Il costo di produzione dei prodotti biologici è inferiore a quello da agricoltura convenzionale

Le voci di costo da considerare

Per valutare complessivamente i costi di produzione dei prodotti biologici bisogna tener conto di diversi fattori:

- terreno “è una delle voci di spesa più alte per le singole produzioni, specialmente per i campi da destinare ai cereali. In generale i costi del terreno sono legati ai prezzi della terra ed ai costi di conduzione […], al tipo di terreno e [vengono influenzati] più dalle tipologie di colture prevalenti che dallo stile di conduzione [biologico o non]. In teoria i terreni certificati per il biologico richiedono un premium price. In pratica ciò non accade” (Toward a Sustainable Agricolture, “cias.wisc.edu”, consultato il 15 febbraio 2015, TdR) ;
- fertilizzanti: “Le colture organiche quali quelle che includono i legumi nella rotazione dei cerali e utilizzano letame e composti [organici] eliminano gran parte dei costi relativi ai fertilizzanti […]. In ogni caso, se una fattoria biologica [deve] acquistare fertilizzanti, il costo di molti fertilizzanti consentiti nel biologico sono sostanzialmente più alti di quelli impiegati nell’agricoltura tradizionale. Complessivamente i costi per i fertilizzanti tendono ad essere più bassi [rispetto a quelli per le coltivazioni non biologiche” (ibidem,TdR);
- mangimi: “I costi dei mangimi sono input significativi per le aziende con bestiame. I mangimi biologici in vendita costano generalmente il doppio rispetto a quello non biologico. Come risultato, molti allevatori biologici fanno molto affidamento sul pascolo, oltre ad accresce la loro alimentazione [con i mangimi]. Per queste aziende i costi dei mangimi tendono ad esse bassi ma per le aziende biologiche che comprano molti mangimi, questa voce di costo può essere particolarmente elevata” (ibidem, TdR);
-pesticidi: “Gli agricoltori biologi non usano quasi mai pesticidi sui cereali da campo ed utilizzano relativamente pochi pesticidi sulle altre coltivazioni. I costi per pesticidi sono [quindi] bassi per molte aziende biologiche” (ibidem);
- macchinari, carburante, riparazioni e noleggio di macchine “possono essere leggermente superiori nelle procedure di coltivazione organica. L’aratura di conservazione ed [i sistemi] di gestione integrati accurati possono ridurre il numero di giri sul campo e i costi di carburante associati. […] D’altro canto, pratiche come il dissodamento a zone, il fuoco per il controllo delle erbe parassitarie, l’incorporazione di piccole sementi e del fieno nella rotazione richiedono attrezzature specializzate. Inoltre, la necessità di lavare le attrezzature nel passaggio da campi coltivati non biologicamente e campi coltivati biologicamente possono rendere il lavoro quotidiano più difficile e costoso da organizzare. Molti agricoltori del settore biologico gestiscono i costi dei macchinari perchè sono eccellenti meccanici che costruiscono, adattano o manutengono da sé le attrezzature” (ibidem);
- lavoro: “Il lavoro richiesto nelle aziende [che producono prodotti biologici] è generalmente superiore rispetto a quello di aziende non biologiche confrontabili. Oltre a richiedere più lavoro nei campi, gli agricoltori biologici necessitano di tenere registri più dettagliati delle loro controparti non biologiche, il che si aggiunge alla domanda complessiva di manodopera Tuttavia, in qualche caso la maggiore necessità di manodopera, complessivamente considerata può non tradursi in costi più alti in termini di lavoro dipendente. Per esempio nelle aziende che si occupano sia di cereali sia di zootecnia la necessità di manodopera è generalmente più spalmata durante tutto l’anno dato che in azienda cresce una più ampia varietà di cereali (con periodi di semina e raccolto diversi) rispetto alle aziende cerealicole tradizionali. Ciò implica che gli agricoltori impegnati a tempo pieno nel biologico hanno una minore necessità di assumere lavoratori ulteriori nei periodi di semina e raccolto rispetto agli agricoltori non impegnati nel biologico” (ibidem, TdR).

Complessivamente si può supporre che i costi di produzione dei biologico siano inferiori rispetto a quelli necessari per la produzione di prodotti non biologici.

 

Il report Union of Concerned Scientists

Jeffrey K. O’ Hara e Robert Parsons comparano il valore economico degli allevamenti di bovini, biologici e non, del Vermont e del Minnesota nel più ampio scenario produttivo statunitense. In particolare gli autori hanno osservato che “I costi di alimentazione [del bestiame] la spesa più grande per le fattorie. Le fattorie biologiche spendono meno in foraggi e mangimi rispetto alle fattorie tradizionali. […] In Minnesota, le fattorie biologiche spendono circa 608 dollari per capo l’anno in contrasto con i 1182 dollari per bestiame delle fattorie tradizionali. Le fattorie biologiche del Vermont spendono di più (1190 dollari l’anno per capo) rispetto a quelle del Minnesota ma comunque meno delle fattorie tradizionali” (Jeffrey K. O’ Hara, Robert Parsons, Cream of the Crop: The Economic Benefits of Organic Dairy Farms, “UCSUSA.org”, 2012, p. 15, TdR).

