Alcuni discutono sull’utilità effettiva della guida autonoma come soluzione ai problemi della mobilità. Urbanisti ed esperti di trasporti sostengono che gli AV potrebbero addirittura peggiorare certe criticità anziché risolverle e che l’attenzione quasi esclusiva su di essi stia distogliendo risorse da interventi più efficaci. Uno dei timori è quello di una possibile maggiore congestione urbana: se i robotaxi o le auto private autonome offrissero viaggi più confortevoli (perché si lavora o ci si riposa durante il tragitto), molte persone potrebbero accettare di fare spostamenti più lunghi o usare ancora di più l’auto invece dei mezzi pubblici. Ciò aumenterebbe il numero di veicoli-km percorsi (il cosiddetto VMT, vehicle miles traveled), aggravando traffico ed emissioni. Inoltre, un’auto autonoma senza passeggeri potrebbe essere inviata a circolare a vuoto e si creerebbe del traffico di veicoli che percorrono strade senza trasportare nessuno. Un modello del DOE americano (Depart. of Energy) ipotizza che in uno scenario di ampio uso di robotaxi privati il VMT (miglia percorse dai veicoli) possa aumentare fino al 20%. Questo vanificherebbe parte dei benefici attesi in fluidità e ambiente. Un altro punto è: se le città si riempiranno di robotaxi low-cost, potrebbe calare l’utilizzo del trasporto pubblico (bus, metro), che è invece la modalità più efficiente in assoluto per ridurre traffico e inquinamento. “Xataka”, rivista spagnola di tecnologia, nota che in Europa alcuni esperti temono che i robotaxi privati possano competere col trasporto pubblico, specie nelle ore di morbida, portando a un’ulteriore “auto-dipendenza” anziché a città meno auto-centriche. Inoltre, l’idea di “auto autonoma per tutti” potrebbe stimolare ancora di più la dispersione urbana: se non devo guidare, potrei abitare più lontano dal lavoro e farmi anche 2 ore di pendolarismo dormendo in auto. Ma questo significherebbe consumo di suolo extra e distanze medie più grandi: scenari che i pianificatori urbani vedono in modo negativo. Alcuni studiosi sostengono che puntare su flotte autonome condivise (tipo roboshuttle e minibus a guida autonoma integrati al trasporto pubblico) potrebbe mitigare questi effetti, ma se prevalesse il modello auto privata autonoma, le città potrebbero diventare ancora più congestionate di veicoli. C’è poi l’aspetto delle priorità di investimento: i critici affermano che la guida autonoma è un “bellissimo giocattolo” su cui però si stanno convogliando enormi risorse (oltre 100 miliardi di dollari investiti globalmente finora, con risultati ancora incerti) mentre misure più semplici e immediate per la sicurezza e la mobilità restano sottofinanziate. Ad esempio, migliorare le infrastrutture (manto stradale, illuminazione), potenziare piste ciclabili e marciapiedi, implementare città 30 km/h, educare meglio i conducenti umani e rafforzare i controlli contro la guida in stato di ebbrezza, sono tutti interventi che potrebbero ridurre subito incidenti e vittime. Questi interventi ricevono in confronto briciole di attenzione. L’auto autonoma, in questa prospettiva, non risolve il problema fondamentale: continuerebbe a privilegiare il modello dell’auto individuale, con tutti i limiti di inefficienza energetica e spaziale che ha, solo rimpiazzando l’autista con un algoritmo. Per alcuni, sarebbe più auspicabile ridurre il numero di auto tout court (attraverso il car sharing, città orientate ai pedoni ecc.) che renderle robot. Inoltre, c’è il rischio che i benefici degli AV (meno incidenti) possano generare effetti controintuitivi: ad esempio, se guidare diventa molto più sicuro, le normative su casco e cinture potrebbero allentarsi, o le persone potrebbero distrarsi ancora di più in auto (nel caso di sistemi semi-autonomi). Questo potrebbe portare a nuovi incidenti in un circolo vizioso durante la transizione. Infine, i critici fanno notare che finché la flotta circolante non sarà quasi interamente autonoma (cosa che potrebbe non avvenire prima di parecchi decenni), non si vedrà un cambiamento tangibile nelle statistiche aggregate di sicurezza ed emissioni. Nel frattempo, però, potremmo aver trascurato soluzioni low-tech più efficaci. La guida autonoma rischia di essere un “falso idolo” della mobilità futura: promette molto ma potrebbe aggravare problemi come traffico e consumo energetico se non gestita benissimo. Inoltre, ha distolto attenzione e fondi da interventi di provata utilità (trasporto pubblico, ciclabilità, riduzione auto private). Meglio dunque essere prudenti e non farsi incantare dalla narrazione futuristica.
Nina Celli, 31 ottobre 2025