Il One Big Beautiful Bill non si limita a intervenire sul versante fiscale, ma propone una revisione strutturale del sistema di welfare. In particolare, attraverso la riforma di Medicaid e la riduzione dei sussidi per alcuni programmi federali. Questo aspetto è stato ampiamente criticato dalle opposizioni e da parte della stampa, ma vi è un filone di analisi economica e politica che sostiene l’opportunità di un riequilibrio della spesa sociale. Questo specialmente in un contesto in cui il debito federale ha superato il 120% del PIL e la spesa obbligatoria rappresenta oltre il 70% del bilancio federale, come ricordato dalla senatrice Katie Britt in un’intervista della “CNN”. Il disegno di legge introduce criteri di accesso più stringenti per Medicaid, tra cui l’obbligo di 80 ore mensili di attività lavorativa per adulti abili, anche in presenza di figli di età superiore ai 15 anni. Tale misura, secondo i promotori, mira a ridurre frodi, abusi e una dipendenza passiva dallo Stato, privilegiando invece un modello di welfare attivo. Il senatore Jim Banks ha dichiarato che l’obiettivo è “riservare l’assistenza sanitaria a chi ne ha davvero bisogno, escludendo chi può lavorare ma sceglie di non farlo”, espressione ha suscitato polemiche, ma riflette una visione fortemente meritocratica dell’accesso alle risorse pubbliche. Dal punto di vista economico, il Congressional Budget Office ha stimato che la sola riforma di Medicaid genererà un risparmio di circa 930 miliardi di dollari in un decennio. Questa cifra, oltre a rappresentare una voce significativa nella compensazione dei tagli fiscali, può contribuire alla stabilizzazione del debito a medio termine. Anche il Center on Budget and Policy Priorities, pur fortemente critico rispetto agli effetti sociali della legge, riconosce che l’impianto normativo è coerente con l’obiettivo di contenimento del deficit strutturale. Va sottolineato che le modifiche introdotte non rappresentano una semplice logica di taglio, ma propongono anche forme di riallocazione delle risorse. Alcune delle economie ottenute attraverso le nuove regole per Medicaid, SNAP e altri programmi saranno destinate a rafforzare la spesa in difesa e sicurezza interna, settori considerati prioritari dalla corrente maggioritaria del Partito Repubblicano. Inoltre, il disegno di legge include finanziamenti mirati – seppure modesti – a favore degli ospedali rurali e dei centri sanitari nei territori meno serviti, per mitigare l’effetto redistributivo negativo delle misure. Non si può ignorare che la sostenibilità dei sistemi di welfare è uno dei temi centrali del dibattito economico occidentale. Organizzazioni come l’OCSE e l’IMF hanno più volte sottolineato la necessità per gli Stati Uniti di intervenire su programmi come Medicare e Medicaid, il cui costo cresce a ritmi superiori a quello dell’economia. Il Big Beautiful Bill, in questa ottica, rappresenta un tentativo controverso ma coerente di affrontare questo nodo, privilegiando una filosofia di “efficienza selettiva” rispetto a un approccio universalistico. Il messaggio politico che la riforma del welfare intende trasmettere è il ripristino di un principio di reciprocità tra cittadino e Stato, dove l’accesso ai benefici non è solo un diritto, ma comporta anche obblighi minimi di partecipazione alla vita economica. Una visione che può apparire dura, ma che trova consenso in ampie fasce dell’elettorato conservatore e in parte del centro moderato, come dimostrano i sondaggi condotti da “The Daily Beast” e “CNN”. Queste ultime, pur registrando un’ampia disapprovazione complessiva del disegno di legge, segnalano livelli di sostegno elevati per alcune misure specifiche come i requisiti di lavoro.
Nina Celli, 3 luglio 2025