Sin dall’invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022, le sanzioni economiche sono divenute il principale strumento di reazione occidentale contro la Russia. Nonostante le critiche sulla loro efficacia a breve termine, numerose evidenze raccolte nei report recenti indicano che esse agiscono come un efficace deterrente multilivello, limitando l’innovazione militare russa, logorando l’economia interna e complicando i canali logistici del Cremlino. Il Council on Foreign Relations, ad esempio, pur riconoscendo che il PIL russo è cresciuto del 3,6% nel 2023, evidenzia come questa crescita sia drogata dalla spesa militare e non rappresenti uno sviluppo sostenibile. Allo stesso modo, l’Atlantic Council riporta che il 41% del bilancio federale russo è destinato al settore militare e della sicurezza, una quota insostenibile nel medio periodo che obbliga Mosca a drenare risorse da altri settori vitali come welfare, sanità e innovazione civile. Le sanzioni, soprattutto quelle mirate a tecnologie dual-use e componenti industriali, hanno avuto effetti sistemici sulla capacità russa di innovazione militare. Secondo “Il Foglio”, attacchi strategici ucraini sostenuti da intelligence occidentale e da un’industria bellica nazionale sempre più efficiente hanno compromesso fino al 34% della capacità missilistica strategica russa. Questo risultato non sarebbe stato possibile senza il soffocamento tecnologico imposto dalle restrizioni occidentali su componenti critici, tra cui microchip, droni, sensori ottici e software industriali. In parallelo, il blocco delle esportazioni ha colpito pesantemente anche l’apparato logistico russo. Il report de “Il Foglio” del giugno 2025 cita una strategia di “logoramento finanziario” di Mosca basata su sanzioni mirate e controlli sempre più stringenti sui flussi energetici, tra cui proposte statunitensi per dazi fino al 500% su petrolio e gas russi. Inoltre, l’inflazione, in Russia, ha raggiunto il 10% nel 2025, mentre la Banca Centrale ha mantenuto un tasso d’interesse del 21% per contenere la fuga di capitali e il deprezzamento del rublo. Il Presidente del Consiglio Europeo Antonio Costa ha dichiarato: “Continuiamo a esercitare pressioni sulla Russia: abbiamo adottato 17 pacchetti di sanzioni e stiamo lavorando al prossimo”. Le sanzioni, dunque, non sono statiche ma dinamiche: si adattano, si estendono, si perfezionano. Proprio questa loro natura evolutiva le rende efficaci a lungo termine, specialmente se coordinate a livello multilaterale come nell’UE, nella NATO e nel G7. Anche dal punto di vista simbolico e politico, l’uso delle sanzioni ha permesso all’Occidente di mantenere un fronte compatto, senza dover ricorrere a interventi armati diretti. Come pubblicato da Brookings Institution, “le sanzioni rappresentano un’alternativa concreta per ridurre il potenziale bellico russo, senza un’escalation militare”. Le sanzioni economiche, dunque, hanno dimostrato la loro efficacia come strumento di logoramento progressivo, erodendo le capacità offensive del Cremlino, limitando l’accesso a tecnologia critica e producendo effetti di lungo termine sul sistema economico russo. Non sono una soluzione rapida né definitiva, ma nel contesto di una guerra prolungata, si confermano un pilastro strategico fondamentale per evitare un’escalation militare diretta.
Nina Celli, 2 luglio 2025