Il Ponte sullo Stretto di Messina, secondo i suoi promotori, non è soltanto un’infrastruttura di collegamento tra Calabria e Sicilia: è un investimento strategico che punta a ridisegnare le geografie economiche del Sud e a rafforzare la competitività dell’intero Paese. I numeri diffusi dal governo e dalle analisi commissionate parlano di un +23,1 miliardi di PIL generati, 36.700 posti di lavoro stabili creati e 10,3 miliardi di entrate fiscali per lo Stato già durante la fase di cantiere (stime riportate da “Gazzetta del Sud” e “MOW”). Secondo il sottosegretario Alessandro Morelli, con delega al CIPESS, “non si tratta solo di un’opera per il Mezzogiorno, ma di un investimento di portata nazionale”, capace di ridurre la distanza economica tra Nord e Sud e di generare effetti moltiplicatori in diversi settori: logistica, turismo, industria manifatturiera e servizi. L’opera è pensata come parte integrante del corridoio TEN-T Scandinavo-Mediterraneo, uno degli assi principali di trasporto europeo. Secondo il sito “PMI.it”, la sua realizzazione favorirebbe l’integrazione delle reti logistiche italiane con quelle continentali. Dal punto di vista della logistica e del commercio internazionale, il ponte rappresenterebbe una connessione diretta e continua 24 ore su 24, eliminando i tempi morti dei traghetti e garantendo una fluidità di transito per merci e passeggeri. Un simile miglioramento infrastrutturale, in una delle aree più congestionate d’Europa per traffico marittimo, potrebbe ridurre sensibilmente i costi di trasporto e aumentare l’attrattività dell’Italia come hub per il traffico merci nel Mediterraneo. I dati dell’analisi economico-finanziaria parlano di un Valore Attuale Netto Economico (VANE) di 3,9 miliardi di euro e di un Tasso Interno di Rendimento Economico (TIRE) pari al 4,51%. Questi indicatori, seppur non eccezionali, vengono considerati positivi dai promotori per un’infrastruttura di questa portata, che si inserisce in un più ampio piano di investimenti per il Mezzogiorno da 70 miliardi di euro fino al 2032. Un ulteriore aspetto positivo riguarda il turismo: con un collegamento stabile, si prevede un incremento significativo dei flussi turistici verso la Sicilia, facilitato dalla possibilità di raggiungere l’isola in auto o treno in tempi molto ridotti. Gli operatori del settore alberghiero e ristorativo vedrebbero nuove opportunità, sia per l’aumento di visitatori nazionali sia per quelli internazionali, che potrebbero includere la Sicilia in itinerari più ampi senza vincoli di orario e disponibilità dei traghetti. I benefici economici previsti non si limitano alla fase operativa del ponte: già durante la costruzione, la domanda di manodopera e materiali genererebbe un forte impulso all’occupazione locale e all’indotto, con effetti a cascata su piccole e medie imprese di edilizia, trasporti, forniture industriali e servizi. Le stime parlano di un effetto leva importante: ogni euro investito potrebbe generarne fino a due in termini di attività economica indotta, specialmente in un’area dove il tasso di disoccupazione resta tra i più alti d’Europa. Dal punto di vista strategico, il ponte sarebbe un segnale politico di investimento nel Sud, spesso percepito come trascurato dalle grandi opere infrastrutturali. Il governo, inserendo l’opera nella rete TEN-T, intende posizionare l’Italia come ponte naturale tra Europa e Africa, valorizzando il ruolo geopolitico del Mezzogiorno in un contesto di crescenti scambi commerciali e di mobilità internazionale.
Nina Celli, 9 agosto 2025