A regolare l’esposizione della popolazione alle onde elettromagnetiche, inclusi i segnali del 5G, ci sono linee guida apparentemente rassicuranti. I limiti stabiliti da organismi internazionali come l’ICNIRP (Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti) e adottati in larga parte anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definiscono soglie di esposizione che si ritengono sicure per tutti. Ma è proprio qui che, secondo molti esperti indipendenti, si nasconde un rischio sottile: l’eccessiva fiducia in un paradigma limitato, che considera soltanto gli effetti termici delle onde RF, trascurando invece una vasta mole di studi che suggeriscono conseguenze biologiche non termiche. Le attuali normative sono state concepite — e tuttora fondate — su un principio fisico semplice: se l’energia assorbita dal corpo non è sufficiente a provocare un riscaldamento misurabile dei tessuti, non vi sarebbero rischi sanitari. Ma questa assunzione non tiene conto della complessità del sistema biologico umano, dove alterazioni a livello molecolare e cellulare possono verificarsi anche senza aumento di temperatura. Già negli anni ’90, scienziati del settore oncologico mettevano in guardia da questa visione riduzionista. E oggi, l’evidenza accumulata — soprattutto grazie agli studi indipendenti — sembra dar loro ragione. Nel 2025, Michael Weller et al., in una revisione pubblicata su “Frontiers in Public Health”, hanno mappato in maniera sistematica i dati su esposizione a campi elettromagnetici tra 3 kHz e 300 GHz. I risultati mostrano che, anche a basse intensità, le RF possono provocare danni al DNA, stress ossidativo, alterazioni mitocondriali e mutazioni epigenetiche. Questi effetti non sono spiegabili da un meccanismo termico e, cosa più grave, non sono presi in considerazione dalle attuali soglie ICNIRP. Non si tratta di eccezioni. L’articolo di James Lin (2025), sempre su “Frontiers in Public Health”, denuncia esplicitamente il conflitto tra l’evidenza scientifica e i parametri regolatori: “le linee guida ICNIRP sono obsolete e inadeguate per le esposizioni croniche tipiche del 5G”. Lin, già membro del comitato scientifico statunitense per la salute ambientale, critica il fatto che le soglie siano basate su esposizioni di pochi minuti, mentre oggi ci troviamo esposti 24 ore su 24, ogni giorno, spesso a distanze ravvicinate. Inoltre, il ruolo delle industrie delle telecomunicazioni nella definizione degli standard non è affatto secondario. Molti dei membri di ICNIRP e dei comitati WHO-EMF sono stati oggetto di accuse di conflitto di interesse da parte di scienziati indipendenti. Uno studio di “RF Safe Review” (2025) evidenzia come la probabilità di ottenere risultati negativi sugli effetti delle RF aumenta quando la ricerca è finanziata direttamente dall’industria, sollevando dubbi sulla neutralità delle fonti su cui ICNIRP basa le sue revisioni periodiche. In Italia, la situazione è ancora più complessa. La normativa nazionale, storicamente più prudente rispetto a quella europea, è stata progressivamente allineata ai parametri ICNIRP, con l’innalzamento dei limiti da 6 V/m a 15 V/m per motivi principalmente legati allo sviluppo del 5G. Tuttavia, le motivazioni scientifiche per questo cambiamento sono assenti. Come dichiarato nella mozione approvata dal Consiglio comunale di Finale Ligure (2025), “la riduzione dei limiti non nasce da nuove evidenze di sicurezza, ma da esigenze tecnologiche e industriali”. Anche a livello europeo, il Comitato Scientifico della Commissione Europea (SCHEER) ha richiesto nel 2022 una revisione della Raccomandazione 1999/519/CE, proprio per tenere conto delle nuove evidenze biologiche non contemplate dalle attuali soglie. Tale aggiornamento è atteso entro la fine del 2025, segno che persino le istituzioni ammettono l’obsolescenza del quadro regolatorio. Le linee guida ICNIRP e affini, pur essendo presentate come “scientificamente solide”, si fondano su un paradigma parziale e superato. Ignorano decine di studi recenti, trascurano gli effetti a lungo termine e applicano limiti basati su un approccio termico ormai insufficiente. Per questo motivo, è necessario un cambio di paradigma normativo: non più soglie fisse per esposizioni acute, ma valutazioni integrate e dinamiche, in grado di proteggere realmente la salute della popolazione nell’era della connettività pervasiva.
Nina Celli, 16 agosto 2025