Per il governo italiano, la scelta di rinviare il riconoscimento dello Stato di Palestina è anche una mossa tattica per salvaguardare la coesione interna dell’Unione Europea e massimizzare il peso negoziale collettivo. L’UE è profondamente divisa: Francia, Spagna, Irlanda e Slovenia hanno annunciato o già effettuato il riconoscimento, mentre Germania, Paesi Bassi e altri Stati del Nord Europa mantengono una posizione prudente. L’Italia teme che un allineamento immediato con il fronte più avanzato possa aggravare la frattura interna, riducendo la capacità dell’UE di parlare con una sola voce. Giorgia Meloni ha sottolineato più volte che la politica italiana punta a una “soluzione concertata” e a un riconoscimento che sia parte di un pacchetto negoziale condiviso con Israele (“Il Manifesto”, “Corriere della Sera”). In quest’ottica, muoversi unilateralmente significherebbe rinunciare alla possibilità di influire dall’interno su un compromesso europeo più ampio. Antonio Tajani ha ribadito che “il reciproco riconoscimento fra Israele e il futuro Stato palestinese deve essere un punto di arrivo”, il che implica un’azione coordinata a livello UE piuttosto che scelte disallineate (“ANSA”). Le fonti internazionali confermano questa logica. “Euractiv” evidenzia come la mossa di Macron abbia creato tensioni tra gli Stati membri, rischiando di ridurre l’efficacia diplomatica dell’UE nei confronti di Israele e dei partner internazionali. “Politico.eu” riporta che Paesi come Italia e Germania temono che un riconoscimento frammentato rafforzi la percezione di un’Europa divisa, indebolendo il suo ruolo di mediatore. Sul piano geopolitico, il rinvio consentirebbe all’Italia di mantenere un profilo intermedio, capace di dialogare sia con il blocco più prudente sia con quello più interventista. Questa posizione di equilibrio potrebbe rivelarsi utile nei negoziati multilaterali, specialmente se l’UE decidesse di assumere un’iniziativa comune su Gaza e sulla ricostruzione post-conflitto. Il rinvio non sarebbe quindi un atto di inerzia, ma una strategia per preservare la coesione dell’Unione, proteggere il peso negoziale collettivo e garantire che un eventuale riconoscimento avvenga in un contesto di massima efficacia diplomatica.
Nina Celli, 13 agosto 2025