andava a tratteggiare così il profilo del vicepresidente della Camera: “E alla fine si prese la prima fila, il palcoscenico principale, il ruolo di leader che tanti nel Movimento vorrebbero che occupasse. Luigi Di Maio ha guidato la delegazione M5S nel confronto col Premier Matteo Renzi sulla legge elettorale. A lui, uomo di lotta e di palazzo, Grillo ha affidato le chiavi dell’incontro. Ed è stato proprio lui il principale interlocutore del segretario PD sebbene la proposta di legge elettorale sia stata illustrata (e promossa) da Danilo Toninelli. E lui, per la prima volta, ha rappresentato la faccia del Movimento disposta al dialogo vero col PD e col governo (entrambi incarnati da Renzi). Quel Renzi deriso, irriso e offeso per mesi che oggi diventa interlocutore e di fronte al quale (non a caso) Grillo manda Di Maio come ‘delfino buono’, una sorta di quel che fu Alfano per Berlusconi. Lui, Di Maio, la faccia del grillino della prima ora che però viene buono anche per la seconda, quella della sconfitta e del ‘cambiamo registro’ imposto da molti sulla rete e sul blog. Lui che lascia la parola a Renzi senza interrompere (ve lo immaginate Grillo? Anzi, ve lo ricordate Grillo e il suo streaming farsa?), lui che chiama ‘Presidente’ e si fa chiamare ‘vicepresidente’, lui che dice ‘rivediamoci e troviamo un punto di caduta’, lui che al di là della facciata e dello streaming e della rete ha molti più punti in comune col Premier di quel che si pensi. Lui che, giova ricordarlo, è quello dei ‘pizzini’ alla Camera proprio con Renzi, quei bigliettini apparentemente ‘svelati’ via social network ma che dichiarazioni di facciata a parte nascondevano (e l’incontro di oggi ne è la certificazione) una ‘vicinanza’ e una ‘affinità’ quanto meno a livello comunicativo sconosciuta ad altri pentastellati. [...] Di Maio, in questo processo, incarna la parte del ‘nuovo’ Movimento, sempre più medaglia rovesciata del vaffanculo a prescindere e sempre più disposto a ragionare”.

La visione di Casaleggio

In merito alla disponibilità del partito a “partecipare” al processo di riforma del Paese, rispetto a quella di Grillo, pare meno radicale, almeno nei toni, la posizione di Gianroberto Casaleggio. La visione del cofondatore del Movimento 5 Stelle, che precede di pochi giorni le consultazioni europee e di circa un mese la “svolta” annunciata a quattro mani con Beppe Grillo sul blog, viene chiaramente sintetizzata nel corso della intervista Casaleggio al Fatto Quotidiano: ‘Piano inglese per Governo Letta e Napolitano-bis’, concessa a Marco Travaglio e pubblicata su “Il Fatto Quotidiano” il 20 maggio 2014: “Noi non rifiutiamo le alleanze in quanto tali, ma solo se ci obbligano a sposarci per corrispondenza con uno che non conosciamo: io voglio vedere se la convivenza è possibile. Prima voglio conoscere l’altro, poi se mi piace me lo sposo. Se il mio programma è antitetico a quello dei partiti, che faccio: pur di allearmi prendo in giro i miei elettori?”.

 

Berlusconi lancia l’allarme

Preoccupazioni circa l’atteggiamento di chiusura del Movimento 5 stelle sono espresse nelle parole di Silvio Berlusconi che, come riportato nell’articolo Elezioni, Berlusconi: “Grillo è un pericolo per la democrazia. Voto a M5S è inutile”, pubblicato su “Il Fatto Quotidiano” il 17 febbraio 2013, negli stessi giorni, in un’intervista rilasciata al Tgcom24 lo stesso 17 febbraio 2013, definì Grillo come “L’antipolitica [...] un pericolo per la democrazia”.
Nei mesi successivi, più volte l’ex Presidente del Consiglio è tornato sulla questione, ricorrendo a termini molto pesanti per descrivere il leader pentastellato, e sottolineando così l’impossibilità di coinvolgerlo in un progetto politico. In un’intervista concessa a Radio Lombardia il 17 maggio 2014, come riportato nell’articolo Berlusconi: “Grillo è un pazzo, lo votano i disperati”, pubblicato su “Il Corriere della Sera” il 18 maggio 2014, Berlusconi affermò:

“Grillo è un pazzo, lo votano i disperati. [...] È un pericolo assoluto per il nostro Paese. Sanguinario come Stalin e Pol Pot. [...] A me Grillo fa paura e perciò vorrei che si potesse arrivare a spiegare ai cittadini italiani che votano per M5S che non votano per un progetto politico – che non c’è – positivo, cosrtuttivo”.

