Circoscrivere la prostituzione in zone dedicate garantirebbe un controllo più efficace

Circoscrivere il fenomeno

Indipendentemente dall’abrogazione (parziale/totale) o meno della Legge Merlin, con cui venne stabilita (entro sei mesi dall’entrata in vigore) la chiusura delle case di tolleranza, l’abolizione della regolamentazione della prostituzione in Italia e l’introduzione di una serie di reati intesi a contrastare lo sfruttamento della prostituzione altrui, in molti prospettano già quella che potrebbe essere la migliore collocazione dell’attività di prostituzione nelle grandi città e nei centri abitati.
Tra le varie ipotesi, quella di zone o quartieri “a luci rosse”, soluzione che eliminerebbe il fenomeno della prostituzione dalle strade e garantirebbe un maggior controllo sull’attività, per via della locazione in luoghi circoscritti.

 

Roma “a luci rosse”

Dell’utilità di un quartiere “a luci rosse” nella capitale, risulta convinto Achille Serra, funzionario e politico italiano (Forza Italia). Come riportato dall’articolo di Giovanna Vitale Roma, un quartiere a luci rosse per controllare la prostituzione, pubblicato su “La Repubblica” il 14 maggio 2005, Serra afferma: “La capitale ha bisogno di un quartiere a luci rosse. […] una zona protetta dove poter esercitare il mestiere più antico del mondo senza recare disturbo ai cittadini. In Italia la prostituzione non è reato, ma questo non significa che si debba continuare a far finta di niente: lo spettacolo offerto da lucciole e transessuali a tutte le ore del giorno e della notte, in periferia e in centro, è indecente e offensivo”. Vi è la necessità di “un provvedimento sul modello di Amburgo e Amsterdam, con il duplice obbiettivo di ripulire le strade e stoppare il dilagare dei reati connessi alla prostituzione e all'immigrazione illegale”.

A proposito della possibile abrogazione della Legge Merlin Serra afferma: “Non ci penso nemmeno. Oggi come allora mi ripugna l’idea che lo Stato, attraverso le licenze d'esercizio, si faccia in qualche modo mezzano dei suoi cittadini. Il mio è un discorso diverso, che va però affrontato senza pruderie né ipocrisie. Prendendo in considerazione l’istituzione di zone protette che verrebbero controllate, dunque sottratte alla malavita, e tenute lontane da chi è stufo di assistere – portando magari i figli a scuola o in giro la sera – all’esibizione costante e diffusa del sesso. […] In Italia si fa questo ragionamento: la prostituzione non è reato, è un fatto privato e pertanto non la regolamento, ne proibisco l’esercizio nelle case, ma non mi assumo la responsabilità di dire dove si deve svolgere. Con la conseguenza che nei fatti si finisce per esercitarla in strada. […] i romani sono stufi. Chiedete pure al sindaco Veltroni, ai dirigenti dei commissariati: tutti i giorni ricevono montagne di lettere e telefonate di protesta. In tanti mi chiamano e dicono: ‘Ci sono cinque lucciole sotto casa mia, la polizia passa e non fa niente’. Ma non può fare niente. Allora io credo che quando esiste un fenomeno che non è vietato ma dà fastidio ai più, bisogna intervenire".

Il problema, secondo Serra, è di ordine pubblico: “Lo è diventato nel tempo. A causa, anche, dell’aumento dell’immigrazione clandestina denunciata con forza [...] dal ministro Pisanu. Ormai la prostituzione è percepita dai cittadini come un fatto antisociale: occorre dunque che venga disciplinata e governata. […] So già cosa mi diranno. Che voglio sfruttare le donne, rinchiuderle in un ghetto. Ma le fondamenta su cui poggia un Paese democratico sono le regole della civile convivenza, senza le quali regna l’anarchia, la confusione, il malcontento. È necessario ristabilire della priorità. La sicurezza dei cittadini, la percezione di vivere in un contesto di ordine e rispetto della collettività dovrebbero venire prima”.

