Negli ultimi anni, i BRICS hanno promosso con crescente determinazione un’agenda di de-dollarizzazione, con l’obiettivo dichiarato di ridurre la dipendenza dal dollaro statunitense nelle transazioni internazionali. Questo progetto include non solo l’incremento dell’uso delle valute nazionali negli scambi, ma anche l’ambizione – ancora embrionale – di una valuta comune BRICS. Secondo un’analisi pubblicata dal “Council on Foreign Relations”, la creazione di una nuova valuta richiederebbe un’unione bancaria, una convergenza macroeconomica e una visione politica condivisa, condizioni oggi lontane dall’essere realizzate. Eppure, l’effetto simbolico e strategico di questo tentativo ha già prodotto conseguenze geopolitiche. Paesi come Iran, Russia e Cina hanno aumentato gli scambi in yuan o rubli, aggirando i circuiti dominati dal dollaro e cercando rifugio da sanzioni occidentali. Come nota David Krakauer su “Mercer Advisors”, “sebbene la nuova valuta non sia una minaccia immediata per il dollaro, rappresenta una sfida ideologica e sistemica all’attuale ordine monetario”. Il problema non è tanto il successo immediato di questa alternativa, quanto il suo effetto destabilizzante sull’attuale architettura finanziaria. Il dollaro rappresenta oltre l’80% delle transazioni globali ed è la valuta di riserva principale nel sistema internazionale. Un suo indebolimento – anche solo percepito – può causare turbolenze nei mercati, aumento dei costi di indebitamento per gli Stati Uniti e instabilità nei paesi in via di sviluppo con debito denominato in dollari. Inoltre, come sottolineato nel documento di Chris Crowe su “IbaNet”, la creazione di sistemi alternativi di pagamento, come BRICS Pay, rafforza questa strategia di erosione dell’egemonia occidentale. Tali strumenti, sebbene ancora rudimentali, stanno trovando spazio proprio tra i paesi esclusi dal sistema SWIFT o soggetti a sanzioni internazionali. Il rischio non è solo economico ma anche strategico. Se sempre più nazioni decidono di aggirare le regole dell’attuale ordine finanziario globale, si apre uno scenario di anarchia monetaria, in cui nessuna valuta ha la forza di garantire stabilità sistemica. Un equilibrio globale privo di un ancoraggio monetario condiviso rischia di diventare terreno fertile per instabilità, speculazione e conflitti commerciali. La tesi secondo cui la de-dollarizzazione promossa dai BRICS costituisca una minaccia all’equilibrio globale trova dunque conferma tanto nei fatti in atto, quanto nei dati strutturali e negli avvertimenti degli analisti. Lungi dall’essere un processo puramente tecnico, si tratta di una sfida diretta all’ordine costruito nel secondo dopoguerra, con implicazioni profonde sulla sicurezza economica internazionale.
Nina Celli, 29 giugno 2025