La sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 1° agosto 2025 non è solo una pronuncia giuridica sul protocollo Italia-Albania: è un richiamo all’ordine costituzionale europeo e una riaffermazione del ruolo della magistratura come garante ultimo dei diritti fondamentali. In un contesto segnato da spinte politiche sovraniste e da tentativi di eludere la tutela giurisdizionale, la Corte ha ristabilito un principio basilare dello Stato di diritto: nessuna autorità politica può sottrarre un cittadino al controllo di un giudice imparziale. La sentenza riafferma che la designazione di un Paese come “sicuro” non può essere un atto politico insindacabile. Deve essere basata su fonti verificabili, accessibili e aggiornate, e dev’essere sempre soggetta a un controllo giurisdizionale effettivo. Questo principio impedisce agli Stati membri di creare “liste opache” in cui includere Paesi in cui, per molte categorie, permangono rischi reali. Il caso del Bangladesh – considerato “sicuro” dall’Italia, ma riconosciuto dalla stessa Farnesina come problematico per minoranze religiose e oppositori politici – ne è un esempio eclatante. Con questa decisione, la Corte ha anche rafforzato il ruolo dei giudici nazionali: non solo hanno la facoltà, ma anche il dovere di disapplicare una norma interna che confligga con i principi dell’Unione. Il Tribunale di Roma, primo ad opporsi ai trattenimenti in Albania, ha agito proprio su questa base, generando un effetto a catena che ha portato alla mobilitazione delle Corti d’Appello e alla successiva pronuncia del livello europeo. Anche la Associazione Nazionale Magistrati (ANM) ha accolto positivamente la sentenza, ricordando che “i giudici non hanno fatto politica, hanno solo applicato la legge”. Secondo il presidente Cesare Parodi, è grazie a questo meccanismo che la tutela dei diritti rimane concreta, anche quando le maggioranze parlamentari cercano di aggirarla con strumenti emergenziali. Sul piano europeo, la sentenza rafforza anche la coerenza istituzionale dell’Unione: non ci può essere un Patto migratorio credibile se gli Stati membri adottano pratiche divergenti e fuori controllo. La CGUE ha tracciato una linea rossa, riaffermando che l’Europa non è solo un mercato unico, ma una comunità giuridica fondata sul rispetto della dignità umana e del diritto al ricorso effettivo. Questa sentenza, quindi, non mina l’equilibrio tra poteri, ma lo consolida, ponendo un argine legittimo a derive politiche che rischiano di normalizzare l’arbitrio in nome dell’efficienza.
Nina Celli, 14 agosto 2025