Escludere l’Ucraina dal tavolo principale delle trattative significa negare alla parte direttamente aggredita il diritto di determinare il proprio futuro. È un principio che 26 Stati UE hanno ribadito con forza nella dichiarazione citata da “Euronews”: “Il percorso di pace non può essere deciso senza l’Ucraina” e “i confini internazionali non devono essere modificati con la forza”. L’assenza di Kiev non è una scelta tecnica, ma un atto politico che rischia di indebolire la legittimità dell’intero processo. Come avverte “Internazionale”, Putin potrebbe sfruttare il vertice in Alaska come “occasione per raggiungere per via diplomatica ciò che non riesce ancora a ottenere militarmente”: consolidare il controllo sui territori occupati e imporre un’agenda di concessioni a Kiev. In un formato bilaterale, Mosca può negoziare direttamente con Washington su scambi di territori o congelamento del fronte, senza essere costretta a confrontarsi con il rifiuto netto di Zelensky. Il rischio è di presentare all’Ucraina un pacchetto “prendere o lasciare” con pressioni politiche ed economiche per accettarlo, trasformando il negoziato in un diktat. C’è anche un elemento di percezione pubblica. Zelensky ha più volte dichiarato, come riportato da “Il Fatto Quotidiano”: “Gli ucraini non regaleranno la loro terra all’occupante”. Escluderlo dal primo round di colloqui lo indebolisce internamente, offrendo all’opposizione interna e alla propaganda russa un argomento potente: il presidente ucraino è stato messo da parte dalle grandi potenze. Per l’UE, questa scelta mina l’unità del fronte occidentale. “ISPI” segnala che l’esclusione di Kiev e Bruxelles alimenta la percezione di una gestione “bipolare” della crisi, lasciando l’Europa ai margini e creando terreno fertile per divisioni interne, come già dimostrato dal rifiuto dell’Ungheria di firmare la dichiarazione congiunta. C’è poi un problema pratico: qualsiasi accordo firmato senza la parte direttamente coinvolta rischia di non essere implementato. Senza consenso e legittimazione interna, il governo ucraino potrebbe rifiutare di rispettare i termini, rendendo il cessate il fuoco instabile o inesistente. La storia recente mostra che la pace imposta dall’esterno, senza coinvolgimento diretto, difficilmente regge nel tempo. Come ha sintetizzato il ministro estone Kaja Kallas a “Euronews”, “la pace deve includere l’Ucraina, altrimenti non sarà pace”.
Nina Celli, 12 agosto 2025