 

I costi di produzione secondo BioReport 2012

Come evidenziato nel BioReport2012, L’agricoltura biologica in Italia (“federbio”, 2012, p.17): “L’esame delle performance economiche delle aziende biologiche RICA rivela come il metodo biologico possa rappresentare un’alternativa economicamente valida al sistema convenzionale. […] Il migliore risultato delle aziende biologiche è ottenuto anche grazie al contenimento dei costi correnti (mezzi tecnici, servizi prestati da terzi e altre spese dirette), principale voce di spesa aziendale. Nelle aziende biologiche i costi correnti incidono, infatti, per meno del 30% sulla PLV  (38% nelle convenzionali), indice dell’adozione di processi produttivi meno intensivi, nei quali viene impiegata una minore quantità di mezzi di produzione extraziendali”

Perché il biologico ha maggiori costi produttivi

Come osservato da Massimo Ilari (Il biologico è costoso?, “lifegate.it”, consultato il 16 febbraio 2015): “Per quanto il mercato del bio possa crescere non potrà mai avere gli stessi prezzi di quello convenzionale. E sì, perché produrre bio vuol dire più cura, più manodopera e di riflesso costi di produzione elevati. Basti pensare che i fertilizzanti naturali hanno un costo maggiore rispetto a quelli di sintesi; che il raccolto, pur di qualità migliore, è di quantità inferiore; che per tenere sotto controllo le piante infestanti si impiegano mezzi meccanici e fisici generalmente assai onerosi; che i costi di distribuzione incidono in misura sensibile, anche se le possibilità che scendano sono notevoli visti gli attuali trend di diffusione del bio. Poi, la trasformazione, che ha un prezzo più elevato: per realizzare spaghetti, penne e company si impiegano acque di sorgente e la loro essiccazione viene effettuata a una temperatura non superiore a 55 gradi e non ai cento dell’industria. Stesso discorso per tutti gli altri generi alimentari e no”.

Come confermato da RespEt, Centro per l’Impresa Etica e Responsabile, rispetto all’agricoltura convenzionale l’agricoltura biologica deve sostenere un costo implicito: “l’impegno di tempo richiesto in azienda per compilare i registri e la documentazione relativa al processo di certificazione e controllo. Inoltre bisogna considerare il tempo impiegato per l’informazione ed il costante aggiornamento tecnico, la ricerca dei mezzi di produzione e le attività di prevenzione e monitoraggio delle avversità. Altri punti deboli dell’AB (Agricoltura Biologica, NdR) sono la carenza di servizi di assistenza tecnica qualificata e l’assenza di canali di vendita dedicati, che influiscono anche sulla formazione di un prezzo di mercato libero e trasparente, che sia di riferimento per produttori e commercianti” (Da un punto di vista economico, quali sono i vantaggi e gli svantaggi dell’AB? “respet.info”, consultato il 16 febbraio 2015).

 

Due studi empirici

Paolo Pignattelli (Avicoltura Biologica dalla produzione alla commercializzazione, “AZBIO”, 2002, 11, pp. 8-18) confronta i costi di produzione del pollo da carne allevato in allevamenti biologici e convenzionali. Nello studio sono state sommate numerose voci di costo: pulcini, alimentazione, spese veterinarie e sanitarie, costo della manodopera, energia, cattura dei polli, ammortamento macchinari, interessi per finanziamenti eccetera. Il costo di produzione del pollo da carne allevato in agricoltura tradizionale è pari a 1,985 euro per capo ossia a 0,798 euro al chilo. Secondo le stime di Pignattelli il costo di produzione nella zootecnia biologica sale a 3,905 euro per capo ossia a circa 1,642 euro per chilo.

Alberto Menghi e Kees de Roest (I costi di produzione del latte biologico, “L’informatore agrario”, 2002, 34, pp. 41-43) del Centro Ricerche Produzioni Animali di Reggio Emilia, comparano i principali costi di produzione del latte (alimentazione, spese veterinarie, costi di certificazione, ammortamenti eccetera) delle aziende zootecniche biologiche e di quelle convenzionali. Nel 2001 le aziende convenzionali sostenevano complessivamente un costo di circa 56,5 euro per quintale contro i 68,2 euro per quintale delle aziende biologiche.