Se i sostenitori vedono nel Ponte sullo Stretto un volano di sviluppo, i critici ritengono che l’analisi costi-benefici sia stata presentata in maniera eccessivamente ottimistica, trascurando rischi e incognite che potrebbero compromettere la sostenibilità economica dell’opera. L’economista dei trasporti Marco Ponti, intervistato dal “Quotidiano Nazionale”, ha affermato: “I benefici sono consistenti, ma non sufficienti a giustificare 13 miliardi e mezzo di costi, e il rischio è che i costi raddoppino”. Ponti ricorda che, in media, i ponti superano il budget iniziale del 25% e le opere ferroviarie del 45%, ma per un progetto di questa complessità l’extracosto potrebbe raggiungere il 100%, arrivando così a cifre ben oltre i 20 miliardi di euro. Uno dei punti critici è il traffico stimato: gran parte dei flussi sarebbe di natura locale, con un impatto limitato sulla competitività nazionale. Il risparmio di tempo per il trasporto merci, stimato in circa un’ora rispetto al traghetto, è ritenuto troppo modesto per giustificare l’etichetta di “opera strategica per l’Italia” (“Il Fatto Quotidiano”). Questo significa che il ponte potrebbe non attrarre un volume di traffico sufficiente a generare i ricavi necessari per coprire i costi operativi e di manutenzione. Secondo alcune analisi indipendenti, come quelle riportate da “Avanti”, gran parte dell’indotto economico finirebbe per concentrarsi nelle regioni del Nord, dove hanno sede i grandi appaltatori e fornitori, lasciando alla Sicilia benefici marginali. In parallelo, il WWF e altre associazioni ambientaliste sostengono che le risorse destinate al ponte sottraggano fondi a interventi più urgenti e con ritorni più immediati, come il potenziamento delle reti ferroviarie interne siciliane o la modernizzazione dei porti, che potrebbero migliorare l’accessibilità dell’isola a costi inferiori. Il rischio di extracosti si accompagna a quello dei ritardi: le numerose prescrizioni tecniche e i contenziosi legali già annunciati da comitati locali e ambientalisti potrebbero bloccare o rallentare i cantieri, aumentando i costi complessivi e dilatando i tempi di completamento ben oltre il 2032, data ufficiale prevista dal CIPESS. Anche sul piano finanziario, il progetto appare vulnerabile: l’attuale stima di 13,5 miliardi si basa su un progetto definitivo, ma non esecutivo, quindi soggetto a variazioni in corso d’opera. Questo tipo di approccio, secondo i critici, espone a sorprese economiche che rischiano di far saltare i calcoli ottimistici presentati nei documenti ufficiali. C’è, inoltre, un argomento di opportunità politica ed economica: in un contesto in cui il Paese ha altre priorità infrastrutturali urgenti (dalla messa in sicurezza delle scuole al miglioramento della rete ferroviaria regionale), destinare una somma così ingente a un’opera dal ritorno incerto potrebbe essere una scelta poco lungimirante. Il WWF, ad esempio, propone alternative come traghetti ecologici e ad alta efficienza, il cui costo stimato sarebbe pari a un terzo di quello del ponte e con un impatto ambientale drasticamente ridotto.
Nina Celli, 9 agosto 2025