Tra i pilastri del One Big Beautiful Bill emerge con forza l’estensione, su base permanente, dei tagli fiscali già introdotti dalla Tax Cutsand Jobs Act del 2017. Questa scelta non è solo una replica di politiche passate, ma un tentativo ambizioso di imprimere una direzione stabile e prolungata alla politica fiscale americana, orientandola verso una riduzione strutturale della pressione fiscale su famiglie e imprese. I promotori della legge sottolineano come la permanenza di tali tagli consenta una maggiore prevedibilità per chi investe, lavora o assume, favorendo una pianificazione economica più efficiente e meno soggetta ai cicli politici. Il disegno di legge introduce detrazioni permanenti per settori chiave come ricerca e sviluppo, considerate da molti analisti strumenti essenziali per stimolare l’innovazione e la produttività interna. A queste si aggiungono nuove agevolazioni specificamente pensate per i lavoratori dei settori a basso reddito, tra cui deduzioni per straordinari, mance e interessi su prestiti auto. Secondo un’analisi pubblicata da “Investor’s Business Daily”, l’impatto fiscale complessivo del pacchetto ammonta a circa 4,5 trilioni di dollari in dieci anni, con un effetto espansivo a breve termine che – secondo le stime dell’Office of Management and Budget – potrebbe generare una crescita reale del PIL compresa tra lo 0,3% e lo 0,9% nei primi tre anni. Dal punto di vista politico, il disegno è stato descritto da Donald Trump come “un miracolo fiscale per la middle class”, sottolineando l’intento dichiarato di far arrivare i benefici direttamente nelle buste paga dei lavoratori. Il senatore per lo Stato dell'Oklahoma Markwayne Mullin ha sostenuto che “questi tagli sono strutturati per chi si alza alle sei del mattino”, indicando chiaramente la volontà di costruire consenso fra i lavoratori a basso e medio reddito. I dati supportano parzialmente queste affermazioni: secondo il Brookings Institution, la riduzione dell’aliquota effettiva sui redditi inferiori ai 100.000 dollari rafforza la capacità di spesa delle famiglie e può contribuire a un contenimento dell’indebitamento privato nel breve termine. Se da un lato è evidente che i principali beneficiari dei tagli sono le imprese e i contribuenti ad alto reddito, dall’altro non si può ignorare l’effetto psicologico e reale di un sistema fiscale reso più semplice e prevedibile. In particolare, le piccole imprese e le start-up risultano favorite dalla possibilità di dedurre in modo stabile costi di investimento e formazione, con un potenziale impatto positivo sulla creazione di occupazione e sulla vitalità economica locale. Inoltre, la formalizzazione delle mance e la tracciabilità fiscale delle stesse sono misure che affrontano un settore tradizionalmente opaco, con potenziali ricadute positive sul gettito e sull’equità contributiva. Sul fronte macroeconomico, le analisi pubblicate dal “Wall Street Journal” e da “Brookings” riconoscono che, pur in presenza di un aumento significativo del deficit, i benefici a breve termine sullo stimolo della domanda aggregata non sono trascurabili. In un momento in cui l’economia americana sta mostrando segni di rallentamento, misure di impulso immediato alla liquidità possono produrre un effetto moltiplicatore, in particolare se indirizzate a settori con alta propensione al consumo. I rischi di medio termine legati alla sostenibilità fiscale rimangono, ma nel dibattito pubblico non si può escludere che la leva fiscale venga impiegata per rafforzare la crescita in una fase congiunturale complessa. L’approccio del Big Beautiful Bill alla leva fiscale, dunque, si configura come un tentativo di rilanciare il dinamismo economico americano attraverso tagli permanenti e incentivi mirati. Pur non esente da critiche sul piano distributivo e della sostenibilità di bilancio, questa strategia propone un modello economico fondato sulla fiducia nel mercato, sulla libertà d’impresa e sulla riduzione della pressione tributaria come fattori abilitanti per la crescita.
Nina Celli, 3 luglio 2025