In un contesto segnato dalla crisi delle istituzioni culturali e dalla diminuzione dei fondi pubblici, le mostre immersive si sono affermate come modello economico sostenibile e attrattivo, capace di generare valore a cascata per tutto l’ecosistema artistico e territoriale. Uno dei casi più emblematici è l’ascesa di istituzioni immersive come Outernet a Londra o Sphere a Las Vegas, che secondo “The Art Investor” attirano più visitatori del British Museum o della National Gallery. Questi luoghi hanno saputo coniugare arte, architettura, tecnologia e business model, rendendo sostenibile l’offerta culturale grazie a sponsor, ticketing dinamico e merchandising esperienziale. Il loro più grande merito è quello di rilanciare l’immaginario museale. Come scrive l’artista Marco Brambilla, “la cultura immersiva sta ridefinendo il concetto stesso di spazio espositivo, rompendo la rigidità del white cube e aprendo a esperienze fluide, transmediali, democratizzanti”. Sul piano delle politiche culturali, queste esperienze hanno stimolato riflessioni profonde su modelli ibridi di gestione. Secondo il World Economic Forum (luglio 2025), siamo di fronte a una nuova “cultura infrastrutturale” o “culture stack”, dove gli artisti non solo producono contenuti, ma creano piattaforme, linguaggi e sostenibilità a lungo termine. “Artisti come teamLab e Refik Anadol non espongono, ma costruiscono mondi. I loro progetti ridefiniscono l’arte come infrastruttura culturale”. In Italia, esperienze come Van Gogh Alive, Inside Magritte, o i mapping su Caravaggio hanno dimostrato di attivare economie locali, aumentare la fruizione del patrimonio, favorire sinergie tra musei, centri congressi, turismo e start-up culturali. L’impatto si misura non solo nei biglietti venduti, ma nei posti di lavoro creati, nella visibilità internazionale, nei progetti educativi collegati. Come sottolinea Elisa Bonacini, è tempo di riconoscere il museo come hub di innovazione culturale, in grado di produrre non solo esposizioni, ma connessioni tra creatività, economia e partecipazione. “Non più collezione, ma connessione. Non più conservazione, ma narrazione condivisa”.
Nina Celli, 7 agosto 2025