Un altro pilastro della giustificazione all’intervento militare statunitense in Iran è stato la protezione diretta degli interessi strategici americani e la difesa degli alleati, in primis Israele. Gli Stati Uniti mantengono nel Medio Oriente oltre 40.000 militari, con basi fondamentali come Al Udeid in Qatar e strutture operative nel Golfo Persico e nel Levante. Secondo le analisi pubblicate dalla “CNN” e dal “Council on Foreign Relations”, l’espansione dell’influenza iraniana attraverso le milizie filo-teocratiche stava minacciando la stabilità regionale. Il sostegno a gruppi come Hezbollah, Hamas, le Forze di Mobilitazione Popolare in Iraq e gli Houthi in Yemen è stato percepito da Washington come un tentativo iraniano di consolidare un “arco di influenza” antioccidentale. Inoltre, gli attacchi missilistici contro basi statunitensi in Siria e Iraq e l’uso del territorio siriano per colpire interessi israeliani hanno intensificato la pressione. Fonti come “ISW” riportano che l'Iran aveva aumentato il supporto logistico e strategico a questi attori regionali, inclusi missili e droni a lungo raggio. Israele, nel frattempo, era già impegnata in una campagna militare ad alta intensità contro obiettivi iraniani, dopo che oltre 300 droni e missili erano stati lanciati su territorio israeliano ad aprile 2024. Il pericolo di un attacco simultaneo contro Israele e gli Stati Uniti, combinato con l’intelligence su un possibile completamento del ciclo nucleare, ha motivato la Casa Bianca a un’azione preventiva. Secondo “AP News”, questa si è tradotta in un attacco congiunto USA-Israele, anche se le autorità israeliane non l’hanno ufficialmente confermato. Dal punto di vista della sicurezza collettiva, l’intervento ha riaffermato la validità dell’alleanza strategica tra USA e Israele e ha inviato un chiaro messaggio agli attori regionali: gli Stati Uniti sono pronti ad agire direttamente per contenere le minacce. Anche alcuni Paesi del Golfo, pur mantenendo una posizione formale di neutralità, hanno accolto positivamente la riduzione temporanea della capacità militare iraniana. L’attacco ha contribuito a proteggere le rotte energetiche globali: lo Stretto di Hormuz, da cui passa circa il 20% del petrolio mondiale, era stato minacciato da Teheran. Un Iran dotato di una capacità nucleare avanzata avrebbe potuto militarizzare lo stretto in modo molto più aggressivo. Colpendo in anticipo, gli USA hanno rafforzato il principio secondo cui la libertà di navigazione e la sicurezza energetica globale rientrano nei propri interessi vitali. L’intervento, in questo senso, si inquadra in una dottrina coerente di sicurezza energetica globale.
Nina Celli, 27 giugno 2025