Tra i punti più controversi del One Big Beautiful Bill vi è l’eliminazione o la drastica riduzione dei crediti fiscali e degli incentivi a favore delle energie rinnovabili introdotti con l’Inflation Reduction Act dell’amministrazione Biden. Questa misura è stata duramente contestata da ambientalisti, industriali delle rinnovabili e personalità di spicco come Elon Musk, che ha definito la legge “insana e distruttiva”. Tuttavia, da una prospettiva alternativa – quella della neutralità economica e dell’efficienza allocativa – la riforma energetica contenuta nel provvedimento può essere letta come un tentativo di rimuovere distorsioni di mercato e di restituire centralità alla concorrenza. La logica che sottende l’abolizione di sussidi specifici è che lo Stato non debba intervenire per favorire un settore a scapito di altri, soprattutto quando tali interventi si traducono in un costo fiscale rilevante e in effetti poco misurabili sulla produttività o sulla competitività industriale. I promotori della legge sostengono che 1,6 trilioni di dollari di “Green New Deal tax credits”, così come definiti dal senatore Jim Banks, abbiano beneficiato in modo sproporzionato imprese ad alta capitalizzazione e progetti concentrati in pochi Stati favorevoli al Partito Democratico, con scarsa ricaduta sulla creazione di lavoro duraturo in ambiti tradizionali. L’eliminazione graduale dei crediti per il solare, l’eolico e la mobilità elettrica – secondo quanto riportato da “Reuters” e “AP News” – è accompagnata dall’introduzione di una nuova tassazione sugli impianti già in funzione e dall’obbligo di completamento entro il 2027 per mantenere l’accesso a benefici residui. Questa scelta, pur penalizzante nel breve termine per l’industria verde, si inserisce in una visione più ampia di ridefinizione dei confini tra pubblico e privato: l’obiettivo è lasciare che sia il mercato, e non il fisco, a selezionare le tecnologie energetiche più efficienti, senza condizionamenti ideologici. Dal punto di vista del bilancio pubblico, la riforma energetica permette una riduzione della spesa fiscale che – secondo il “Wall Street Journal” – contribuisce in modo significativo a contenere l’aumento del deficit strutturale. In una fase in cui il debito pubblico raggiunge livelli storicamente elevati, la cancellazione di agevolazioni settoriali rappresenta una leva importante per il consolidamento fiscale, evitando tagli lineari ad altri comparti più sensibili, come difesa, sanità o previdenza. Un altro aspetto da considerare riguarda la transizione energetica “tecnologicamente neutra”. Invece di incentivare direttamente fonti rinnovabili selezionate, il Big Beautiful Bill investe – in modo indiretto – su fonti tradizionali e su infrastrutture trasversali (oleodotti, gasdotti, sistemi di stoccaggio), lasciando alle imprese la libertà di decidere come produrre energia in base ai costi e ai ritorni attesi. Questa impostazione può accelerare l’adozione di tecnologie ibride, come il gas naturale con sequestro del carbonio, che combinano sostenibilità e accessibilità, secondo quanto illustrato in uno studio dell’Energy Innovation Institute. Sul piano geopolitico, la fine dei sussidi alle rinnovabili può essere letta come un tentativo di rafforzare l’indipendenza energetica americana. La riduzione della dipendenza da fornitori internazionali di componenti fotovoltaici – spesso localizzati in aree strategicamente sensibili come la Cina – è stata evocata da diversi senatori come una delle motivazioni sottostanti alla riforma, in un contesto in cui la sicurezza energetica è tornata al centro del dibattito. Sebbene la riforma energetica del Big Beautiful Bill comporti effetti negativi nel breve periodo sul settore delle rinnovabili, essa rappresenta un intervento coerente con una visione liberale dell’economia, basata sulla neutralità del mercato e sulla riduzione delle distorsioni fiscali. La sfida sarà verificare se, nel medio periodo, tale approccio riuscirà a favorire soluzioni energetiche più efficienti e realmente sostenibili, non imposte dall’alto ma selezionate dal basso.
Nina Celli, 3 luglio 2025