A quasi due anni dalla firma del protocollo Italia-Albania, i risultati concreti sono disarmanti: nessun migrante è stato trattenuto legalmente nei centri albanesi. Le tre missioni (ottobre 2024, gennaio e febbraio 2025) si sono concluse con il rimpatrio immediato di tutti i migranti, a seguito di bocciature da parte del Tribunale di Roma e della Corte d’Appello. Nessuna convalida giudiziaria è stata concessa. Al costo di oltre 250.000 euro per ogni trasferimento fallito, come evidenziato da “Il Fatto Quotidiano” e “Domani”. Secondo il Partito Democratico, il piano ha già superato 1 miliardo di euro di spesa pubblica, tra costruzione, logistica, personale e affitti. La ONG MediHospes, incaricata della gestione, ha licenziato oltre 100 operatori “fino a nuovo ordine”, ammettendo di fatto che i centri sono vuoti. Inoltre, nessun contratto è stato formalmente registrato con la Prefettura competente, rendendo l’intero sistema opaco e poco trasparente. La Commissione Europea, pur non ostacolando direttamente il protocollo, si è limitata a “monitorarlo”, lasciando intendere che non ne approva l’estensione a livello europeo. Anche la Corte di Giustizia UE ha chiarito, con la sentenza del 1° agosto 2025, che un Paese terzo non può essere considerato sicuro se non per tutta la sua popolazione e il suo territorio, invalidando l’intero impianto operativo italiano. A livello internazionale, l’accordo rischia di essere revocato nel 2026: l’ex presidente albanese Sali Berisha, oggi candidato premier, ha già annunciato che non rinnoverà il contratto se dovesse vincere le elezioni del maggio 2025. L’accordo, dunque, non gode di un consenso duraturo neppure nel Paese partner. In Italia, l’opposizione ha parlato di fallimento propagandistico, accusando il governo di voler costruire “un simbolo politico più che una soluzione reale”. ONG come ActionAid, ASGI e Amnesty hanno denunciato il protocollo come “inutile, illegale e costoso”, evidenziando che i fondi impiegati avrebbero potuto rafforzare la rete territoriale di accoglienza ordinaria e accelerare le pratiche in patria. Il modello albanese, dunque, presentato come innovativo, si è rivelato fallimentare sul piano operativo, finanziario e politico, lasciando dietro di sé uno spreco di risorse e una tensione diplomatica crescente.
Nina Celli, 14 agosto 2025