Se è vero che le sanzioni economiche mirano a colpire un Paese aggressore, è altrettanto vero che i loro effetti collaterali si estendono ben oltre i confini dell’obiettivo. La narrativa che le presenta come strumenti chirurgici e mirati non regge di fronte all’analisi degli impatti sistemici che esse generano, non solo sull’economia globale, ma anche sul fronte politico interno dei Paesi che le impongono. Un primo livello di criticità è quello energetico. Le sanzioni sull’energia russa, in particolare petrolio e gas, hanno prodotto un effetto a catena sui mercati globali. Secondo i dati dell’Atlantic Council, l’Europa ha dovuto affrontare ondate inflazionistiche e una crisi dei prezzi energetici che ha messo in difficoltà interi settori industriali. Il gas liquefatto statunitense non è bastato a sostituire interamente le forniture russe e i Paesi più vulnerabili – come Slovacchia e Ungheria – hanno minacciato il veto su alcuni pacchetti sanzionatori, evidenziando le prime crepe nella coesione dell’UE. Questa tensione è visibile anche nelle dinamiche interne tra alleati occidentali. Secondo l’“ISPI”, il quattordicesimo pacchetto di sanzioni UE è stato oggetto di aspre trattative: alcuni Stati membri temevano contraccolpi sui propri settori strategici, in particolare l’automotive tedesco e la chimica italiana. Inoltre, il fatto che i costi economici non siano distribuiti in modo equo fra i membri UE sta generando una crescente disaffezione verso il principio di solidarietà, rendendo più difficile approvare nuovi pacchetti e indebolendo la leva negoziale comune. Un secondo effetto collaterale è legato all’instabilità delle catene globali del valore. L’articolo di Alex J. Brackett per “Global Investigations Review” evidenzia come le sanzioni, specie quelle legate a export control e componentistica industriale, abbiano rallentato le catene logistiche internazionali, obbligando le aziende a riconfigurare in fretta i propri approvvigionamenti. Questo ha comportato costi enormi in termini di compliance, assicurazione e riconversione tecnologica, colpendo le PMI molto più delle grandi multinazionali. A livello macroeconomico, il risultato è stato un calo della produttività in molti Paesi europei e un aumento della dipendenza da fornitori extra-europei, come l’India e la Cina, con il paradosso che alcune delle stesse economie che si volevano contenere sono diventate rifornitrici alternative in settori strategici. Il tentativo di colpire Mosca ha finito per ridefinire l’architettura economica globale in modo non sempre favorevole all’Occidente. Un altro tema spesso sottovalutato riguarda la perdita di attrattività normativa e commerciale dell’Occidente. Secondo il Brookings Institute, molti Paesi emergenti vedono le sanzioni come strumenti imperiali, imposti da una ristretta élite occidentale secondo una logica unilaterale. Questo sta alimentando un “mercato grigio” di relazioni strategiche, dove Stati come la Turchia, il Brasile e persino l’Arabia Saudita scelgono di non allinearsi e di mantenere rapporti commerciali con la Russia. Il risultato è una frattura geopolitica più profonda e una crescente sfiducia verso le istituzioni multilaterali, che vengono viste come estensioni della volontà statunitense o europea. Le sanzioni hanno anche un prezzo politico interno. Come sottolinea il Cato Institute, l’opinione pubblica americana, già provata da crisi interne e polarizzazione, è sempre meno propensa a sostenere misure che comportano costi economici diffusi senza risultati militari tangibili. Lo stesso vale in Europa, dove i partiti populisti stanno usando le sanzioni come leva elettorale, dipingendole come responsabili di aumenti nei costi dell’energia, del pane e dei trasporti. Il rischio è che, invece di indebolire il nemico, le sanzioni finiscano per corrodere la tenuta politica delle democrazie che le impongono. Le sanzioni economiche, quindi, non sono prive di costi: possono disarticolare le catene globali del valore, indebolire la coesione tra alleati, rafforzare economie rivali e innescare reazioni politiche interne destabilizzanti. La loro efficacia, per quanto rilevante in alcune aree, deve essere ponderata rispetto a un costo sistemico che, in alcuni casi, può superare i benefici.
Nina Celli, 2 luglio 2025