Serra conclude con una risposta sul perché sia così urgente regolamentare la prostituzione attraverso le zone “a luci rosse”: “Intanto diminuirebbe la prostituzione clandestina: voglio vedere chi si azzarderà a sfruttare le ragazze in un contesto di serio e rigoroso controllo. In più si potrebbe tentare un censimento del fenomeno. E risolvere il problema sanitario, sottoponendo quanti esercitano la professione a controlli medici periodici”.

Favorevole all’ipotesi di quartieri a luci rosse anche il Sindaco della città di Roma, Ignazio Marino, in un’intervista rilasciata il 22 maggio 2014 ai microfoni di Radio Radio, e riportata quello stesso giorno sul sito “Online-news” nell’articolo L’ultima di Marino: Il sindaco apre ai quartieri a luci rosse: “Purtroppo non è una decisione del sindaco, […] ma sarei favorevole a che ci siano zone dove la prostituzione è consentita e zone dove non lo è. Questo dilagare della prostituzione non solo arreca un danno al decoro della città […] ma crea situazioni di disagio gravissimo ad alcuni quartieri. […] Da mesi chiedo maggiore severità contro chi pratica l’illegalità. […] Io non posso combattere contro chi porta tonnellate di merce abusiva nella nostra città, c’è bisogno di un contrasto da parte delle forze dell’ordine, sia contro l’abusivismo, sia contro la prostituzione, sia contro lo spaccio. Non ne posso più davvero, per questo tempo fa ho scritto una lettera severa e rigorosa ad Alfano spiegando che avevo bisogno di maggiore aiuto”.

Nel comunicato stampa Roma, quartieri a luci rosse: Codacons appoggia proposta del sindaco, pubblicato il 23 maggio 2014 sul proprio sito, il Codacons si dice favorevole alla proposta del Sindaco Ignazio Marino. Carlo Rienzi, Presidente dell’associazione, afferma: “È giunto il momento di dire basta all’ipocrisia, […] le strade di Roma sono pie[n]e di oscenità, in bella mostra davanti agli occhi dei bambini, a tutte le ore del giorno. Attraverso un quartiere a luci rosse sarebbe possibile non solo eliminare situazioni di estrema volgarità, ma anche ristabilire l’ordine pubblico attraverso controlli da parte dell’amministrazione. Le prostitute, inoltre, godrebbero dei necessari controlli medici, e sarebbe addirittura possibile tassare i loro introiti. Non si può più fingere che il fenomeno non esista […] e la soluzione proposta da Marino, peraltro già ampiamente adottata con successo all’estero, ci sembra il modo migliore per affrontare un problema così delicato”.

Dello stesso parere è Andrea Santoro, Presidente del Municipio IX di Roma, che accoglie la proposta di Marino. L’articolo di Sergio Rame Roma, arrivano le strade a luci rosse dove prostituirsi è legale, pubblicato su “Il Giornale” il 26 settembre 2014, ne riporta le affermazioni: “Ho deciso di raccogliere l’appello lanciato da Marino […], sono trent’anni che si parla di riforme nel campo della prostituzione che poi non si fanno”. Da qui l’idea di un quartiere “a luci rosse” nel suddetto Municipio: “Vogliamo raggiungere l’obiettivo di conciliare il diritto alla sicurezza dei cittadini con l’ampliamento delle garanzie di tutela sociale e sanitaria per chi esercita questa attività. […] Attueremo un monitoraggio continuo, […] indispensabile per contrastare gli odiosi crimini di tratta, di prostituzione minorile e della prostituzione coatta”.

