Un aspetto particolarmente criticato del One Big Beautiful Bill è la sua esplicita volontà di smantellare l’architettura di incentivi ambientali costruita negli ultimi anni, in particolare attraverso l’Inflation Reduction Act. Il disegno di legge cancella o limita in modo drastico i crediti fiscali destinati alle energie rinnovabili, penalizzando settori come il solare, l’eolico, la mobilità elettrica e la riqualificazione energetica degli edifici. Questa operazione, che i promotori giustificano come un ritorno alla neutralità fiscale e alla concorrenza di mercato, è stata definita dagli esperti un vero e proprio attacco alla transizione energetica e un arretramento nelle politiche climatiche globali. Il danno immediato è di tipo occupazionale e industriale. Secondo un’analisi pubblicata da “Energy Innovation”, la cancellazione dei crediti verdi provocherà la perdita di oltre 800.000 posti di lavoro nel settore delle rinnovabili entro il 2035. Settori in piena espansione, come il fotovoltaico domestico, vedranno un crollo degli investimenti già nel secondo semestre del 2025, come riportato da “AP News”. Le aziende del settore, tra cui molte start-up, si trovano già in difficoltà a causa dell’improvvisa incertezza normativa e della rimozione del credito del 30% per le installazioni residenziali. Le ricadute colpiranno in modo particolare gli stati del Midwest e del Sud, dove l’adozione delle tecnologie verdi era in forte crescita anche tra le famiglie a basso e medio reddito. Ma l’impatto più profondo è ambientale e geopolitico. Tagliando i crediti per la produzione eolica, l’energia solare e l’installazione di batterie, la legge ostacola il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione previsti dagli Accordi di Parigi. Secondo un rapporto di “Reuters”, le emissioni USA torneranno a crescere già dal 2026, invertendo un trend positivo consolidato. La mossa indebolisce la leadership americana nella diplomazia climatica, rafforza la posizione dei produttori di combustibili fossili e aumenta la dipendenza energetica da tecnologie obsolete e da filiere dominanti, come quella del gas naturale. L’intervento normativo non è neutrale: prevede l’introduzione di tasse selettive su progetti eolici e solari, scoraggia nuovi investimenti e impone limiti temporali stringenti per completare i cantieri già finanziati, pena la perdita dei benefici fiscali. Inoltre, impone vincoli che privilegiano tecnologie di generazione più tradizionali, riattivando l’interesse per centrali a carbone e progetti di estrazione non convenzionale. Questo orientamento ha attirato critiche anche da parte di imprenditori favorevoli al mercato libero, come Elon Musk, che ha definito la riforma “una follia che danneggia gli Stati Uniti nel momento in cui il mondo si muove in direzione opposta”. Anche le implicazioni economiche a lungo termine sono preoccupanti. La rimozione dei sussidi ambientali comporta un aumento delle bollette energetiche: secondo lo studio di “Energy Innovation”, i costi energetici complessivi per le famiglie americane aumenteranno di circa 170 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni. Le tecnologie verdi, infatti, non solo producono energia più pulita, ma sono ormai competitive sul piano dei costi: sostenerle equivale a favorire l’efficienza economica. Penalizzarle, al contrario, significa imporre un costo maggiore alla collettività per mantenere in vita infrastrutture fossili inefficienti. La scelta di colpire i settori dell’energia pulita in un momento storico in cui gran parte del mondo industrializzato investe in rinnovabili e decarbonizzazione appare strategicamente miope. Come si legge su “Vox”, il Big Beautiful Bill “gira le spalle al futuro”, disinvestendo in ricerca, sostenibilità e innovazione proprio quando queste rappresentano le leve della competitività globale. Paesi come la Cina e l’Unione Europea stanno accelerando la transizione con piani miliardari, mentre gli Stati Uniti rischiano di restare indietro e perdere il treno dell’industria verde. Il disegno di legge rappresenta una svolta negativa per l’ambiente, l’innovazione e l’occupazione, con conseguenze che vanno ben oltre i confini economici per toccare l’identità energetica e geopolitica del Paese. Invece di promuovere un’economia sostenibile e resiliente, il Big Beautiful Bill rallenta la transizione, penalizza le famiglie e arretra sul fronte climatico.
Nina Celli, 3 luglio 2025