Le opposizioni e numerosi osservatori sostengono che un riconoscimento immediato dello Stato di Palestina rafforzerebbe la credibilità internazionale dell’Italia e, indirettamente, la qualità del dibattito democratico interno. Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni, Riccardo Magi e Angelo Bonelli hanno accusato la premier di “codardia” e “sudditanza” verso Netanyahu e gli Stati Uniti (“Il Manifesto”, “ANSA”, sito di Verdi-Sinistra). Per loro, il rinvio perpetuo mina la trasparenza e la coerenza della politica estera, trasformandola in un esercizio di equilibrismo privo di visione. Un atto di riconoscimento immediato, oltre a segnare una svolta diplomatica, avrebbe anche un impatto sul piano interno, dimostrando che l’Italia è capace di decisioni autonome, anche quando queste divergono dalle posizioni degli alleati più potenti. “The Guardian” e “The New Arab” evidenziano che nei Paesi in cui il riconoscimento è avvenuto, come Spagna e Irlanda, la scelta ha rafforzato il consenso interno attorno all’idea che la politica estera debba riflettere valori e principi, non solo interessi tattici. Sul piano interno, una decisione di questo tipo darebbe voce a quella parte consistente dell’opinione pubblica italiana che si mobilita a favore della causa palestinese, soprattutto nei movimenti studenteschi, sindacali e nelle associazioni per i diritti umani. Ignorare questa sensibilità, avvertono gli analisti, rischia di alimentare un senso di disillusione nei confronti delle istituzioni e di rafforzare le forze politiche antisistema. La scelta avrebbe anche un effetto di chiarificazione politica: costringerebbe le forze parlamentari a prendere una posizione chiara su un tema di rilievo internazionale. Secondo “AP News”, nei Paesi che hanno proceduto al riconoscimento, questo ha portato a un dibattito parlamentare più approfondito e a una maggiore consapevolezza pubblica della questione israelo-palestinese. Per i sostenitori del riconoscimento immediato, dunque, l’Italia guadagnerebbe in credibilità e trasparenza politica, mostrando che le decisioni di politica estera non sono solo frutto di compromessi interni o pressioni esterne, ma anche di una volontà di coerenza con i valori democratici che il Paese dichiara di voler difendere.
Nina Celli, 13 agosto 2025