In un mondo sempre più interconnesso, chi controlla la comunicazione ha il potere. Elon Musk lo ha capito meglio di chiunque altro. E lo ha messo in pratica, trasformando se stesso non solo in imprenditore e innovatore, ma anche in intermediario geopolitico, amplificatore di narrazioni globali e – secondo alcuni – distributore di disinformazione. Il caso più emblematico è il conflitto in Ucraina. Nel 2023, mentre le truppe russe avanzavano nella regione del Donbass, Musk decise unilateralmente di limitare l’accesso a Starlink, il sistema satellitare di comunicazione fornito da SpaceX, usato dall’esercito ucraino per le operazioni. La sua motivazione? Evitare un’escalation. Il risultato? Una temporanea paralisi delle comunicazioni ucraine in un momento critico. Secondo il “Washington Post”, funzionari statunitensi hanno espresso forte preoccupazione per “la capacità di Musk di influenzare operazioni militari senza alcuna legittimazione democratica”. Ma Musk non è solo un attore strategico passivo. È anche un generatore di contenuti politici, di narrazioni ideologiche. La sua gestione di X (ex Twitter) ha facilitato la diffusione di teorie complottiste, hate speech e fake news. Nel novembre 2023, ha condiviso – e difeso – un post dichiaratamente antisemita, suscitando condanne da parte della Casa Bianca, di associazioni ebraiche e delle Nazioni Unite. Ha poi rilanciato contenuti negazionisti sul cambiamento climatico, su vaccini e perfino su eventi storici consolidati. Secondo un’inchiesta del “New York Times”, il nuovo algoritmo di X privilegia i post ad alto impatto emotivo, indipendentemente dalla veridicità. Gli account che diffondono teorie del complotto, spesso seguiti da Musk stesso, hanno visto un’impennata di visibilità del 230% dopo la sua acquisizione. La piattaforma è diventata terreno fertile per manipolazioni coordinate, anche da parte di attori stranieri. La sua chatbot Grok, sviluppato da xAI, ha suscitato altre polemiche. Presentato come alternativa “anti-woke” a ChatGPT, ha fornito – nei primi mesi – risposte tendenziose, cariche di stereotipi e visioni politiche distorte. Solo dopo una serie di critiche, Musk ha annunciato che Grok sarebbe stato reso open source. Ma il dubbio rimane: può un uomo con opinioni così radicali progettare un’IA imparziale? Sul fronte internazionale, la posizione ambigua di Musk è ancora più evidente. In Cina, dove Tesla produce metà dei suoi veicoli, mantiene rapporti cordiali con il regime. Non ha mai criticato la repressione di Hong Kong o quella degli uiguri. E secondo “Vox”, potrebbe essere usato come “canale parallelo” per veicolare richieste geopolitiche e influenze economiche a Washington. Mentre in Occidente Musk si propone come difensore della libertà di parola, in Asia si adatta silenziosamente ai limiti imposti. Questa doppiezza alimenta il sospetto che i suoi valori siano meno ideologici e più opportunistici, dettati dalla convenienza commerciale piuttosto che dalla coerenza morale. La combinazione tra potere tecnologico, visibilità globale e ideologia non regolata lo rende un soggetto pericolosamente autonomo. In passato, questi ruoli spettavano agli Stati. Oggi, un singolo uomo può silenziare intere popolazioni digitali, interferire con decisioni militari e influenzare elezioni. Senza essere eletto. Senza dover rispondere a nessuno. Il rischio non è che Elon Musk dica ciò che pensa. Il rischio è che decida chi può parlare, chi può combattere, chi può vincere.
Nina Celli, 25 marzo 2025