Come riportato nell’articolo Berlusconi, Grillo è un assassino. E sulla Libia: “Era meglio Gheddafi”, pubblicato sul “Corriere della Sera” il 20 maggio 2014, Berlusconi aggiunge: “Grillo è un pregiudicato, un assassino. [...] Grillo è un esperto sul non entrare in prigione perché con colpa ha ucciso tre suoi amici [...]. Vedere questo signore che fa il moralista mi disturba. E poi non faceva spettacoli se non aveva la certezza di farsi pagare in nero, era famoso per questo”.
E ancora, come riportato nell’articolo di Piera Matteucci Berlusconi: “Grillo è come Hitler, fa paura e specula su cittadini disperati”, pubblicato su “La Repubblica” il 23 maggio 2014, Berlusconi afferma: “Grillo specula sulla disperazione dei cittadini: abbiamo la certezza di trovarci di fronte non a una caricatura di dittatore ma a un aspirante dittatore. [...] Non dobbiamo prenderlo in ridere, dobbiamo avere paura”. Prosegue l’articolo di Piera Matteucci: “Poi una previsione, che appare come una premonizione funesta: Se vincesse Grillo ‘non posso immaginare cosa succederà, si tratta di una presenza inquietante, potranno succedere dei disordini inquietanti [...] l’obiettivo di Grillo è distruggere la nostra democrazia, allestire tribunali del popolo per processare politici, giornalisti e chiunque altro non gli vada a genio. Grillo dice le stesse cose di Hitler nel 1932 [...]. Assomiglia ai peggiori protagonisti della storia dell’uomo’”.L

 

Bersani bocciato da Grillo e Casaleggio

Nel 2013 furono diversi i leader politici che provarono a tendere una mano al Movimento 5 Stelle nel tentativo di uscire dall’impasse conseguente al risultato delle urne.
Primo fra tutti, l’allora leader della coalizione di Centrosinistra Pierluigi Bersani. Scrive infatti Emilia Patta, nell'articolo Con Grillo Bersani si gioca la carta del “modello Sicilia”, pubblicato su “Il Sole 24 Ore” il 26 febbraio 2013: “Il PD di Pier Luigi Bersani esclude governissimi con Silvio Berlusconi. E tenta la carta del governo di scopo o di minoranza aprendo al Movimento 5 Stelle e chiamandolo direttamente in Parlamento alle sue responsabilità. Un governo che faccia poche cose ma chiare: riforma elettorale e delle istituzioni, costi della politica, moralità pubblica e privata, difesa dei ceti più deboli e impegni per una nuova politica europea e del lavoro. Nel pacchetto anche il conflitto d’interessi, una seria legge antitrust, il taglio dei parlamentari, il taglio delle Province e l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. [...] ‘Io credo che l’Italia vada messa di fronte a dati di merito. Ciascuno si prenda [le] sue responsabilità. Non so il PDL. Non so il Movimento 5 Stelle. Fin qui Grillo ha detto ‘tutti a casa’. Ora ci sono anche loro. O vanno a casa o dicano cosa vogliono fare’, è il messaggio chiaro lanciato ai grillini dal segretario del PD. O ci state o si va tutti a casa, e ognuno si prenderà le sue responsabilità di fronte al Paese. È l’ultimo appiglio di un partito che vuole disperatamente evitare una riedizione del governissimo con il ‘giaguaro’, con Grillo e i suoi pronti a raccoglierne i succosi frutti fuori dal Palazzo. Tuttavia come si possa realmente concretizzare questo governo aperto al M5S è difficile dirlo”.
Una proposta a cui, dopo un lungo tira e molla e una serie di dichiarazioni altalenanti, nel post Bersani, morto che parla, pubblicato sul proprio blog il 27 febbraio 2013, il leader dei 5 Stelle rispose così: “Bersani è uno stalker politico. Da giorni sta importunando il Movimento 5 Stelle con proposte indecenti invece di dimettersi, come al suo posto farebbe chiunque altro. È riuscito persino a perdere vincendo. Ha superato la buonanima di Waterloo Veltroni”.

 

Il fallimento del “modello Sicilia”