Favorevole alla proposta di Marino si dice anche Raffaele Clemente, Comandante della Polizia Locale di Roma Capitale, che, come riportato nell’articolo di Alessio Dente Una ZTL notturna per contrastare la prostituzione dell’Eur, pubblicato sul sito web “Newsgo” il 13 marzo 2014, propone la soluzione di un quartiere “a luci rosse” con ZTL notturna e monitoraggio con telecamere: “Se copriamo il territorio di notte, non possiamo farlo di giorno. Per questo motivo stiamo valutando se istituire una ZTL notturna, dialogando dapprima con il territorio per verificarne una reale fattibilità. Un piccolo perimetro con telecamere OCR in cui possono accedere solo le targhe dei residenti. Chiudere le strade al traffico serale non è semplice, gli interessi da mettere d’accordo sono tanti. Ci sono i commercianti che certo non farebbero i salti di gioia con i divieti di accesso alle vie dei loro locali. Da qui l’idea di mettersi ancora intorno un tavolo pronti a dialogare e ad ascoltare esigenze e proposte eventuali”.

 

Tosi: “Ai Comuni la scelta delle aree”

Altro sindaco favorevole all’ipotesi di un quartiere a luci rosse è Flavio Tosi, Sindaco di Verona, la cui posizione è riportata nell’articolo di Enrico Bonerandi Stop alla prostituzione in casa: l’ultima crociata del sindaco Tosi, pubblicato su “La Repubblica” il 5 gennaio 2009. A proposito della possibilità di varare un nuovo decreto per rendere più difficile l’esercizio della professione anche nelle abitazioni private, Tosi afferma: “La prostituzione al chiuso non la posso colpire. Però voglio salvaguardare la dignità dei condomini, il loro diritto alla quiete. Così, se arriva un esposto, manderò la polizia municipale. E se si verificheranno viavai giorno e notte, schiamazzi o altro, i vigili multeranno. Sanzioni progressive: la prima volta 100 euro, poi 250, e dalla terza volta 450. Voglio vedere se con questo salasso potranno andare avanti a fare i loro comodi”.
La soluzione per Tosi è quella di una zona circoscritta, in quanto ipotizzare di azzerare la prostituzione “non è possibile. La prostituzione può essere solo regolamentata. Occorre creare zone a luci rosse in zone industriali dove non si dà fastidio alle famiglie. Lo Stato dovrebbe varare una legge in proposito, lasciando ai Comuni la scelta delle aree adatte”.

 

De Magistris: affrontare il tema laicamente

Nell’articolo Napoli, De Magistris: “Progetto sperimentale per quartiere a luci rosse”, pubblicato il 22 agosto 2014 sul sito “Adnkronos”, vengono riportate alcune affermazioni del Sindaco di Napoli, Luigi De Magistris: “Un progetto sperimentale per un quartiere a luci rosse potrebbe partire presto a Napoli. […] Nella nostra città […] registriamo un incremento della prostituzione. Di fronte a questo dobbiamo partire da alcuni dati di fatto, la prostituzione in quanto tale non è vietata dalla legge, è vietato lo sfruttamento. Io non sono dell’idea che il fenomeno non si sconfigga col manganello o con la criminalizzazione delle prostitute o dei clienti. […] Quindi bisogna aprire un dibattito e il tema va affrontato laicamente”.

Sull’ipotesi di importare il “modello Amsterdam”, ovvero quello di un quartiere “a luci rosse” (nella città olandese, il quartiere preposto è de Wallen), De Magistris risponde: “Più o meno, qualcosa di diverso ma, in qualche modo, anche simile. Deve essere individuata un’area dove si sa che in qualche modo è praticata la prostituzione. Se noi creiamo un’area, riusciamo a ridurre enormemente la presenza della criminalità organizzata, perché quell’area verrebbe monitorata dalle forze dell’ordine. La mia idea è che si potrebbe sperimentare, lo trovo un fatto positivo per una grande città internazionale. In alcune grandi città internazionali […] si sono sperimentate le cosiddette ‘zoning’, delle aree in cui la prostituzione non è legalizzata ma tenuta sotto controllo. Qui c'è un controllo socio-sanitario, un controllo delle politiche sociali e un controllo delle forze dell’ordine, in modo da individuare subito gli sfruttatori”.

