Per le opposizioni italiane, per numerosi leader internazionali e per la Santa Sede, il rinvio del riconoscimento dello Stato di Palestina è non solo ingiustificato, ma anche moralmente e politicamente dannoso. Giuseppe Conte ha definito la posizione di Meloni “una scusa vile, che ignora il sistematico piano di sterminio e deportazione” portato avanti dal governo israeliano (“Il Manifesto”, “ANSA”). Angelo Bonelli (AVS) parla di “complicità con il carnefice Netanyahu” e di “codardia” di fronte a un conflitto che ha già provocato oltre 58.000 morti, tra cui più di 20.000 bambini, secondo dati citati dalle Nazioni Unite. Per i sostenitori del riconoscimento immediato, l’atto avrebbe un duplice valore: politico e simbolico. Politicamente, riconoscere la Palestina significherebbe dare legittimità internazionale a un popolo sotto occupazione e riequilibrare i rapporti di forza nei negoziati, ponendo Israele davanti alla realtà di un partner statale riconosciuto. Simbolicamente, invierebbe un messaggio chiaro alla comunità internazionale: il diritto all’autodeterminazione dei palestinesi non può essere indefinitamente subordinato a condizioni imposte da potenze terze. Anche la Santa Sede si schiera apertamente su questa linea. Il cardinale Pietro Parolin ha affermato che “riconoscere lo Stato palestinese è la soluzione” e ha ricordato che il Vaticano lo ha già fatto da tempo (“Today”). Secondo Parolin, l’urgenza è dettata non solo dal rispetto del diritto internazionale, ma anche dall’imperativo morale di fermare quella che Josep Borrell ha definito “un’estate di genocidio” perpetrato ai danni della popolazione palestinese. Le opposizioni in Parlamento accusano il governo italiano di ipocrisia: mentre Macron, Starmer e altri leader europei fissano date precise per il riconoscimento, l’Italia resta “immobile” per non irritare alleati strategici come gli Stati Uniti e Israele (“Notizie Geopolitiche”). Per loro, attendere “tempi maturi” è un pretesto che perpetua lo status quo e condanna la Palestina a un’esistenza di fatto priva di sovranità. In un contesto in cui 147 Paesi membri dell’ONU, inclusi diversi Stati europei e la Santa Sede, già riconoscono la Palestina, il ritardo italiano viene visto come un segnale di subalternità geopolitica e di miopia strategica. Secondo questa tesi, il riconoscimento immediato non è un atto avventato, ma un gesto di giustizia storica, indispensabile per avviare un vero processo di pace e per affermare la credibilità internazionale dell’Italia come attore diplomatico autonomo e coerente con i principi che proclama.
Nina Celli, 13 agosto 2025