Il cosiddetto “modello Sicilia”, spesso citato come possibile apri strada ad una alleanza tra Partito Democratico e M5S anche a livello nazionale, naufragò nel giro di pochi mesi, e secondo molti rappresenta l’esempio lampante dell’impossibilità di coinvolgere la creatura di Grillo e Casaleggio in un progetto di governo. Come riportato su “Affari italiani”, nell’articolo PD-M5S, il “modello Sicilia” è già fallito il 23 aprile 2013: “Già nei giorni scorsi i grillini e Crocetta erano finiti ai ferri corti in occasione dell’approvazione della legge sulla doppia preferenza di genere, passata con i voti di PD e PDL. Ora la nuova lite sul bilancio, che offusca ancor di più il cosiddetto ‘modello Sicilia’. E Giampiero D’Alia, segretario regionale dell’UDC, una delle componenti della maggioranza di Crocetta, dice che nell'Isola ‘è tempo di larghe intese così come a Roma’”.
L’analisi proposta da Nino Sunseri nell’articolo Già fallito il “modello Sicilia”: i grillini scaricano Crocetta, pubblicato su “Libero” il 24 aprile 2013, è eloquente: “Vengano signori del PD, vengano. Vengano a Palermo per vedere come finisce un amore di convenienza e una politica d’improvvisazione. Vengano a vedere com’è impossibile per i Democratici governare con i Cinque Stelle. Vengano da tutte le parti d’Italia. [...] A Palermo il ‘modello Sicilia’ si è rotto in fretta. [...] I Cinque stelle parlano di ‘rottura’ dopo avere elencato ‘una serie di episodi’ avvenuti nelle ultime settimane”.
Una rottura certificata dal presidente della Regione Rosario Crocetta, che in quegli stessi giorni, come riportato nel medesimo articolo, sbatteva la porta al Movimento 5 Stelle, affermando: “Provo disprezzo per chi definisce un golpe l’elezione di Giorgio Napolitano”.

 

Il Partito Radicale e il M5S

Una prospettiva importante è quella del Partito Radicale, gruppo politico storicamente “fluido”, che più volte nel corso degli anni ha strutturato la propria azione su temi ben precisi piuttosto che su alleanze predefinite. Come riportato nell’articolo di Carlo Luina Intervista a Gianfranco Spadaccia: “Il M5S? Sono solo apprendisti stregoni”, pubblicato su “Il Manifesto” il 7 febbraio 2014, ecco cosa afferma Gianfranco Spadaccia, tra i fondatori del Partito Radicale, di cui è stato anche Segretario per più di tre anni, oltre che Senatore e Deputato per tre legislature:

“Noi ci definivamo degli ultrà della democrazia e avevamo una solida cultura liberal-democratica che al M5S non solo manca, ma mi sembra la metta anche in discussione. Grillo deve stare attento, perché rischia di fare la stessa fine della Lega e dell’IDV, che a forza di contrastare la partitocrazia hanno finito per acquisirne tutti i vizi. [...] Questi referendum che organizza su vari temi sono ridicoli. [...] Come fa a parlare di democrazia diretta quando a votare sono solo 50mila persone contro i 9 milioni di elettori del M5S?”.Sempre nella stessa intervista, pur ammettendo che “alcuni di loro [...] mi ricordano tanti ragazzi che hanno militato nel partito Radicale e nei Verdi. Gente arrivata alla politica non solo per esigenze morali, ma per voglia di rinnovamento”, l’ex Segretario precisa: “non condivido assolutamente il metodo in cui il M5S fa opposizione e la patente di democrazia diretta che Grillo attribuisce a se stesso. Viviamo in un mondo in cui la partitocrazia ha travolto tutte le regole della formazione delle classi dirigenti, del dibattito democratico, della trasparenza nella gestione della cosa pubblica, e poi facciamo qualcosa di ancora più evanescente e più opaco, perché il web va a impulsi, e chi controlla gli impulsi governa la democrazia diretta del web. [...] Io sono una persona che crede che la democrazia parlamentare debba essere integrata da forme di democrazia diretta. E sono convinto che in questo quadro il web possa essere utilmente utilizzato, ma deve essere regolamentato, non può essere affidato all’autogestione di un singolo partito. [...] Mi colpisce sempre che loro con l’ostruzionismo pensano di non far passare un provvedimento, mentre noi facevamo un’opposizione durissima ma quando il governo poneva la fiducia ci fermavamo. L’importante era far passare il messaggio, far capire al Paese il perché del nostro comportamento. Ma la differenza fondamentale è un’altra: come noi anche loro, almeno a parole, sono degli ultrà della democrazia, però mentre noi avevamo una solida cultura liberal-democratica, qui non solo mi pare che manchi, ma viene perfino messa in discussione, tanto che parlano di democrazia delegata”.

 

Dario Fo mette in guardia i grillini

L’atteggiamento dei grillini nei confronti di ipotesi di mediazione con le forze di governo trapela anche dalle dichiarazioni del Premio Nobel per la Letteratura Dario Fo, da anni vicino alle posizioni del Movimento 5 Stelle. Nell’articolo di Gabriella Colarusso Dario Fo su Grillo e Renzi: Il leader del PD fa proposte truffaldine, pubblicato su “Lettera43” il 15 gennaio 2014, il Premio Nobel afferma: “Quello che Renzi propone è una trappola. Lui è un democristiano. La prima cosa che dovrebbe fare è dire: mi metto a livello dei 5 Stelle, restituisco i soldi del finanziamento pubblico perché è stata una appropriazione indebita che un referendum popolare aveva abolito. [...] Sappiamo già che è un gioco truffaldino, non cadiamo più in questa trappola”.