I critici sostengono che l’omicidio di Kirk sia stato cinicamente usato dalla destra per rafforzare le proprie narrazioni, senza attendere fatti o indagini. Poche ore dopo la sparatoria, figure di spicco dell’area MAGA hanno immediatamente accusato “la sinistra radicale” come mandante morale, dipingendo Kirk come “martire” di uno scontro epocale tra bene e male politico. Questa reazione “a caldo” – secondo i favorevoli a questa tesi – rivela un chiaro intento politico: sfruttare l’emotività del momento per cementare il proprio fronte e delegittimare in blocco gli avversari. La premier italiana, Giorgia Meloni, ad esempio, ha subito inquadrato la vicenda come prova che “da che lato stanno la violenza e l’intolleranza”, cioè a sinistra. In Spagna, il leader di Vox Abascal ha trasformato il comizio in un “processo” alla sinistra, definendo l’omicidio Kirk “evidenza ripetuta” della violenza intrinseca dei progressisti. Secondo “L’Espresso”, Meloni e altri esponenti governativi hanno ridotto un problema complesso (il clima d’odio) a uno schema binario “noi contro voi”, alimentando la polarizzazione anziché favorire un’analisi seria. Questa strumentalizzazione è ritenuta spregiudicata: “Left” la definisce “campagna sull’omicidio” spinta fino alla “necrofilia politica”, poiché la destra “usa un cadavere come megafono” per fare consenso. Nel fare ciò, la destra avrebbe offuscato la verità e distorto i fatti. Si nota che fin da subito i propagandisti MAGA hanno dato per scontato un movente “di sinistra” pur in assenza di prove. L’ipotesi di un attentato orchestrato dalla sinistra radicale è stata trattata come assodata, quando le autorità stesse dichiaravano di “non conoscere ancora il movente” e cercavano un “person of interest” poi rilasciato. Questa certezza preconfezionata serve – secondo “Il Fatto Quotidiano” – a imporre una “inversione di causalità” utile alla politica di parte: per Trump, definire la retorica di sinistra “direttamente responsabile” dell’omicidio significa spostare la colpa dall’individuo criminale a una collettività astratta (i democratici). Un “sofisma tossico”, lo chiama Millimaggi, che “offusca la verità più che cercarla” e deresponsabilizza l’assassino. In pratica, la vittima Kirk viene santificata e posta su un piedistallo intoccabile, mentre i suoi oppositori politici vengono demonizzati in massa come correi morali dell’omicidio. Ciò crea un cortocircuito: “la scomparsa di una persona non cancella magicamente il suo percorso, idee o controversie”, e la morte di Kirk “non può assolverlo retroattivamente” né rendere sacre tutte le sue posizioni. Invece, la destra – secondo questi critici – sta sfruttando emotivamente la morte per imporre una narrazione di vittimismo e assoluzione totale: Kirk elevato a “leggenda” (Trump lo ha definito “The Great, Legendary Charlie Kirk”) e al tempo stesso la sua agenda esente da ogni discussione critica, come se la tragedia dovesse “congelare” ogni divergenza. “Si recita indignazione a comando, si cancella la realtà e si fabbrica il nemico” – scrive Giulio Cavalli – e alla fine “Meloni non parla di Kirk, parla di sé: usa un cadavere come specchio” per autocelebrarsi. I sostenitori di questa visione sottolineano anche l’ipocrisia insita in tale atteggiamento. Mentre la destra sovranista pretende unanime cordoglio per Kirk, la stessa solerzia non si è vista in casi analoghi che non tornavano utili politicamente. “The Daily Beast” ricorda che Trump ha ordinato bandiere a mezz’asta per Kirk ma non fece altrettanto, pochi mesi prima, per la democratica Hortman assassinata in Minnesota. Quando gli è stato chiesto conto di questa disparità, il presidente ha tergiversato, ammettendo di non aver contattato il governatore Walz perché sarebbe stato “tempo sprecato”. Un evidente doppio standard: certi omicidi “valgono” indignazione nazionale, altri vengono minimizzati. Questo criterio selettivo indebolisce la sincerità dell’allarme lanciato dalla destra. Inoltre – nota “La Discussione” – Trump e alleati hanno condannato con veemenza l’omicidio di Kirk come “violenza politica intollerabile” ma contestualmente hanno “ignorato gli atti violenti contro i democratici”, al punto che alcuni commentatori hanno accusato la Casa Bianca di strumentalizzare la tragedia per partigianeria. Che credibilità ha chi cita solo le violenze subìte dal proprio schieramento e omette deliberatamente quelle patite dagli avversari? Questa indignazione a senso unico suggerisce un uso strumentale più che un genuino intento di pacificazione. Ulteriore elemento addotto è il “rumore di fondo” complottista che la strumentalizzazione di destra ha fomentato. Gonfiare la vicenda in chiave ideologica ha finito per attirare tesi cospirative grottesche che però proliferano nell’ecosistema mediatico: Linkiesta riferisce di insinuazioni deliranti (come il “complotto giudaico” per sacrificare Kirk, accusando addirittura il governo israeliano) rilanciate perfino da una testata italiana di estrema destra. Pur essendo idee minoritarie e “avvilenti”, queste teorie trovano terreno fertile nel clima infiammato e polarizzato, andando a sommarsi alla generale distorsione. Secondo i critici, alimentare un “dibattito in due tronconi egemoni” contrapposti – patrioti vs odiatori – come osserva Pellegrino, ha spinto gli estremi di entrambe le parti a estremizzare ancora di più (da una parte i “martiri” e dall’altra il “se l’è cercata”). In sintesi, secondo questo punto di vista, l’omicidio Kirk non viene affrontato con serietà e unità per capirne le cause profonde e prevenire future violenze, ma viene immediatamente piegato alle esigenze propagandistiche di uno schieramento: viene brandito come “prova” per colpire l’avversario politico, seguendo un copione predefinito e convenientemente semplificatorio. Questa strumentalizzazione, a giudizio dei favorevoli, disonora la memoria della vittima, inganna l’opinione pubblica e peggiora il già precario equilibrio democratico. Fonti indipendenti e voci autorevoli hanno evidenziato proprio questo meccanismo. “Agenda Digitale” nota come le accuse alla sinistra di aver “istigato” l’omicidio siano partite immediatamente, persino in Italia, “prima facie” che si potesse conoscere il movente reale. “L’Espresso” riporta la denuncia di Nardella: invece di analizzare le cause del clima di violenza, Meloni ha preferito “cercare solo contrapposizione noi vs voi per alimentare odio”. “Left” parla di “bugia e indecenza” proprio riferendosi alla manipolazione politica di questa morte. “ISPI”, con la riflessione storica di Mario Del Pero, ricorda che Trump ha subito “gettato benzina sul fuoco” indicando un colpevole politico “prima ancora di conoscere il responsabile reale”, proseguendo così la pericolosa spirale di delegittimazione reciproca. Tutto ciò configura un pattern di strumentalizzazione evidente: un tragico fatto di sangue piegato a casus belli nella retorica partigiana, a scapito della verità fattuale e della ricerca condivisa di soluzioni.
Nina Celli, 18 settembre 2025