La promessa di un’umanità potenziata suona, a prima vista, come un’utopia tecnologica. Ma quando l’intelligenza artificiale e le neuro-tecnologie cominciano a interferire con i processi cognitivi e decisionali di singoli e comunità, il rischio non è solo tecnico, bensì politico. Il vero pericolo del transumanesimo non è che l’uomo venga superato dalla macchina, ma che il potere decisionale venga centralizzato, automatizzato e sottratto alla collettività. Dario Amodei, CEO di Anthropic, in un’intervista ad “Axios” (2025), ha dichiarato che l’intelligenza artificiale è destinata a sostituire gran parte dei ruoli intellettuali, soprattutto quelli d’ingresso, con una disoccupazione potenziale del 20%. Ciò significa che una porzione significativa della popolazione sarà esclusa dalla sfera produttiva e, di conseguenza, anche dalla sfera politica, secondo la logica democratica della rappresentanza economica. “Il potere democratico – ha affermato – si basa sull’apporto economico dei cittadini. Senza quello, la bilancia si rompe”. Dan Zimmer, in A New Political Compass (“Noema Magazine”, 2025), sostiene che stiamo entrando in una nuova polarizzazione ideologica: non più tra destra e sinistra, ma tra chi crede nella crescita illimitata attraverso l’AI (“Up-wingers”) e chi propugna un ritorno alla centralità ecologica dell’uomo (“Down-wingers”). Ma il punto centrale è che entrambi gli estremi finiscono per marginalizzare l’umano: i primi attraverso la sostituzione, i secondi attraverso l’idealizzazione. In mezzo, il cittadino reale perde voce. La perdita di controllo democratico è amplificata dalla natura opaca delle tecnologie potenzianti. Le interfacce neurali e le AI agentiche — già oggi usate per sostituire ruoli decisionali — agiscono in ambienti regolati da corporazioni globali, non da parlamenti. L’articolo di “Axios” denuncia che molte di queste tecnologie sono già operative, ma sviluppate senza trasparenza, senza audit pubblici, senza garanzie costituzionali. Come osserva Sarah Lee in Enhancing Human Ethics (“NumberAnalytics”, 2025), l’uso di AI nei contesti decisionali introduce nuovi bias invisibili: chi controlla i dataset? Chi addestra gli algoritmi? Se una classe potenziata (biologicamente o tecnologicamente) accede a dati, calcoli e simulazioni superiori, come può il resto della cittadinanza opporsi in modo informato? Questo squilibrio cognitivo si traduce presto in asimmetria del potere politico. La cittadinanza viene privata della possibilità di comprendere, valutare e contestare decisioni sempre più tecniche, automatizzate, “ottimizzate”. Il Parlamento cede al protocollo, il consenso alla predizione. La radicale personalizzazione decisionale promossa dal transumanesimo — “ognuno sarà ciò che potrà progettare per sé” — mina le basi della deliberazione collettiva. Senza una base esperienziale condivisa, senza limiti comuni (dolore, invecchiamento, fragilità), la coesione sociale si dissolve. Una democrazia senza comunità non è una democrazia: è una simulazione.
Nina Celli, 22 giugno 2025