I fautori della guida autonoma sostengono che il beneficio principale e immediato sarà una sicurezza stradale enormemente migliorata, grazie all’eliminazione dell’errore umano dalle dinamiche di guida. Ogni anno, oltre 1,3 milioni di persone muoiono nel mondo in incidenti d’auto. Solo negli Stati Uniti le vittime sono più di 40.000 all’anno, di cui la stragrande maggioranza attribuibile a comportamenti umani scorretti (distrazione, eccesso di velocità, guida in stato di ebbrezza ecc.). A differenza di un essere umano, un veicolo autonomo non si distrae, non si stanca, non si mette alla guida ubriaco e rispetta sempre il codice della strada. Questa coerenza potrebbe prevenire gran parte degli incidenti comuni dovuti a reazioni errate o ritardi umani. Gli algoritmi possono elaborare in tempo reale i dati di molteplici sensori (telecamere, radar, LiDAR) e reagire in millisecondi a pericoli che spesso i riflessi umani colgono troppo tardi. Diversi studi supportano queste affermazioni: in un test citato su “Nature Communications” (2024), i veicoli dotati di ADAS avanzati hanno mostrato probabilità di incidente significativamente inferiori rispetto ai veicoli guidati da umani in scenari simili. Anche dalle sperimentazioni sul campo arrivano segnali incoraggianti: Waymo, la divisione di Google per la guida autonoma, ha percorso oltre 70 milioni di miglia su strade pubbliche senza un conducente umano al controllo. Secondo i dati di sicurezza diffusi dall’azienda, i suoi veicoli hanno ridotto il tasso di incidenti del 78% rispetto alla guida umana tradizionale, considerando varie categorie di sinistri (urti tra veicoli, investimenti di pedoni e ciclisti ecc.). Proiettando queste performance su scala nazionale, ciò equivarrebbe a salvare almeno 30.000 vite ogni anno solo negli Stati Uniti. Anche l’Istituto Superiore di Sanità italiano concorda sul potenziale: rileva che la “grande maggioranza” degli incidenti gravi è dovuta a infrazioni umane (velocità, distrazione, mancato rispetto delle regole, alcol, droghe) e che quindi l’automazione potrebbe abbattere drasticamente quei rischi comportamentali. Gli esperti evidenziano inoltre che i sensori delle auto robotiche hanno un campo di percezione a 360° e possono “vedere” di notte o con lieve nebbia meglio dell’occhio umano, aumentando la sicurezza in condizioni critiche. Eliminare il fattore umano significa anche evitare comportamenti volutamente pericolosi: un’AI non farà gare di velocità al semaforo, non “taglierà la strada” in sorpasso né guiderà mandando messaggi col cellulare. In sostanza, le auto autonome offriranno un trasporto più sicuro per tutti gli utenti della strada – automobilisti, pedoni e ciclisti – rendendo gli incidenti rari al punto che ogni evento farà notizia proprio per la sua eccezionalità. I sostenitori paragonano l’introduzione massiccia degli AV a una sorta di “vaccino” contro la pandemia degli incidenti stradali: un intervento tecnologico in grado di prevenire un’enorme quota di morti e feriti che oggi consideriamo fatalisticamente inevitabili. Per questo considerano eticamente doveroso accelerare la transizione verso la guida autonoma: rinunciarvi o ritardarla significherebbe accettare migliaia di decessi evitabili ogni anno. Le iniziali preoccupazioni per alcuni episodi negativi – come l’incidente mortale Uber del 2018 o il caso Cruise del 2023 – vanno contestualizzate nella fase sperimentale; col maturare della tecnologia e un adeguato quadro regolatorio, i pro prevedono che le auto robot potranno fornire una sicurezza superiore a quella della media dei guidatori umani, innescando un calo storico della mortalità stradale.
Nina Celli, 31 ottobre 2025