Uno degli aspetti più controversi del PNRR riguarda la sostenibilità finanziaria delle sue misure. Se da un lato il piano è stato accolto come una grande opportunità per rilanciare l’economia italiana post-pandemia, dall’altro si è intensificato il dibattito sulle ricadute sul debito pubblico. L’Italia è tra i paesi con il più alto livello di indebitamento dell’UE, e l’attuazione del PNRR, pur finanziata tramite fondi europei, ha comunque generato oneri significativi per le finanze statali. Secondo ISTAT e Il Post (2025), il debito pubblico è salito dal 134,8% al 135,3% del PIL tra il 2023 e il 2024, in un contesto di bassa crescita economica. Nonostante i tagli alla spesa adottati dal governo, gli interessi sul debito sono aumentati, sottraendo risorse a investimenti produttivi e welfare. La pressione fiscale, nel frattempo, è salita al 42,6% del PIL, contraddicendo le promesse di riduzione delle tasse (Il Post, 2025). Questo mostra come il peso finanziario del PNRR si stia già riflettendo sui cittadini. Il PNRR si basa su 69 miliardi di sovvenzioni e oltre 122 miliardi di prestiti tramite Next Generation EU. Le sovvenzioni non gravano sul bilancio, ma i prestiti dovranno essere rimborsati, anche se a tassi agevolati. Ciò implica che gli investimenti dovrebbero generare una crescita tale da giustificare l’indebitamento. Tuttavia, i ritardi attuativi, le difficoltà gestionali e la scarsa capacità di spesa in alcune aree pongono seri dubbi sulla possibilità di raggiungere questi obiettivi (Assiv, 2025). Anche le stime di crescita sono state riviste al ribasso. Per il 2024, Confindustria ha ridotto l’impatto del PNRR sul PIL da +0,9 a +0,1 punti percentuali; per il 2025, le aspettative restano deboli. L’effetto espansivo vero potrebbe arrivare solo nel 2026, ma nel frattempo il debito continua a salire senza benefici evidenti nel breve periodo (Confindustria, 2025). L’Italia, già prima del PNRR, aveva una spesa pubblica rigida, con voci difficilmente comprimibili come pensioni e interessi. Il rischio è che il peso aggiuntivo del PNRR complichi ulteriormente la gestione dei conti pubblici, soprattutto in caso di nuove crisi. Economisti come Carlo Cottarelli hanno lanciato l’allarme: senza crescita stabile, l’Italia rischia di cadere in una spirale di indebitamento (Affari Internazionali, 2024). Il contesto europeo, inoltre, sta cambiando. La fine delle politiche espansive della BCE e il ritorno a regole più severe sul Patto di Stabilità aumenteranno la pressione sui bilanci nazionali. Il deficit strutturale, già elevato, potrebbe peggiorare se gli impegni del PNRR non saranno accompagnati da una reale espansione del PIL. Il rischio è che il piano si riveli un intervento una tantum a debito, senza ritorni duraturi. A ciò si aggiungono problemi di trasparenza e rendicontazione. Secondo ForumPA (2025), molti enti locali non riescono a tracciare correttamente la spesa o a comunicare l’avanzamento dei progetti. La piattaforma ReGiS, pur utile, è ancora poco integrata con i sistemi contabili locali, rendendo difficile il monitoraggio e aumentando il rischio di spesa inefficiente o di scarsi benefici economici. Il PNRR è uno strumento ambizioso, ma con un costo nascosto importante: l’aumento del debito pubblico. Senza una spesa tempestiva ed efficace, l’Italia rischia di aggravare la propria vulnerabilità fiscale, lasciando un’eredità pesante alle future generazioni. La sostenibilità del piano dipende dunque più dalla qualità dell’attuazione che dalla quantità di risorse disponibili.
Nina Celli, 23 marzo 2025