Un altro pilastro delle argomentazioni pro è che l’enfasi sulla matrice politica monocausale (cioè, “omicida di sinistra plagiato dall’odio anti-MAGA”) sia fuorviante e non tenga conto della complessità del caso. Gli osservatori evidenziano come emergano dettagli significativi che non combaciano con la lettura riduttiva offerta dalla destra. In particolare, l’assassino Tyler Robinson appare un individuo radicalizzato in ambienti online fringe più che un militante organico di sinistra. Il governatore Cox ha rivelato che Robinson proveniva da famiglia conservatrice e solo di recente “aveva sviluppato idee di sinistra”, trascorrendo molto tempo nei “dark corners” di internet. Inoltre, sono state trovate sulle cartucce da lui utilizzate delle scritte bizzarre: frasi goliardiche (“Catch, fascista!”) e riferimenti nerd (come il codice di un videogame e la scritta Bella ciao). Questi graffiti non esprimono un chiaro messaggio politico partigiano, bensì richiamano il linguaggio provocatorio delle sottoculture online (forum di gamer, ambienti furry ecc.). “Agenda Digitale” sottolinea che quei bossoli sembrano “meno un segno di affiliazione politica e molto più un segnale che l’assassino stava molto online”. Anche il governatore Cox ha notato la “memeification” dell’atto criminoso: simboli e meme mescolati alla violenza reale. Questo suggerisce che dietro il gesto di Robinson vi sia un substrato di estremismo liquido e digitale, non facilmente riconducibile alle categorie tradizionali destra/sinistra. L’analisi socioculturale supporta questa tesi. “Linkiesta” parla esplicitamente di “terrorismo memetico” per descrivere il caso: i riferimenti trovati sulle armi (Helldivers 2, Far Cry 6, codici ASCII) indicano che l’assassino attingeva a “sottoculture di Reddit, 4chan e simili”, dove politica, trollate e iconografia pop si fondono. Un fenomeno già visto con lo stragista di Christchurch (che citava meme e youtuber nel suo manifesto) e che prosegue oggi: “l’assassino di Kirk segue lo stesso modus operandi”, scrive Antonio Pellegrino. Dunque, l’atto sarebbe espressione di un radicalismo spurio, più vicino a trend nichilisti, ironici e violenti del web che a un’ideologia coerente di sinistra. Questa lettura trova riscontro anche nella prudenza iniziale del governatore Cox: sebbene avesse confermato le simpatie “leftist” di Robinson, Cox ha chiarito che “non abbiamo ancora un movente definito” e che potrebbe trattarsi anche solo di un “lunatico isolato”. Inoltre, si nota che i gruppi bersaglio del furore di Robinson non sembrano limitarsi ai conservatori. Oltre a Kirk, il giovane aveva manifestato rancore anche verso i furry (subcultura di appassionati di animali antropomorfi) e frequentava ambienti estremisti difficilmente etichettabili secondo le dicotomie classiche. Ciò suggerisce un profilo complesso: forse un soggetto socialmente alienato, immerso in “bolle” radicali online dove coesistono elementi anti-establishment, nichilismo, trasgressione e riferimenti pop. Non è un caso che la destra abbia subito semplificato definendo Robinson “un estremista antifa”, ma col passare dei giorni sono emerse interpretazioni più sfumate. “Agenda Digitale”, per esempio, commenta: “Più passano le ore, maggiore è la consapevolezza che l’omicidio di Kirk potrebbe avere poco a che fare con la politica”. Se così fosse, l’intera narrazione di vendetta politica a sfondo ideologico crollerebbe, rivelando la strumentalità di chi l’ha abbracciata. Concentrarsi ossessivamente sulla matrice politica significa anche distrarre dalle vere criticità che il caso evidenzia. Il dibattito odierno ignora questioni fondamentali: ad esempio, come contrastare la radicalizzazione violenta online? Qual è stato il percorso psichiatrico e sociale di Tyler Robinson? Ci sono falle nella sicurezza agli eventi pubblici? Tutto questo passa in secondo piano di fronte al clamore partigiano. Si rischia di “guardare il dito e non la luna”. “Linkiesta” fa notare che l’omicidio Kirk è “solo una specifica declinazione di un fenomeno” più ampio – l’estremismo individuale che nasce dallo shitposting e dalle bolle web – un fenomeno che “va avanti da più di un decennio” e non si esaurisce certo nella contrapposizione MAGA vs Antifa. Allo stesso modo, gli esperti di terrorismo domestico evidenziano come negli ultimi anni atti violenti analoghi siano stati compiuti da soggetti con profili ideologici ibridi (si pensi all’assalto di Nashville 2023 o ad altri mass shooter con manifesti confusi). La lettura semplicistica “omicida di sinistra uccide attivista di destra” rischia quindi di falsare la diagnosi del problema, inducendo risposte inadeguate. Ad esempio: se si considera l’omicidio Kirk solo come effetto di un presunto “odio antifascista”, la soluzione proposta dalla destra è reprimere la sinistra radicale. Ma ciò risolverebbe l’estremismo? O trascurerebbe l’ampio sottobosco di violenza apolitica o cross-politica che cresce online? Questa narrazione monolitica fa comodo a chi vuole evitare introspezione. Se ogni colpa è della sinistra, i conservatori non sentono il bisogno di esaminare il proprio linguaggio o eventuali errori. Invece, una riflessione più onesta dovrebbe considerare che figure come Kirk erano amate ma anche fortemente divisive: le sue posizioni su armi, aborto, clima erano estreme e il suo stile volutamente provocatorio (come la serie di dibattiti Prove me wrong nei campus) ha polarizzato molti giovani. Ciò non giustifica in alcun modo la violenza, ma spiega perché Kirk avesse molti detrattori appassionati. Ignorare questo contesto e raffigurarlo solo come “santo innocente perseguitato dall’odio rosso” significa “cancellare le controversie che lo avevano accompagnato in vita”, come nota “Il Fatto Quotidiano”. Significa anche non chiedersi se talvolta la retorica incendiaria (di entrambe le parti) stia esacerbando animi fragili. Secondo i sostenitori di questa visione, la narrazione politicizzata di destra semplifica e distorce eclissando le vere cause e lezioni del caso Kirk. Questo omicidio – lungi dall’essere semplicemente un capitolo della guerra tra sinistra e destra – è un sintomo di problemi più complessi: la cultura dell’odio online, il disagio giovanile, l’estremismo liquido. Strumentalizzandolo in chiave partigiana, la destra non fa che “cercare un nemico facile” (come critica Nardella), mancando l’occasione di affrontare i nodi reali. Come ha scritto il conservatore Wright, “finora sembra l’azione di un singolo squilibrato… finché non sarà dimostrato il contrario, è l’unica cosa ragionevole da dire”. Dare invece per scontato un complotto ideologico dietro ogni tragedia è un atto di propaganda, non di verità. La vera prevenzione di futuri Charlie Kirk (sia come vittime che come possibili carnefici) passa per un’analisi onesta e approfondita – che l’attuale strumentalizzazione sta purtroppo soffocando sul nascere.
Nina Celli, 18 settembre 2025