Le associazioni ambientaliste — Italia Nostra, WWF, Legambiente, Lipu e Greenpeace — dipingono un quadro drammatico, denunciando un impatto ambientale “certo, documentato e ammesso dagli stessi proponenti” (“TP24.it”, “MOW”). Secondo Italia Nostra, il tracciato del ponte interferisce con otto Siti di Interesse Comunitario (SIC) della rete Natura 2000, tra cui i Monti Peloritani, la Costa Viola e i Fondali di Scilla, mettendo a rischio oltre 200 specie protette. Gli effetti sull’avifauna migratoria sono considerati particolarmente gravi: l’ISPRA ha dichiarato che i danni a specie a rischio “non possono essere mitigati” e le valutazioni contenute nel progetto si basano su dati risalenti al 2011, dunque obsoleti e non rappresentativi dell’attuale situazione ecologica (“TP24.it”). Il progetto è stato approvato in deroga alle normative comunitarie sulla tutela ambientale, ricorrendo alla clausola dei “motivi imperativi di interesse pubblico”, ma — secondo “Il Manifesto” — le tre condizioni poste dall’UE (assenza di alternative, motivazione imperativa e compensazioni adeguate) non sono state soddisfatte. Le compensazioni ambientali previste sono giudicate insufficienti e prive di piani concreti. In alcune aree, le opere compensative potrebbero addirittura generare ulteriori impatti, come la realizzazione di infrastrutture stradali in zone sensibili. Gli effetti negativi non si limitano alla sfera ambientale. “Avanti” ha evidenziato le conseguenze sociali: 450 abitazioni espropriate e 2.700 proprietari coinvolti solo nell’area di Messina, con comunità costrette a lasciare quartieri storici e aree di pregio paesaggistico. Gli espropri e le modifiche urbanistiche avranno impatti profondi sul tessuto sociale e culturale delle zone interessate. Il WWF propone un’alternativa radicalmente diversa: potenziamento della flotta di traghetti con mezzi elettrici o a basse emissioni, modernizzazione dei porti e incremento della frequenza delle corse. Secondo l’associazione, questa soluzione costerebbe circa un terzo del ponte, garantirebbe un miglioramento dell’accessibilità senza impatti irreversibili sugli ecosistemi e potrebbe essere realizzata in tempi molto più brevi. Per i contrari, quindi, il Ponte sullo Stretto rappresenta un esempio di “grande opera” sbagliata: un intervento invasivo, costoso e dannoso, il cui bilancio ambientale — sommando cantieri, consumo di suolo, frammentazione degli habitat e impatti indiretti — sarà inevitabilmente negativo.
Nina Celli, 9 agosto 2025