Nonostante le ambizioni del PNRR e il suo potenziale trasformativo, una delle critiche più diffuse riguarda la gestione operativa. Le risorse sono disponibili, le riforme disegnate, ma la fase di attuazione è ostacolata da burocrazia farraginosa, scarsa efficienza amministrativa e una capacità di spesa ben sotto le attese. Le ultime analisi indicano come ritardi significativi e inefficienze strutturali stiano compromettendo l’efficacia del piano, soprattutto nel breve-medio termine. Secondo il Centro Studi di Confindustria, al 31 ottobre 2024, sono stati spesi solo 58,6 miliardi su un totale di 194,4 miliardi di euro, pari al 30% delle risorse (Assiv, 2025). Per il solo 2024 erano previsti 42,2 miliardi, ma solo una frazione è stata realmente utilizzata. Anche se il 95% delle risorse è stato attivato, molti progetti restano fermi a causa di iter amministrativi lunghi, gare d’appalto bloccate o progettazioni incomplete. Uno dei settori più penalizzati è quello delle politiche attive del lavoro, fondamentale per l’occupazione post-pandemica, ma con livelli di spesa sotto il 30%. Anche la transizione ecologica, con investimenti in tecnologie a zero emissioni, registra forti ritardi (Confindustria, 2025). L’Italia, quindi, fatica non solo ad attivare i fondi, ma anche a trasformarli in interventi concreti entro i tempi previsti dall’UE. Il problema riguarda soprattutto la capacità amministrativa degli enti locali, in particolare nel Mezzogiorno. Come evidenzia Eurispes, le regioni del Sud soffrono di carenze di personale tecnico, scarsa digitalizzazione e poca esperienza nella gestione dei fondi. Questo ha rallentato la progettazione di opere pubbliche e causato problemi nell’assegnazione di lavori, come nel caso di infrastrutture scolastiche e sanitarie (Eurispes, 2025). L’impatto del PNRR sul PIL è stato quindi ridimensionato. Se le stime iniziali parlavano di un contributo di +0,9 punti percentuali nel 2024, Confindustria ha corretto la previsione a +0,1, segnalando che l’effetto moltiplicatore degli investimenti è ben lontano dal concretizzarsi. Ulteriore criticità è la piattaforma ReGiS, il sistema di monitoraggio nazionale. Pensato per garantire trasparenza, ha però mostrato problemi di interoperabilità con i sistemi locali, causando disallineamenti, sospensioni dei pagamenti e ritardi nell’avvio dei progetti (ForumPA, 2025). A fronte di questi problemi, l’Italia rischia di non rispettare le milestone europee, perdendo parte delle risorse o dovendo restituire i fondi già ricevuti. Gli analisti avvertono: se i progetti non saranno completati entro il 2026, il Paese potrebbe vanificare lo sforzo di pianificazione fatto fino a oggi. In sintesi, il PNRR rischia di trasformarsi in un’occasione mancata, se non si agisce subito per rafforzare la governance, semplificare le procedure e supportare tecnicamente gli enti locali. Senza queste correzioni, il piano resterà una grande promessa disattesa, con pochi benefici reali per cittadini e imprese.
Nina Celli, 23 marzo 2025