Sulla prostituzione circoscritta in determinati quartieri o zone, si rileva anche la proposta dell’assemblea Federcasalinghe del 1997, riportata nell’articolo Prostituzione dopo la Merlin. Quasi 50 anni di battaglie pubblicato il 14 maggio 2005 su “La Repubblica”, per una “prostituzione autogestita”, esercitata solo da maggiorenni “nelle proprie abitazioni e in luoghi chiusi”, con pagamento delle tasse e obbligo di controlli medici periodici.
A tal proposito, il presidente nazionale dell’organizzazione, Federica Rossi Gasparrini, come riportato nell’articolo di Marina Cavalieri Casalinghe maschiliste, pubblicato il 10 maggio 1997 su “La Repubblica”, afferma: “Preferisco […] che siano ghettizzate le prostitute, in determinate zone, luoghi o parti di città piuttosto che vedere famiglie e bambini ostaggio della prostituzione nei loro quartieri”.

Zanonato: un “vespaio” di degrado

Sul pericolo e sugli aspetti negativi legati alla possibilità di circoscrivere la prostituzione in determinate zone o quartieri per togliere il fenomeno dalle strade ed eliminare sia sfruttamento che giro d’affari di stampo criminoso, si esprime Flavio Zanonato, Sindaco di Padova. La sua posizione è riportata nell’articolo di Enrico Bonerandi Stop alla prostituzione in casa: l’ultima crociata del sindaco Tosi, pubblicato su “La Repubblica” il 5 gennaio 2009: “Ma come si fa a intervenire con lo strumento urbanistico? La prostituzione si concentra quasi sempre in zone di degrado in via di trasformazione. Difficile, quasi impossibile programmarle: ne verrebbe fuori un vespaio e non si arriverebbe a niente”.
Zanonato non vede alcuna necessità di nuove ordinanze: “In casi come quello di un condominio dove l’esercizio della prostituzione è particolarmente molesto, possiamo procedere con i normali regolamenti di polizia. […] Io non combatto la prostituzione, ma i disagi arrecati: è questa la via maestra. Con le mie ordinanze le prostitute a Padova si sono spostate dal centro verso la Fiera. Ci sono sempre, ma disturbano meno”.

 

Stato vs. case chiuse

A tal proposito, nel suo articolo Prostituzione, case di tolleranza e dottrina cattolica, pubblicato l’8 agosto 2013 sul sito del gruppo di Cattolici Apostolici Romani integrali del Circolo Culturale Triveneto Christus Rex l’avvocato Maurizio G. Ruggiero, presidente dell’associazione Sacrum Imperium, interviene sul ruolo dello Stato, giudicando “immorale la creazione di parchi dell’amore o di quartieri a luci rosse, che incentivano e non limitano il fenomeno, costituendo un adescamento aggravato”.

 

Club privé vs. case chiuse

Monica Ciccolini, Consigliere Regionale del Lazio per il centrodestra tra il 1995 e il 2000, interviene sull’argomento. Nell’articolo di Lazzaro Claudio Case chiuse. Pro e contro, pubblicato sul “Corriere della Sera” il 10 ottobre 1996, se ne leggono le dichiarazioni all’alba di due comitati organizzati da AN per raccogliere firme contro la prostituzione. A proposito del comitato da lei guidato, la proposta è quella di “togliere la prostituzione dalle strade e renderla lecita all'interno di club privati, proprio come a Parigi. Ho trovato appoggio anche a sinistra e chiederò, con spirito pragmatico, l’aiuto di tutti i politici disposti a collaborare”.
La Ciccolini si dice però contraria all’ipotesi di concentrare la prostituzione in quartieri “a luci rosse”. “Le famiglie che già abitano il quartiere farebbero le barricate”.
Proprio in merito a tale dissenso, La Ciccolini si esprime sulla proposta di legge presentata dall’Onorevole Teodoro Buontempo (deputato per Alleanza Nazionale e poi per La destra) nell’aprile del 1994, proposta che prevedeva la riapertura delle “case chiuse”: "Roba vecchia. […] Lui vuole la riapertura delle case chiuse. Il ghetto. Io penso piuttosto a una rete di night club”.

