Nel mondo iperconnesso in cui viviamo, la tecnologia 5G ha già iniziato a cambiare il nostro modo di comunicare, lavorare, perfino di curarci. Ma mentre l’attenzione pubblica si concentra su velocità di download e latenza ridotta, un altro aspetto, ben più delicato, passa spesso sotto silenzio: l’esposizione involontaria e cronica a campi elettromagnetici, soprattutto per i soggetti più vulnerabili. Bambini, donne in gravidanza, anziani e persone con patologie neurologiche o autoimmuni si trovano oggi immersi in un ambiente elettromagnetico sempre più denso, in cui il 5G introduce nuovi livelli di rischio non ancora adeguatamente valutati. Con la diffusione del 5G, il paradigma infrastrutturale è cambiato: non più poche torri potenti e distanti, ma migliaia di micro-antenne a corto raggio, collocate su edifici, semafori, pensiline. Ciò significa che l’esposizione è diventata ubiqua, anche per chi non usa direttamente un dispositivo. Questa densità — che per motivi tecnici è necessaria per sfruttare le bande ad alta frequenza — ha creato nuovi scenari espositivi in cui le persone, specialmente i bambini, non possono più “scegliere” di stare lontani dalle fonti. La scuola, la casa, i parchi giochi: nessun luogo è più “neutro”. Gli effetti di tale esposizione diffusa sono ancora oggetto di studio, ma le prime evidenze preoccupanti non mancano. Un articolo pubblicato nel 2025 su “Frontiers in Public Health” da Michael Weller et al. mostra che l’esposizione a campi RF, anche sotto i limiti, è associata a danni epigenetici e ossidativi in cellule cerebrali e riproduttive. I bambini, in particolare, sono più sensibili a causa della maggiore conduttività dei tessuti, della minore densità ossea e dello sviluppo cerebrale ancora in corso. Eppure, le attuali normative — sia quelle italiane che europee — non prevedono limiti differenziati per età o condizione fisiologica. Anche la revisione sistematica di “RF Safe Review” (2025) ha mostrato che l’86% degli studi sugli effetti biologici da RF segnala stress ossidativo, neuroinfiammazione e alterazioni cognitive. Questi effetti sono più marcati in soggetti giovani o fragili, e possono manifestarsi senza che vi sia un danno termico immediato. La soglia di attenzione basata solo sul SAR (tasso di assorbimento specifico) è insufficiente a cogliere le dinamiche cumulative e non lineari dell’esposizione reale. Un caso clinico documentato in Svezia e ripreso dalla stampa specializzata (Bodywell, 2025) descrive come l’attivazione di una nuova antenna 5G in un quartiere residenziale abbia coinciso con un’ondata di sintomi neurologici tra i bambini, tra cui disturbi del sonno, cefalee, irrequietezza e difficoltà di concentrazione. L’esposizione notturna è risultata essere il fattore critico, perché interferisce con i ritmi circadiani e con la produzione di melatonina, ormone fondamentale per il sistema immunitario e lo sviluppo neuropsicologico. In Italia, il tema è stato sollevato anche a livello istituzionale. La mozione approvata dal Consiglio Comunale di Finale Ligure nel 2025 chiede non solo il ripristino del limite prudenziale di 6 V/m, ma anche la creazione di un osservatorio epidemiologico regionale autonomo, capace di monitorare gli effetti sanitari su base territoriale, con particolare attenzione alla popolazione infantile e scolastica. L’evidenza scientifica, seppur in fase di consolidamento, mostra che le fasce più deboli della popolazione non sono adeguatamente tutelate dal quadro normativo attuale. La protezione che oggi garantiamo è omogenea, quando invece la vulnerabilità biologica non lo è. Continuare a trattare un bambino e un adulto sano come equivalenti, dal punto di vista dell’assorbimento elettromagnetico, è una semplificazione pericolosa. Mentre l’infrastruttura 5G cresce e si integra con gli ambienti di vita quotidiana, la protezione dei soggetti vulnerabili deve diventare priorità assoluta. Non possiamo attendere studi a lungo termine per poi scoprire, tra vent’anni, che era troppo tardi. È oggi che si decide se la tecnologia sarà davvero al servizio della salute o se sarà ricordata come una svolta tecnologica priva di etica precauzionale.
Nina Celli, 16 agosto 2025