Uno degli obiettivi dichiarati del PNRR è ridurre i divari territoriali tra Nord e Sud. Tuttavia, a distanza di anni dall’avvio, emergono criticità che rischiano di rendere il piano controproducente, aggravando le disuguaglianze. Il Mezzogiorno, destinatario privilegiato, si trova spesso ai margini del processo di attuazione, frenato da limiti progettuali e carenze amministrative. Il vincolo del 40% delle risorse al Sud, pur previsto nel piano, non si è tradotto in spesa effettiva. Secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio, al 2024 il Sud ha ricevuto solo il 34% degli investimenti realmente spesi (Eurispes, 2025). Le difficoltà nel rispettare i tempi, la carenza di personale tecnico, le complessità burocratiche e la gestione inefficiente hanno favorito le regioni più forti, che hanno intercettato più fondi e avviato prima i progetti. Esemplari sono i casi degli investimenti nella mobilità sostenibile e nelle infrastrutture sanitarie: Emilia-Romagna, Lombardia e Toscana hanno attivato rapidamente i progetti; regioni come Calabria e Basilicata risultano invece molto indietro. Secondo ForumPA (2025), la mancanza di regie locali, competenze nei piccoli comuni e burocrazia complessa ostacolano l’attuazione del piano, che procede a due velocità, col rischio che molte risorse vengano restituite a Bruxelles se non spese entro il 2026. Questa disparità ha conseguenze dirette sulla qualità della vita. Mentre il Nord beneficia di progetti in corso e servizi potenziati, il Sud resta indietro anche in termini di occupazione. Secondo l’ISTAT, nel 2024 il tasso di disoccupazione giovanile nel Mezzogiorno è rimasto sopra il 30%, contro meno del 15% nel Nord (Il Post, 2025). L’incapacità di attuare misure su politiche del lavoro e formazione professionale ha escluso migliaia di giovani da opportunità reali. Un altro dato allarmante riguarda la qualità della progettazione. Molti progetti presentati dal Sud sono stati respinti per carenze tecniche. La mancanza di consulenze specializzate e di supporto dallo Stato ha lasciato i comuni più fragili soli, con personale poco formato. Un’indagine di Eurispes (2025) rivela che, tra i 740.000 progetti finanziati nel 2014-2023, il valore medio nel Sud è stato di 79.000 euro, contro oltre 150.000 nel Centro-Nord, con punte di 3 milioni in Trentino-Alto Adige. Queste difficoltà non derivano solo da inefficienze locali. Il PNRR ha una governance fortemente centralizzata, che limita l’autonomia delle amministrazioni locali. Come evidenziato da EticaEconomia (2025), l’impostazione verticistica ha ridotto la personalizzazione degli interventi, scoraggiando la partecipazione locale e rallentando l’efficacia delle misure. Anche i ritardi nei flussi finanziari incidono. La piattaforma ReGiS, pensata per monitorare i fondi, si è rivelata poco intuitiva e mal integrata con i sistemi degli enti locali, rallentando ulteriormente l’accesso alle risorse (ForumPA, 2025). Il PNRR, quindi, rischia di amplificare le disuguaglianze invece di ridurle. Le regioni forti crescono, quelle fragili restano indietro. Per evitarlo, è urgente rafforzare le amministrazioni locali, semplificare le procedure e adottare una governance più inclusiva, in grado di valorizzare i territori.
Nina Celli. 23 marzo 2025