L’esclusione di Călin Georgescu dalla corsa presidenziale ha alimentato una reazione di rabbia e frustrazione tra i suoi sostenitori, contribuendo alla radicalizzazione dell’elettorato e all’aumento della sfiducia nelle istituzioni. Invece di eliminare il problema del nazionalismo radicale, la sua squalifica ha avuto l’effetto opposto, rafforzando il sentimento di esclusione e di vittimizzazione tra una parte significativa della popolazione. Il populismo, anziché essere sconfitto nelle urne, è stato respinto per via giudiziaria, un’azione che ha dato nuova linfa ai movimenti di estrema destra, che ora si presentano come le uniche vere alternative a un sistema percepito come corrotto e manipolato. Dopo l’annuncio della sua squalifica, migliaia di persone sono scese in piazza a Bucarest e in altre città, dando vita a manifestazioni che, in alcuni casi, sono sfociate in scontri con la polizia. “Al Jazeera” ha documentato le proteste, sottolineando come la rabbia popolare non fosse diretta solo contro l’esclusione di Georgescu, ma contro un sistema politico visto come elitario e distante dalle reali esigenze della popolazione. Per molti manifestanti, la squalifica non è stata interpretata come una misura necessaria per proteggere la democrazia, ma come un’ulteriore prova che la volontà popolare può essere ignorata dall’establishment politico e giudiziario. Secondo un’analisi pubblicata da “Radio Free Europe/Radio Liberty”, oltre il 40% degli elettori rumeni ha dichiarato di non fidarsi più del sistema elettorale dopo l’annullamento del primo turno delle elezioni. Questo dato è particolarmente preoccupante, poiché una democrazia può funzionare solo se i cittadini credono nella legittimità delle sue istituzioni. L’esclusione ha generato una pericolosa narrativa tra gli elettori più radicalizzati, secondo la quale il paese non sarebbe più una vera democrazia, ma controllato da potenze straniere e da élite corrotte. La squalifica di Georgescu ha anche rafforzato il sostegno ad altri leader dell’estrema destra, come George Simion e Anamaria Gavrilă, che hanno saputo canalizzare il malcontento dell’elettorato per consolidare il proprio consenso. “Il Post” ha sottolineato come la sua esclusione abbia dato maggiore visibilità a queste figure, permettendo loro di presentarsi come gli unici eredi del messaggio sovranista e nazionalista che Georgescu aveva diffuso. Se il governo sperava di arginare il fenomeno del populismo escludendo un solo candidato, il risultato è stato esattamente l’opposto: il movimento si è frammentato in più fazioni, rendendo più difficile contenerlo e neutralizzarlo attraverso la normale dialettica politica. Si rileva, inoltre, un aumento dell’ostilità verso l’Unione Europea e la NATO. Molti suoi sostenitori hanno interpretato la decisione della Corte Costituzionale come il risultato di pressioni internazionali, in particolare da parte di Bruxelles e Washington. Secondo “Balkan Insight”, le accuse di ingerenza occidentale nelle elezioni rumene sono diventate uno dei principali temi della nuova narrazione populista, con affermazioni secondo cui la Romania non sarebbe più uno stato sovrano, ma un paese controllato dall’Occidente. Questo sentimento ha alimentato un’ondata di disinformazione sui social media. Secondo un’inchiesta condotta da “The Economist”, dopo l’esclusione di Georgescu il sostegno ai partiti tradizionali ha subito un drastico calo, mentre i partiti di estrema destra hanno registrato un aumento del 15% nei consensi. Questo dimostra che l’esclusione non ha risolto il problema, ma lo ha semplicemente trasformato, dando ai populisti una nuova narrativa con cui attrarre consensi. “Politico Europe” ha evidenziato come la squalifica di Georgescu sia stata vista con sospetto anche da molti leader dell’estrema destra europea, che l’hanno interpretata come un tentativo di silenziare l’opposizione sovranista a livello continentale. Marine Le Pen, Matteo Salvini e Viktor Orbán hanno espresso preoccupazione per quanto accaduto, sostenendo che l’Unione Europea stia progressivamente adottando metodi repressivi per impedire ai movimenti nazionalisti di guadagnare terreno. Questo ha rafforzato l’idea, diffusa tra gli elettori di Georgescu, che la Romania sia ormai parte di un sistema in cui il pluralismo politico è limitato e in cui solo i candidati favorevoli all’integrazione europea possono aspirare a ruoli di governo. A livello sociale, la decisione della Corte Costituzionale ha rafforzato la polarizzazione politica nel paese. Mentre una parte della popolazione ha accolto con favore l’esclusione, un’altra parte si è sentita tradita e ha radicalizzato le proprie posizioni. “Euronews” ha evidenziato come le tensioni tra gruppi pro-europei e nazionalisti siano aumentate, portando a un clima politico sempre più infuocato, con episodi di intolleranza e scontri verbali tra fazioni opposte.
Nina Celli, 21 marzo 2025