Secondo il governo italiano e diversi analisti che ne condividono la linea, un riconoscimento immediato dello Stato di Palestina rischierebbe di avere un impatto controproducente anche sul piano umanitario e simbolico. L’argomento centrale è che tale atto, in assenza di un processo politico concreto e di una reale struttura statale palestinese, potrebbe generare un’illusione di soluzione, distogliendo l’attenzione internazionale dalla necessità di negoziati effettivi. Come sottolineato da Giorgia Meloni in più interviste (“Il Manifesto”, “L’Espresso”, “Politico.eu”), “riconoscere sulla carta ciò che nella realtà non esiste rischia di far sembrare il problema risolto quando non lo è”. Sul piano umanitario, i sostenitori del rinvio evidenziano che la frammentazione politica e territoriale palestinese rende complesso qualsiasi intervento strutturato. A Gaza, Hamas mantiene il controllo, mentre in Cisgiordania l’Autorità Nazionale Palestinese affronta una crisi di legittimità e capacità. “Reuters” e “The Jerusalem Post” riportano che la leadership israeliana considera il riconoscimento immediato come un incentivo per Hamas a mantenere posizioni massimaliste, riducendo la disponibilità a compromessi. Questa percezione potrebbe prolungare il conflitto, aggravando la già drammatica crisi umanitaria. Il governo teme anche che un riconoscimento prematuro possa alimentare false aspettative tra la popolazione palestinese. Un atto simbolico, privo di risvolti concreti, potrebbe essere seguito da delusione e frustrazione, con il rischio di un’ulteriore radicalizzazione. Matteo Salvini ha paragonato la mossa a “un regalo a Hamas” (“ANSA”, “L’Espresso”), sostenendo che senza il rilascio degli ostaggi e lo smantellamento delle strutture terroristiche, il riconoscimento non porterebbe alcun beneficio reale. Dal punto di vista simbolico, la prudenza è motivata anche dal timore di compromettere la credibilità delle istituzioni internazionali. Secondo “Euractiv”, se l’UE procedesse in ordine sparso, con alcuni Stati che riconoscono e altri che si oppongono, il messaggio politico risulterebbe frammentato e poco incisivo. L’Italia, rinviando, mira a un’azione coordinata che possa trasformare il gesto simbolico in un catalizzatore di cambiamento reale. La posizione pro-rinvio ritiene che il riconoscimento immediato, pur animato da intenti umanitari e morali, rischi di rimanere una vittoria di facciata, incapace di incidere sulle condizioni di vita dei palestinesi e potenzialmente dannosa per la stabilità regionale.
Nina Celli, 13 agosto 2025