Per i contrari alla teoria del complotto, l’11 settembre non fu altro che ciò che sembra: un devastante attentato terroristico compiuto da al-Qaida, sfruttando le vulnerabilità occidentali. Le prove della responsabilità di Osama bin Laden e soci sono schiaccianti e ben documentate, mentre non esiste alcuna prova concreta di un coinvolgimento occidentale. Le indagini ufficiali, condotte da FBI, CIA e commissioni parlamentari, hanno ricostruito la trama in modo capillare: 19 terroristi islamisti (quasi tutti originari dell’Arabia Saudita, membri della cellula di Khalid Sheikh Mohammed) si infiltrarono negli USA, si addestrarono su simulatori di volo e attuarono il piano suicida. I loro nomi erano sui manifesti di imbarco, le loro facce sulle telecamere di sorveglianza in aeroporto, le loro voci nelle registrazioni dalle cabine di pilotaggio. Vi furono anche le rivendicazioni di al-Qaida: già nel 2002 venne diffuso un video in cui bin Laden allude compiaciuto agli attacchi e nel 2004 lo stesso leader, in un messaggio pubblico, rivendicò esplicitamente l’11/9, spiegandolo come ritorsione per le politiche USA in Medio Oriente. Dunque, l’autore ideologico si è pure auto-identificato. I complottisti scartano questi elementi come falsificazioni, ma allora dovrebbero spiegare come mai gli affiliati catturati di al-Qaida (KSM e altri) avrebbero confessato dettagli del piano in sedi processuali. A livello di intelligence, inoltre, sappiamo che furono intercettati messaggi di esultanza in ambienti jihadisti immediatamente dopo gli attacchi e che fonti collegate ad al-Qaida ne parlarono come di un proprio successo. L’attribuzione ad al-Qaida, lungi dall’essere precipitosa, fu corroborata da evidenze convergenti: tracce finanziarie (bonifici da agenti di bin Laden ai dirottatori), tracce elettroniche (e-mail, navigazioni web dei terroristi collegati a siti islamisti), testimonianze di complici arrestati ecc. Nulla di simile è mai emerso a carico di CIA, Mossad o altri attori “interni”. Gli esperti fanno inoltre notare che la matrice jihadista combacia perfettamente con il contesto storico: al-Qaida aveva già compiuto attentati contro obiettivi americani (embassies nel 1998, USS Cole nel 2000) e l’11/9 fu l’apice di una campagna terroristica in corso. Pensare che dietro ci fosse invece l’Occidente richiede di ignorare tutti i segnali pregressi, come se al-Qaida non fosse mai esistita se non come fantoccio. Gli analisti militari sottolineano anche che, se fosse stata un’operazione orchestrata dagli USA, difficilmente sarebbero stati scelti 19 esecutori arabi (rischio alto di errori); avrebbero potuto inscenare un attacco più pulito (ad esempio una bomba nucleare rubata), invece di orchestrare quattro dirottamenti simultanei sperando che tutto andasse come previsto. La spiegazione più lineare è che fu un’operazione nemica, approfittando del fattore sorpresa e della impreparazione delle difese americane di fronte a quell’inedito scenario. Le presunte “stranezze” della risposta USA sono in realtà ben spiegabili: perché i caccia non hanno intercettato? Perché nessuno si aspettava di dover abbattere aerei di linea pieni di civili. Fino all’11/9, la procedura standard nei dirottamenti era di assecondare i dirottatori e contrattare; si era addirittura smantellato in parte il dispositivo di allarme aereo dopo la Guerra Fredda. Quella mattina, i controllori di volo tardarono a capire che i transponder spenti non erano semplici guasti ma segni di dirottamento. Quando fu chiaro, i caccia decollati non fecero in tempo a raggiungere gli obiettivi. Nessun piano segreto, dunque: solo errore umano e mancanza di protocolli adatti. Allo stesso modo, altre anomalie addotte dai complottisti trovano spiegazioni logiche: il passaporto di un terrorista rinvenuto tra le macerie – per quanto fortuito, non è impossibile (sopravvivono documenti leggeri in molti disastri aerei, trasportati dall’onda d’urto); gli insider trading sui titoli aerei prima dell’11/9 – indagati dall’SEC – si rivelarono frutto di coincidenze o movimenti innocenti (nessun collegamento coi terroristi fu trovato). Insomma, “correlation is not causation”: i complottisti collegano punti che in realtà non hanno nesso causale. Le commissioni d’inchiesta hanno ammesso errori e omissioni colpose da parte di CIA e FBI (che non condivisero informazioni vitali prima dell’11/9), ma nulla di intenzionale: semplice burocrazia e sottovalutazione del pericolo. Da queste falle i teorici del complotto costruiscono castelli di malizia, ma senza basi solide. In conclusione, la tesi ufficiale, che l’11 settembre fu un attacco terroristico riuscito, figlio di fanatismo e sottostima del nemico, resta l’unica che regga all’analisi. Come ha sottolineato un fact-checker, in due decenni i complottisti “non sono riusciti a fornire una versione alternativa valida” rispetto a quella da loro chiamata “versione ufficiale”. Il movente di al-Qaida era chiaro, i mezzi impiegati noti, le responsabilità accertate in tribunale. Dietro non c’è alcun Occidente ombra: solo la cruda realtà di un attacco riuscito da parte di un gruppo terrorista e il successivo comprensibile (ma non giustificato) bisogno, per alcuni, di negare che una superpotenza possa essere stata colpita così duramente da nemici asimmetrici. La storia, tuttavia, conferma proprio questo: il 9/11 fu un “evento epocale e sconvolgente” ma non una cospirazione governativa.
Nina Celli, 24 ottobre 2025