La rivoluzione dell’intelligenza artificiale non sta solo cambiando il modo in cui lavoriamo: sta modificando il significato stesso del lavoro. E nel farlo, sta gettando le basi per una nuova forma di controllo, non attraverso la coercizione, ma tramite l’esclusione. Quando l’uomo diventa economicamente superfluo, la sua libertà si svuota. Come sottolinea Ajay Agrawal sul sito dell’IMF, l’AI genera una frattura crescente tra chi detiene “giudizio sofisticato” – e quindi può ancora competere – e chi svolge mansioni standardizzabili. I primi diventano complementari all’AI; i secondi, sostituibili. Questa asimmetria produce una polarizzazione senza precedenti, con una classe dirigente potenziata dall’AI e una maggioranza progressivamente marginalizzata. Il report dell’OECD (2025) evidenzia che molte capacità cognitive raggiunte oggi dall’AI – come il riconoscimento linguistico, la generazione di testo o l’analisi di pattern visivi – rientrano tra le competenze centrali di settori ad alta occupazione: customer service, insegnamento, contabilità, giornalismo. Già oggi, modelli come ChatGPT vengono integrati nei flussi di lavoro di contact center e media company, riducendo la necessità di personale umano. Ma la questione non è solo economica: è politica. Quando le AI gestiscono logistica, assunzioni, selezione delle priorità sanitarie e distribuzione delle risorse pubbliche, chi è disoccupato o ai margini rischia non solo di perdere il reddito, ma anche la voce. Come mostra l’articolo di “Ewanity Marketing” (2025), questa esclusione tecnologica può rapidamente degenerare in instabilità sociale, aumento del crimine e sfiducia sistemica. Inoltre, i modelli AI apprendono su dati storici, spesso viziati da bias sistemici. La testata “The Noösphere” documenta come sistemi di selezione del personale AI penalizzino sistematicamente profili femminili e afroamericani, perpetuando meccanismi discriminatori che l’uomo almeno tenta di correggere. L’automazione di queste ingiustizie le rende invisibili, ma pervasive. In questo scenario, l’AI non impone il controllo, ma lo esercita per default: escludendo le persone dal sistema produttivo, rendendole “invisibili” nei dati, inascoltate nei processi decisionali. È il controllo dell’indifferenza: nessuno ti ordina cosa fare, ma ogni porta si chiude silenziosamente davanti a te.
Nina Celli, 13 giugno 2025