Chi è favorevole alla guida autonoma spesso richiama una visione progressista e pragmatica: la tecnologia AV è un passo evolutivo inevitabile nel trasporto, tentare di bloccarla per paura significherebbe perdere vite e benessere potenziali. Questa tesi critica le posizioni “neo-luddiste” o iper-precauzionali sottolineando i costi dell’inazione. Ogni anno di ritardo nell’implementazione su larga scala degli AV equivarrebbe a mantenere lo status quo di mortalità e incidentalità altissime dovute alla fallibilità umana. Jennifer Huddleston del Cato Institute, ad esempio, attacca la proposta del senatore Hawley di vietare i camion autonomi definendola “una linea di pensiero pericolosa” perché ignora la realtà dei 40k morti annui sulle strade USA: “Hawley ha quasi capovolto la verità: sono gli umani, non l’AI, ad aver dimostrato di essere pericolosi alla guida”. Questa corrente di pensiero invita a guardare i dati reali invece delle paure ipotetiche: quasi tutti gli incidenti sono causati da errori umani, quindi, “tenere gli umani al volante”, come auspicano i critici, significa mantenere un livello di pericolo sistemico molto più alto di quello che potrebbero avere le macchine. In altri termini, i fautori sostengono che il rifiuto della tecnologia costa vite. L’ottimismo verso gli AV è alimentato anche dalla constatazione dei progressi tangibili: aziende come Waymo, Cruise, Baidu stanno accumulando milioni di km di test e stanno iniziando a offrire servizi commerciali, segno che la tecnologia sta maturando e che l’era dell’auto autonoma “non è fantascienza ma realtà imminente” (ad esempio, Waymo offre già circa l’8% delle corse taxi giornaliere a San Francisco, avvicinandosi al punto di svolta per un’adozione massiva). Di fronte a ciò, cercare di arrestare lo sviluppo con divieti normativi o eccessivi ritardi rischia solo di far perdere al proprio Paese il treno dell’innovazione e “cedere la leadership ad altri”. Gli Stati Uniti vedono la Cina avanzare rapidamente: Pechino ha autorizzato numerose case auto a testare sistemi altamente autonomi dal 2024 e prevede un’adozione in un’auto su cinque entro pochi anni. La concorrenza internazionale è citata come un imperativo: “Siamo in una corsa con la Cina e la posta in gioco non potrebbe essere più alta”, ha dichiarato il Segretario ai Trasporti USA introducendo le nuove politiche pro-AV. In Europa, Paesi come la Germania e il Regno Unito stanno investendo per non rimanere indietro, ad esempio predisponendo normative per i primi servizi di navette autonome entro il 2026-2027. Ignorare questa dinamica significherebbe non solo perdere un vantaggio tecnologico ed economico, ma anche importare in futuro tecnologie sviluppate altrove, con minor controllo. Infine, i sostenitori vedono la guida autonoma come parte di un progresso più ampio e inevitabile nella digitalizzazione dei trasporti. Come l’introduzione delle cinture di sicurezza o degli airbag in passato incontrò resistenze ma si rivelò fondamentale, allo stesso modo gli AV rappresentano l’evoluzione naturale dell’auto nell’era dell’AI. Rallentarne lo sviluppo significherebbe rinunciare a un futuro di strade più sicure e mobilità più efficiente per il timore di problemi risolvibili. In questa prospettiva, la società dovrebbe essere entusiasta e supportare la sperimentazione in modo da superare più rapidamente i limiti attuali. Ogni incidente dei prototipi è un’occasione di miglioramento dell’AI, col tempo la tecnologia diventerà più affidabile.
Nina Celli, 31 ottobre 2025