Un altro grave limite imputato alla manovra è l’affidamento a coperture finanziarie incerte e temporanee, che solleva dubbi sulla tenuta dei conti negli anni successivi e rivela una mancanza di programmazione strutturale. Bankitalia e Ufficio Parlamentare di Bilancio, nelle loro analisi, hanno sottolineato come il governo non abbia fornito dettagli sufficienti sulle coperture di molte misure, limitandosi a indicazioni generiche. In effetti, una quota significativa delle risorse deriva da operazioni una tantum: secondo i calcoli dell’Osservatorio CPI, circa “il 48% delle coperture (7,3 miliardi) è di natura temporanea”, proveniente essenzialmente dalla rimodulazione del PNRR e da nuove tasse straordinarie sul settore finanziario. Questo significa che quasi metà dei fondi per il 2026 non saranno disponibili negli anni seguenti, mentre le spese finanziare – taglio IRPEF, aumento stipendi pubblici, nuove assunzioni, riduzioni fiscali permanenti – continueranno a pesare sul bilancio. Tale impostazione è considerata poco lungimirante e potenzialmente pericolosa: “coperture temporanee per spese permanenti” è, secondo l’analisi de L’“Europeista”, un meccanismo che “lascia una domanda aperta sulle coperture future”. In altre parole, il governo sta rinviando il problema: oggi usa fondi una tantum, ma nel 2027-28 o taglierà quei benefici o dovrà trovare nuove entrate (magari con nuove tasse o tagli). Non è un caso che Bankitalia abbia raccomandato espressamente di “limitare gli incrementi di spesa o le riduzioni di entrate temporanee”, proprio perché questi interventi “hanno effetti solo transitori” e aumentano il livello del debito senza risolvere nulla in modo stabile. Un esempio lampante è l’utilizzo del PNRR: la manovra “libera” 5,1 miliardi rimodulando progetti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (di fatto spostando avanti alcune spese), ma ciò implica meno investimenti oggi e nessuna garanzia di risorse domani. Un’altra fonte critica è il contributo richiesto al settore bancario: il governo prevede di incassare circa 4,4 miliardi nel 2026 da banche e assicurazioni tramite l’IRAP e altre misure. Ma diversi economisti e la stessa Banca d’Italia hanno notato che questa stima è ottimistica e incerta: dipende, ad esempio, dal fatto che le banche decidano di avvalersi di una norma che consente di liberare riserve pagando un’imposta agevolata. “Il rischio che queste risorse non arrivino c’è sempre”, ha ammesso il ministro Giorgetti, dato che molto è lasciato alla convenienza delle banche stesse. Inoltre, tale contributo è per definizione limitato nel tempo: come riconosce il governo, “non c’è una tassazione sugli extraprofitti” continuativa, bensì un mix di misure, alcune delle quali (ad esempio, l’allungamento delle deduzioni su crediti deteriorati) hanno un effetto solo congiunturale. Questo alimenta il timore che, già dal 2025-26, possano aprirsi buchi di bilancio se le entrate straordinarie non si materializzeranno appieno o se, come è probabile, verranno meno negli anni successivi. L’UpB ha segnalato che lo spazio di bilancio 2026-27 è usato quasi per intero, riducendo i cuscinetti in caso di shock economici. Ciò significa che la minima deviazione (una recessione tecnica, un rialzo imprevisto dei tassi) potrebbe far sballare i conti e costringere a manovre d’urgenza. Un’altra critica riguarda la scarsa trasparenza e chiarezza su varie questioni: Bankitalia ha lamentato che il documento programmatico non fornisce importi in euro per diverse componenti della spesa netta, rendendo difficile verificare il rispetto del percorso europeo. In mancanza di dettagli, cresce il sospetto che alcuni importi siano sottostimati o poco realistici. Ad esempio, il governo ha stanziato un fondo one-shot di 2 miliardi (0,09% PIL) per eventuali rimborsi da cause perse, ma la stessa Banca d’Italia stima che solo il rimborso alle banche per la sentenza UE sui dividendi potrebbe costare intorno a 3 miliardi. Se queste stime prudenti si riveleranno insufficienti, saranno nuovi problemi per i conti pubblici. Analogamente, la decisione di includere gli aumenti di spesa per la Difesa solo in futuro (forse attivando la “clausola di salvaguardia” UE) viene vista come un rinvio poco onesto: l’UpB calcola che, se attuati, quegli aumenti porterebbero il debito/PIL 2031 a 1,7 punti in più rispetto allo scenario base. In sintesi, per il fronte contrario la manovra 2026 è costruita su basi fragili: troppe entrate una tantum, stime ottimistiche e trucchi contabili. “Si tira a campare”, ha chiosato un editorialista, aggiungendo che “hanno provato a nascondere la polvere sotto il tappeto” anche stavolta. La Banca d’Italia ha parlato esplicitamente di “lacune informative” e ha chiesto coperture “certe” e non aleatorie. L’UpB ha smontato quella che definisce “propaganda del governo” sui saldi, facendo emergere che nel 2026 la manovra avrà impatto negativo sul PIL, secondo i modelli econometrici indipendenti. Insomma, i critici temono che questa Legge di bilancio sia miope, focalizzata sul far quadrare l’anno prossimo senza preoccuparsi degli anni a venire.
Madeleine Maresca, 6 novembre 2025