 

Buontempo: limitare la prostituzione

Nel suo discorso di presentazione della proposta di legge Nuove norme per la prostituzione alla Camera dei Deputati del 2 luglio 2001 (disponibile on line sul sito della Camera), l’Onorevole Teodoro Buontempo (AN) chiarisce la propria posizione, dicendosi sfavorevole alla prostituzione esercitata in quartieri o zone “a luci rosse”, in quanto tale soluzione rappresenterebbe un “modo ipocrita di allontanare il fenomeno dall’occhio del benpensante e dalle strade più trafficate. […] [Semmai] si deve limitare la sessualità mercenaria al mondo degli adulti e di coloro che intenzionalmente vi si rivolgono, come prestazioni rese da un lavoratore autonomo. Le finalità di questo progetto di legge sono quelle di limitare la prostituzione a luoghi non aperti o esposti al pubblico, a cui si possa fare una pubblicità la più limitata possibile. Si prevedono delle pene per l’esercizio della prostituzione in luoghi aperti al pubblico o esposti al pubblico, per la pubblicità che vada oltre i ben noti annunci ‘A.A.A.’ e pene, che non saranno mai sufficientemente severe, per chi coinvolge nella prostituzioni minori di anni diciotto”.

 

Roma e la “prostituzione dilagante”

Contrario alla proposta di istituire quartieri a luci rosse del Sindaco di Roma Ignazio Marino è l’Onorevole Dario Rossin (Forza Italia), che nell’intervento Prostituzione, Rossin (FI) “Marino ormai sindaco hippy”, pubblicato il 22 maggio 2014 sul proprio sito, afferma: “Dopo l’apertura alle droghe leggere, sì anche ai quartieri a luci rosse: il sindaco hippy Marino crede proprio di vivere in una comune. Non offre soluzioni alla prostituzione dilagante che costringe abitanti di interi quartieri a chiudersi in casa per non assistere a scene hard sotto le proprie finestre, come a Tor Fiscale, esprime la sua personalissima idea su una questione su cui fortunatamente non ha poteri, mentre sui problemi verso cui dovrebbe intervenire come pulizia e degrado della città tace miseramente”.

Contrario alla proposta anche il vicepresidente dell’Assemblea Capitolina, Giordano Tredicine. Nell’articolo Prostituzione, il sindaco: “Favorevole a quartieri a luci rosse”, pubblicato su “La Repubblica” il 22 maggio 2014, ne vengono riportate le dichiarazioni: “Scusi sindaco, quali sarebbero le fortunate zone della città che, se avesse facoltà di legiferare in tema di prostituzione, intenderebbe valorizzare disseminandone le strade di prostitute? Meno male che, almeno in questa materia, lei non abbia facoltà di intervenire. Come sindaco avrebbe, invece, la facoltà, oltre che il dovere, di contrastare la prostituzione che come lei stesso ha osservato giustamente ‘è dilagante’. Ha solo omesso di aggiungere ‘da quando io sono il sindaco di Roma’”.

