Quando si discute di salute pubblica, e in particolare della sicurezza delle tecnologie emergenti, è giusto chiedere maggiore attenzione per i soggetti più vulnerabili: bambini, anziani, persone con patologie. Ma è altrettanto necessario che questa attenzione si traduca in misure basate su dati concreti e verificabili, e non in azioni precauzionali disancorate dalla realtà scientifica. Nel caso del 5G, non esistono evidenze cliniche o epidemiologiche robuste che dimostrino un rischio differenziato per i soggetti fragili, se l’esposizione avviene entro i limiti stabiliti. Le normative attuali sono già pensate per tutelare tutta la popolazione, inclusi i più vulnerabili. L’ICNIRP, organismo indipendente che collabora con l’OMS, definisce i limiti tenendo conto di un ampio margine di sicurezza, solitamente 50 volte inferiore rispetto ai livelli in cui si osservano effetti biologici. Questo margine è stato introdotto proprio per coprire la variabilità interindividuale, compresa quella legata all’età, alla salute e alle condizioni ambientali. L’idea che “servano limiti specifici per i bambini” è comprensibile dal punto di vista emotivo, ma già inglobata nella progettazione dei limiti esistenti. Un esempio concreto è dato dal quadro normativo italiano. Fino al 2023, il valore di attenzione era fissato a 6 V/m, tra i più cauti d’Europa. La recente modifica normativa (Legge 214/2023) ha elevato questa soglia a 15 V/m, ancora nettamente inferiore al valore massimo ICNIRP di 61 V/m per le frequenze più usate nel 5G. Tuttavia, come confermato dalla Fondazione Ugo Bordoni, le misurazioni reali condotte sul territorio mostrano valori ampiamente inferiori anche al nuovo limite. Questo significa che i livelli effettivi di esposizione ambientale non rappresentano un pericolo concreto, né per adulti né per bambini. Tali preoccupazioni spesso nascono da interpretazioni fuorvianti di studi su animali o in vitro. Alcune ricerche hanno osservato effetti su ratti o su colture cellulari esposte a campi elettromagnetici, ma questi risultati non sono direttamente trasferibili all’uomo, come confermato anche dalla stessa mozione comunale di Finale Ligure: “I risultati su ratti non significano che siano validi per l’essere umano” — pur se usati per invocare il principio di precauzione. La mancanza di evidenze cliniche è confermata anche dalle più recenti analisi di esperti accademici. Il prof. Fabio Baronio dell’Università di Brescia, intervistato dal “Giornale di Brescia” nel 2025, ha affermato che “non ci sono prove che il 5G faccia male alla salute, e gli effetti a lungo termine, se esistono, saranno oggetto di monitoraggio, ma nulla indica oggi un rischio maggiore per i bambini”. Un altro studio fondamentale, condotto alla Constructor University e pubblicato su “PNAS Nexus”, ha esposto cellule epiteliali umane a onde 5G per valutare possibili danni genetici o epigenetici. Anche a livelli di esposizione 10 volte superiori ai limiti normativi, non sono emerse alterazioni rilevanti. Si tratta di un risultato importante, perché dimostra che le cellule umane non mostrano segni di vulnerabilità specifica alla frequenza e alla potenza tipica del 5G, nemmeno in scenari “estremi”. Inoltre, alcune fonti spesso citate per sostenere un effetto nocivo sullo sviluppo neuropsicologico, come i sintomi pediatrici riportati da siti commerciali (es. “Bodywell”), non sono verificabili, né basati su pubblicazioni peer-reviewed. In un contesto dove la disinformazione dilaga, soprattutto online, è essenziale distinguere tra opinioni, marketing e scienza verificata. Il timore che il 5G possa danneggiare in modo specifico i bambini o le persone fragili, dunque, non trova conferma nei dati scientifici disponibili. Questo non significa abbassare la guardia, ma piuttosto affidarsi al principio di proporzionalità: adottare misure giustificate dai fatti, non dall’emotività. Il vero pericolo, oggi, potrebbe essere la proliferazione di paure infondate che ostacolano l’accesso a tecnologie che, se ben regolamentate, possono migliorare l’inclusione, la medicina e la qualità della vita di tutti, vulnerabili compresi.
Nina Celli, 16 agosto 2025