Una delle criticità più rilevanti emerse dai rapporti dell’OIG nel 2025 riguarda la difficoltà di USAID nel garantire la piena tracciabilità e trasparenza dei fondi trasferiti ad agenzie multilaterali, in particolare all’interno del sistema delle Nazioni Unite. La cooperazione indiretta – cioè gestita tramite UNHCR, WFP, UNRWA o altre agenzie – è spesso priva di meccanismi efficaci di controllo, monitoraggio e verifica. Secondo l’OIG, in molti casi le agenzie ONU non forniscono dati completi, né accesso alle informazioni necessarie per le indagini. Alcune missioni USAID hanno segnalato tempi di risposta che superano i 12–24 mesi, mentre altre si sono viste negare l’accesso ai dati per “motivi di sicurezza” o “riservatezza contrattuale”. Questo rallenta o impedisce indagini su frodi, uso improprio dei fondi o inefficienze sistemiche. Nel report trimestrale di aprile 2025, l’OIG ha chiesto al Congresso di vincolare i fondi multilaterali a clausole di trasparenza e audit obbligatori. In particolare, ha invocato l’applicazione della sezione §7048(h) del Consolidated Appropriations Act 2024, che richiede cooperazione piena da parte delle agenzie internazionali nell’ambito delle indagini statunitensi. Tuttavia, l’assenza di un protocollo standardizzato limita l’efficacia delle azioni correttive. In Palestina, l’impossibilità di verificare l’uso dei fondi USAID trasferiti a UNRWA ha sollevato preoccupazioni bipartisan al Congresso, alimentando richieste di sospensione dei finanziamenti. Lo stesso è accaduto per alcuni programmi di emergenza in Siria, dove USAID ha sborsato fondi tramite il WFP senza poter controllare la reale destinazione delle forniture alimentari nei campi profughi. Il problema non è solo operativo, ma anche reputazionale. L’uso inefficiente o opaco dei fondi trasferiti ad agenzie internazionali mette a rischio la legittimità dell’intero meccanismo multilaterale, alimentando narrative ostili nei confronti dell’aiuto pubblico e riducendo la fiducia dei contribuenti nei paesi donatori. La percezione che parte dell’assistenza venga dispersa, deviata o non monitorata genera erosione del consenso democratico nei confronti della cooperazione. Dal punto di vista dei partner multilaterali, la pressione USAID per ottenere accesso ai dati è percepita come un’ingerenza. Tuttavia, l’assenza di criteri condivisi e sistemi interoperabili ha impedito la costruzione di un vero ecosistema di trasparenza multilaterale. Al contrario, USAID si trova spesso isolata nel chiedere standard più elevati, generando tensioni diplomatiche che riducono la collaborazione operativa. L’effetto finale è un cortocircuito. USAID, per raggiungere obiettivi rapidi in contesti complessi, è costretta a passare attraverso agenzie terze, ma non riesce a garantire accountability. Questo crea un circolo vizioso di sfiducia reciproca: da un lato, i donatori mettono in discussione l’efficacia; dall’altro, le agenzie locali e multilaterali percepiscono USAID come un partner esigente e poco flessibile. Pertanto, senza una riforma radicale dei protocolli multilaterali e una definizione condivisa degli standard di trasparenza, l’azione USAID continuerà a soffrire di un deficit strutturale di controllo e tracciabilità. Questo non solo compromette la qualità dell’intervento, ma mina anche il principio di accountability che dovrebbe fondare ogni forma di cooperazione pubblica.
Nina Celli, 8 giugno 2025