Ancora Tredicine, le cui affermazioni vengono riportate nell’articolo di Diego Amicucci Prostituzione: Tredicine, progetto Andrea Santoro non è consentito dalla leggeTredicine, progetto Andrea Santoro non è consentito dalla legge, pubblicato sul sito dell’agenzia “Agenparl” il 24 settembre 2014, contesta l’appoggio alla proposta di Marino da parte del Presidente del IX Municipio di Roma, Andrea Santoro: “A distanza di quattro mesi esatti dalla sparata di Marino che aveva proposto, durante una trasmissione radiofonica, l’istituzione nella nostra città di quartieri a luci rosse, non possiamo che rimanere nuovamente allibiti di fronte a quanto annunciato oggi dal presidente del IX Municipio Andrea Santoro. E lo stupore, questa volta, è ancora più grande. A differenza di Marino, infatti, a cui bisogna dare atto di essersi limitato ad una semplice esternazione, sicuramente infelice e poco opportuna, Santoro si è spinto al di là del confine che divide la libertà di pensiero da quella di azione realizzando, nonostante questo sia in netto contrasto con le leggi italiane, addirittura un progetto ufficiale già al via da oggi ed avente come oggetto l’istituzione, all’interno del territorio del IX Municipio, di ‘isole’ in cui l’esercizio della prostituzione sia tollerato. Al di là dell’aspetto etico che è sicuramente controverso e che evidentemente non ha impedito al presidente del municipio di procedere, ciò che lascia basiti è il fatto che Santoro e la sua Giunta pensino sia sufficiente la loro tolleranza per attuare un provvedimento contrario alle leggi dello Stato. […] È vero, infatti, […] che il codice penale non sanziona la prostituzione ma solo lo sfruttamento ed il favoreggiamento, ma come altrimenti si potrebbe chiamare se non favoreggiamento il consentire la prostituzione in determinate zone? Santoro sostiene che lo zoning sia stato sperimentato in tante altre città italiane, ma omette di aggiungere che fino ad oggi tutti i provvedimenti emanati dai singoli Comuni sono sempre stati bocciati per incostituzionalità, perché le ordinanze dei sindaci non sono sufficienti per ordinare questa materia. Figuriamoci quelle dei presidenti dei municipi. Dispiace, inoltre, constatare che siano stati coinvolti nel progetto di Santoro anche alcuni referenti del progetto Roxanne. Il progetto Roxanne era nato per aiutare le donne vittime della tratta ad uscire dalla strada non certo per agevolarle nell’esercizio la prostituzione. Per tali ragioni, presenterò un’interrogazione urgente al sindaco e all’assessore Cutini”.

Contraria al quartiere “a luci rosse” anche Irene Ciambezi, Responsabile di una delle 16 Unità di strada antitratta dell’Associazione Giovanni XXIII, che nell’intervista di Chiara Santomiero Comprare il corpo di una donna offende la dignità umana, pubblicata il 29 ottobre 2014 sul sito web “Aleteia”, afferma: “L’Associazione Papa Giovanni ripete da tempo che nessuna forma reale di controllo e nemmeno un’azione efficace contro il racket è possibile con la cosiddetta zoning della prostituzione, cioè la concentrazione in aree delimitate. Né dalle forze dell’ordine, né da parte dai servizi sociali e sanitari. Dal 2000 in Italia è attiva una politica di riduzione del danno che ha un approccio sanitario verso le persone che sono prostituite, ma non vediamo alcun miglioramento della situazione. Anzi, il fenomeno prostitutivo si modifica sempre più e il racket riesce tranquillamente – purtroppo – a gestire la notte delle nostre strade che non sono più strade dei cittadini, ma della criminalità. L’intervento delle forze di polizia non è abbastanza efficace per far emergere le situazioni di sfruttamento e le donne sono terrorizzate, controllate, plagiate così che difficilmente riescono ad arrivare alla denuncia. Ci sono dei dati precisi che lo indicano. Pensiamo che ‘recintare’ il fenomeno non produrrebbe nessun miglioramento, anzi metterebbe ancora più a rischio la possibilità da parte delle donne di uscire da queste situazioni. Chi ne trarrebbe vantaggio, oltre al racket, sarebbe in realtà il cliente che per noi è complice dello sfruttatore e altrettanto colpevole”.